Poesie di: Fernando D'Annunzio |
Personaggi: F.
D'Annunzio |
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I Video di Fernando |
(Immagini/testi/audio per meglio capire, scrivere e ascoltare la pronuncia) Poesie su argomenti vari |
Due Novembre (L’Alme di li Murte) (in dialetto abruzzese) | |||
Traduzione: Due Novembre (Giorno dei Morti) | |||
Il cielo oggi sembra voglia piangere... ..scende una nebbiolina e tutto ammanta, ..si posa sulle case e le campagne, ..mentre la gente si reca al Camposanto. E’ il Giorno dei Morti, ed il pensiero, ..triste, ricorda chi non c’è più. ..Un fiore, un lumino, una preghiera: ..- ”Requiem aeterna”, pace a tutti voi. - Quanti loculi, tombe, cappelle... ..Quanti nomi, fotografie e date, (segue) |
..di gente che da secoli sta lì ..e gente che da poco ci ha lasciato. Ritrovo amici e conoscenti, ..e persone care di famiglia, ..me le rivedo vive per un istante, ..invece sono già tornate a Dio. Cammino tra le tombe, prego e penso: ..Dopo la vita non può esserci il “niente”... ..L’Anima non muore... E cresce la speranza ..di ritrovarci tutti quanti in Cielo. (dall'Autore alla Redazione, 31 ottobre 2011) |
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data: 2 nov. 2011 - .da: F. Mugoni – prof. di Italiano e Storia - .a: Fernando D'Annunzio Caro Fernando, ho letto, ho riletto i tuoi versi "Due novembre", e mi dicevo: Ma che musica, che quadro, che volo inquietante quello dell'amico Poeta vastese, D'Annunzio: i suoi versi dimessi illuminano il mistero dell'uomo di sempre, senza pace. Di fronte alla morte folle e alla vita assurda i suoi versi - dicevo - si librano in alto, sereni e freschi; e sono versi che fanno luce sull'abisso dell'uomo, di ogni uomo; per cui, creano poesia nell'aria dolente dell'autunno, e note musicali fra l'intreccio delle dimore dei Defunti. Sì, sono versi che poi sono la vita senza veli in questo giorno segnato dai fiori dei Defunti; ma i versi di Fernando si fanno anche preghiera muta, insistente, insieme diventano chiara speranza, fame di vita, ma di un'altra vita, quella che a noi seguirà, un giorno qualsiasi. Oggi noi vogliamo forte che quel Domani, terribilmente ignoto, sia un giorno pieno di luce, di sorrisi e di affetti, quelli di una volta, fermi in fondo all'anima di ognuno di noi. Il nostro amico Fernando, stavolta, e non è la prima, quasi ci prende per mano e ci fa strada, in quella "strada" trafficata assai, ma umanamente buia, e, grazie ai suoi versi e alla lingua ereditata dalla madre, nel giorno dei Morti, in un baleno, ci sospinge dentro una dimensione assolutamente vera, come vero è il senso del suo canto. Poesia, ragione e vita si incontrano felicemente. |
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La Poesìje (in dialetto abruzzese) |
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Traduzione: La Poesia | |||
Scorre su di un foglio la matita, |
Come quando si apre una gabbietta ..e gli uccellini liberi possono uscire, ..così ad una ad una le parole ..escono e diventano poesia. La Poesia?...: è la voce dell’anima, ..pensieri e sentimenti che si spogliano, ..acqua che sgorga, scorre e poi si calma, ..“sfrèvele”* di un cuore che si strugge. (sfrèvele = ciccioli – grumi di grasso, residuo dello strutto) |
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Libbertà (in dialetto abruzzese) | |||
Traduzione: Libertà | |||
Dentro una gabbia tu eri nato, ..non potevi sapere cos’è la libertà. ..Ed io guardando te, ho pensato: ..- Tu hai le ali! Tu devi volare! - Il cancelletto ti ho spalancato ..e tu, come volessi ripensarci, ..prima di andartene mi hai guardato, ..non sapevi neppure tu cosa fare. (segue) |
Beato te!... Fuori da quella gabbia ..trovi un cielo che non finisce mai, ..la libertà la trovi con un volo. Per noi invece, cos’è la libertà? ..E’ una speranza o è solo una parola? ..Forse l’abbiamo persa... Chi lo sa?... Illudendoci di conquistarla, poveri imbecilli, ..mettiamo intorno a noi muri e cancelli. |
Lu vrudàtte (in dialetto uaštaréule) | |||
Traduzione: Il brodetto | |||
Ogni paese ha una specialità, ..Vasto per il pesce non ha pari. ..Se un brodetto tu vuoi mangiare, ..meglio di noi nessuno lo prepara. Tu non mi credi? Vienilo a provare. ..Non parlo a vanvera, non dico bugie. ..Quando tu vai a scoprire il tegame ..senti i profumi dell’orto e del mare.(segue) |
Olio d’oliva e pomodorini, ..peperoni, aglio e prezzemolo, ..un “calamaro”, una “razza”, “sogliole”, “triglie” e due “testoni”, ..due “merluzzi”, “cicale” e “cianghette”.. ..tutto pesce pescato stamattina. Un po’ di peperoncino ci sta bene. Buon appetito e attenzione alle spine. |
Pe' šcandelle* (in dialetto abruzzese) | |
Traduzione: In cerca di grappoletti | |
Finita è la vendemmia... Valli e le colline ..mutano il colore al mantello. ..I pampini si tingono ad uno ad uno ..di fantasia che non ha eguali. Sul terreno, tra le foglie, dappertutto, ..rinascono fili d’erba fresca ..ed un profumo antico riconosco ..che mi riporta a quand’ero bambino: All’improvviso si spengono questi ricordi. (segue) |
All’improvviso mi ritrovo in questa stagione... E penso ai miei capelli diventati bianchi, ..penso a queste foglie gialle, alla mia vita, ..al colore della gioventù, ..a quel verde che non torna più. Un piccolo cesto in mano, insieme al nonno, ..andavo recuperando i grappoletti ..che nonna usava per fare la mostarda d’uva, ..per riempire a Natale i taralli. |
S’ariccujjé’ la lìve ... m’arecorde (in dialetto abruzzese) |
Traduzione: Si raccoglievano le olive ... mi ricordo | |
Il mese di Novembre… Ora nelle campagne, |
Tegami con patate e baccalà! ..Tutti seduti a terra ... che bontà! ..E scorre la giornata fino a sera; ..stanchi e contenti si ritorna a casa. Conclusa la raccolta ora rimane ..da portare le olive al frantoio. ..Ed il procedimento è come un rito: ..la macina, i divisori, la pressa ..e il profumo dell’olio appena sgorgato… «Aspetta, fermo, fammi assaggiare!» .....Ricordo... un pezzo di pagnotta, ..mio padre lo ha bagnato nell’olio, ..e, dopo averlo assaggiato, lo ha dato a me. Il sapore di quel pane unto ..lo sento ancora in bocca, se ci penso. |
'Šta terra me' (in dialetto abruzzese) | |
Traduzione: Questa mia terra (al mio Abruzzo) | |
“Tutto il mondo è paese”, così si dice, ..ma per quel poco che ho viaggiato, ..questa mia terra che sempre benedico, ..io l’ho sempre ridesiderata. Ovunque vado, paesi o città, ..trovo chi è buono e chi è meno buono, ..ma quando torno in mezzo alla mia gente, ..io tutti tutti vorrei abbracciare. Questa terra: mare, pianure e montagne; ..la gente, il dialetto, le canzoni; (segue) |
..mi sono cari, insieme e singolarmente, ..con niente e con nessuno li cambierei. L’attaccamento al mio paese caro ..può chiamarsi amore o nostalgia, ..ma io mi struggo di malinconia, ..lontano da questa terra e da questo mare. E mi vanto di essere un figlio ..di questo Abruzzo dove amo vivere ..e mille volte benedico Dio ..che qui, in mezzo a voi, mi ha fatto nascere. |
I Video di Fernando |
(Immagini/testi/audio per meglio capire, scrivere e ascoltare la pronuncia) Poesie sulle Festività natalizie e di fine e principio d'anno |
La nascita di Gesù (in dialetto uaštaréule) | |
Traduzione: Racconto della nascita di Gesù in dialetto vastese | |
Un paio di migliaia di anni fa, la Galilea era sotto il dominio di Roma e l’imperatore di quei tempi ordinò che bisognava fare il censimento; tutte le famiglie dovevano registrarsi. Perciò Giuseppe, che faceva il falegname, ha dovuto mettersi in cammino per andare a Betlemme, la città dove era nato, insieme alla moglie Maria che era incinta e prossima al parto. Erano poveri, avevano solamente un asinello, e con quello si sono avviati, così Maria, quando era stanca di camminare, poteva cavalcare l’asino. Quando giunsero a Betlemme, in nessun albergo trovarono alloggio, un po’ perché gli alberghi erano pieni e un po’ perché, vedendo Giuseppe e Maria poveri e mal vestiti, gli albergatori trovavano qualche scusa per non accettarli. Mentre erano ancora in giro per Betlemme, Maria si accorse che il bambino stava per nascere e per fortuna, fuori città, si sono rifugiati dentro una stalla dove c’era un bue. Quella povera creatura è nata dentro la stalla; era notte e faceva freddo… Maria lo fasciò e lo adagiò sulla paglia della mangiatoia, così l’asino e il bue, con il fiato lo scaldavano. In quei paraggi c’erano i pastori con i loro greggi; un angelo apparve loro tutto risplendente, dicendo: “Non spaventatevi, sono venuto a portarvi una bella notizia: oggi è nato Gesù, il più grande di tutti i re. Andate a festeggiarlo, lo troverete dentro una stalla, sopra la paglia di una mangiatoia”. I pastori accorsero subito a festeggiare Gesù Bambino, portando qualcosa che poteva servire a quella povera famiglia. Intanto la notizia si diffuse per tutto il paese. Tre Re Magi: Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, avevano studiato che alla nascita del Salvatore del mondo, sarebbe apparsa una cometa. Appena la videro, si misero subito in viaggio e, seguendo quella stella, arrivarono a Betlemme. Dinanzi a quella Creatura si inginocchiarono, contenti di aver assistito alla gloria di Dio e donarono a Gesù Bambino, oro, incenso e mirra, tutti doni destinati ad un Re Salvatore del Mondo! |
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Lu pressèpie (in dialetto abruzzese) | |
Traduzione: Il presepe | |
Sta
arrivando Natale e devo sbrigarmi ..perché il presepe devo farlo più bello. ..Nella mia testa sto già pensando ..che devo metterci anche il ruscello. Se chiudo gli occhi io lo vedo già: ..montagne, statuine e casette; .sento lo zampognaro che già suona; (segue) |
..sento il profumo del muschio. La stradina con i sassolini, ..e il cielo fatto con la carta blu, ..dove sono dipinte tante stelle. Però le stelle che brillano di più di tutte ..sono gli occhi belli di un bambino ..incantato a contemplare Gesù. |
Natale m'ariporte... (in dialetto abruzzese) |
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Traduzione: Il Natale mi riporta (mi fa ricordare) | |
Il Natale sta tornando e mi riporta: ..il presepe,.l’albero e le lucine, ..lo zampognaro che va porta a porta, ..il profumo di “scrippelle e caggionetti”*. Mi riporta il ricordo bello e caro: ..il “tecchio”* che bruciava e le scintille ..e la famiglia intorno al focolare, ..dove si abbrustolivano fave e ceci. Mi riporta, tutti insieme, le canzoni ..che paiono cantate dagli angioletti ..e quelle notti chiare con la luna (segue) |
..e le stelle lucenti a mille a mille. Mi riporta un’aria, questa festa santa, ..piena di gioia, un’aria tanto bella. ..Il Salvatore ritorna per tutti, ..Dio, per noi, torna a farsi Bambinello. Mi riporta i propositi della gente, ..di diventare più buona e più generosa, ..chi sa perché, poi, tutto ad un tratto ..si dimentica del bene e dell’amore. * “scrippelle e caggionetti” = dolci fritti tipici abruzzesi. * “tecchio” = grande ciocco di legna che si pone nel camino la notte di Natale. |
Natäle é... (in dialetto uaštaréule) | |
Traduzione: Natale è ... | |
Natale é un insieme di cose belle e care. ..Non può durare un solo giorno questa ..festa! ..Non deve essere come cosa rara ..che arriva e fugge via presto presto! Natale si prepara senza fretta. ..Natale è un presepe che si allestisce, ..é la musica di uno zampognaro, ..che ti addolcisce l’anima e lì resta. (segue) |
Natale non deve ridursi ad un niente: ..pranzo, regali, “auguri sinceri”... ..cose belle che durano un momento. Natale è ciò che ognuno spera: ..la pace e l’armonia tra la gente, ..volersi bene come fratelli e sorelle. Natale é ogni giorno ... ma soltanto ..se portiamo Gesù nel nostro cuore! (Vasto, Natale 2014) |
Minìt' a vvidà' (in dialetto uaštaréule) | |
Traduzione: Venite a vedere | |
La neve scende a fiocchi fitti fitti, |
..Ed i pastori con le ciaramelle ..suonano per Lui la ninnananna. Perché un re nasce dentro una stalla? ..Perché deve soffrire questo Bambinello? ..Con l’asino ed il bue si riscalda, ..nessuno più di Lui è poverello! Non è un re che viene a comandare, ..è Dio che torna tra noi! ..Viene a portare amore e salvezza! ..Ma tanti non se ne accorgono più. (Vasto, Natale 2010) |
Natale all'Auštralie (in dialetto abruzzese) | |
Traduzione: Natale in Australia | |
Per noi che viviamo in Italia, ..è strano fare il Natale in Australia... ..Non per niente, soltanto ..che la stagione è differente. Le tradizioni, tutte vi sono rimaste, ..sono le stesse che ci sono a Vasto. ..Fate i “caggioni” e le “scrippelle” ..ed il presepe con il Bambinello. Si addobba l’albero, si fanno regali, ..si va a messa la notte di Natale. ..Si prega Dio affinché regni la pace, ..si fanno auguri con abbracci e baci. ..Si gioca a tombola e “all’asinuccio”, ..si mangiano panettoni e tarallucci. (segue) “caggioni e scrippelle” = dolci tipici natalizi vastesi |
Al pranzo manca il cardo, ..ma per il resto il mangiare è buono. ..Il vino va giù e, bevendo bevendo, ..poi si va fuori a smaltire la sbornia. Ma è curioso, curioso assai, ..quando senti “Tu scendi dalle stelle”, ..mentre il caldo supera i quaranta gradi, ..ad un certo punto inizia il canto, ..e arriva dove dice “oh Re del cielo ..e vieni in una grotta al freddo e al gelo”, Una soluzione ora ve la trovo: ..nel presepe, l’asino e il bue ..si possono anche togliere, non servono ..piuttosto metteteci qualcuno a sventolare. “asinuccio” = gioco di carte |
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Ddumìla anne doppe (in dialetto abruzzese) | |
Traduzione: Duemila anni dopo | |
Davanti
alla chiesa, la mattina di Natale, |
Non s’è visto nessuno dei “Re Magi”. ..La gente che passava, impellicciata, ..non aveva il coraggio di guardare. E quando hanno gettato qualche soldo, ..una piccola mano rossa e infreddolita, ..tremante s’è allungata e l’ha raccolto. Per quel “Bambinello” che è tornato a nascere, ..il Natale era più bello l’altra volta. (cioè 2000 anni fa) |
Canto natalizio |
Ninnananne dill’angilille ‘Na
stell’ arilucènte s’è fermàte T’abbracce, T’accarezz’ e T’ariscalle e preghe pe’ Te fa ‘ngannà lu sonne, mentre Giuseppe fa nu fucarelle. Rit.: E l’angilille... E ‘nzimbre a tanta ggende e a li pasture, Finale: E
cante l’angilille, cant’ angòre |
Traduzione:
Ninnananna
degli angioletti
Una stella rilucente si è fermata per far luce con tutto il suo splendore là dove Gesù bambino Tu sei nato, sopra la paglia di una mangiatoia. Rit.: E gli angioletti intorno alla capanna cantano per Te la ninnananna. Per proteggerTi dal freddo la Madonna Ti abbraccia, Ti accarezza e Ti riscalda e prega perché Tu possa prender sonno, mentre Giuseppe accende un focherello. Rit.: E gli angioletti... E insieme a tante gente ed ai pastori noi pure ci accostiamo alla capanna. Perdonaci se siamo peccatori e fa che regni la pace in questo mondo! Rit.: E gli angioletti... Finale: Cantano gli angioletti, cantano ancora ma Tu non dormi per il troppo amore. (Natale 2003) |
L'Anne vicchie e l'Anne nove (in dialetto abruzzese) |
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Traduzione: L'Anno vecchio e l'Anno nuovo | ||
Dodici
mesi... in fretta son passati, ..un anno ormai è vecchio e un altro è nato. ..Contenti l’anno nuovo festeggiamo ..e contenti poi lo sotterriamo. Una cosa è certa, ogni anno che passa ..non si sa cosa porta ma si sa cosa lascia. ..E' sempre bello l’anno che nasce, ..in fretta poi lo poniamo nella bara. (segue) |
Così funziona e non c’è da fare, ..noi siamo amanti di ciò che è nuovo. ..Sono belli nostalgia e ricordi, ..ma più di ogni altra cosa è bella la speranza. E menomale che speriamo sempre, ..da Gennaio fino a Dicembre. Speriamo! ... tanto non ci costa niente... ..E Buon Capodanno a tutti quanti! (Vasto, 31/12/2011) |
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‘N’anne
va e ‘n’anne vé’ (ma nin zi ni va’ li hué’) Assutturràme l’anne ch’à passàte, ognùne sa s’è štate bbelle o bbrutte. ...Ch’à ‘vùte à ‘vùte e ch’à date à date... Chi ss’é ‘ngrassàte e chi é rimašte assutte. Ognune li cultìve la spiranze ca l’anne vicchie, quanda se ne va, ogne mmalanne e ddilòre di panze aunìt’ a ésse se l’à da purtà. Tutte aspittàme l’anne che vvé ‘pprèsse, picché è nnove e forse, chi li sa..., se ppò purtà nu ccone di prugrèsse a quelle che se pò desiderà? ‘I’aàme a Capidanne la matìne e nghi l’oròscope ‘i cunzulàme: “l’amore, lu lavore, li quatrine... a gonfie vele a’huànne navigàme”. La vàriche però nin va cchiù ‘nnènde e ttutt’ è come prime, forse pègge. E cchille che s’assètte ‘n Parlamènde? ...pènze pi’ ìsse e s’aggiušte li lègge. 31/12/2010 |
Traduzione:.
Un
anno va e un anno viene
(ma
i problemi restano)
Sotterriamo l’anno che è passato, ognuno sa se è stato bello o brutto. Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato... Chi è ingrassato e chi è rimasto asciutto. Ognuno coltiva la speranza che l’anno vecchio, quando se ne va, ogni malanno ed ogni mal di pancia porti via con sé. Tutti aspettiamo l’anno che verrà, perché è nuovo e forse, chi lo sa..., se porterà un po’ di progresso a ciò che ognuno può desiderare? Ci alziamo a Capodanno la mattina e con l’oroscopo ci consoliamo: “l’amore, il lavoro, i quattrini... a gonfie vele quest’anno navigheremo”. La barca però non va più avanti e tutto è come prima, forse peggio. E quelli che siedono in Parlamento? ...pensano per loro e si aggiustano le leggi. 31/12/2010 |
La Pasquàtte (in dialetto uaštaréule) | |
Traduzione: Il Canto della Pasquetta (si porta alla vigilia dell’Epifania) | |
La fisarmonica nelle mani di compare
Nicola ..sembra che parli, è proprio così! ..Alla chitarra c’è Raffaele, ..non c’è di meglio per farsi accompagnare! Francesco che non mette insieme Do-Re-Mi, ..fa finta di suonare il flauto. ..Io mi arrangio a cantare e per di più, ..faccio rumore con un tamburello. (segue) |
Siamo una banda di trenta persone, ..più: chitarra, tamburello e fisarmonica, ..e, per Vasto, nei vari crocicchi, ..questa sera portiamo la Pasquetta. C’è tanta gente intorno e noi cantiamo. ..Ci offrono: salsicce, caggionetti e vino. ..Portiamo l’allegria, ma dove entriamo, ..si salva, a Dio piacendo, solo il tavolo. (Vasto, 6 Gennaio 2000) |
La Scrippèlle e lu caggiòne (in dialetto abruzzese) | |
Traduzione: Dolci vastesi | |
“La scrippèlle” - |
“Lu caggiòne” - |
Vasto
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All'emigrante (Vasto, 1/8/1986) Inaugurazione del monumeto all'Emigrante abruzzese nel mondo Fijje! Tu da 'šta terre si partìte, lassanne lu paèse e mamma te', gne nu cillette che lasse lu nìde picchè lu pane a tutte n' pò 'vasté. 'Šta terre ti vo' bbene, n' t'à tradite, l'Abbruzze n' ze scurdàte maj' di te. Tu pure 'i vu' bbene gne a 'na zite e sunne di vinìrl' a rividé. Pe' tte che šti' luntane, care fijje, 'n cime a lu Uašte, a lu "Bbellevidé", s'annazze, come 'na preghiere a Ddije, nu munumente dedicàt' a tte. E nghi li làcrime di nustalgìje è stat' abbinidette, fijje me' ! |
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A
spasse pi’ Lu Uâšte Canda ni té Lu Uâšte di bbillàzze!... Grazie a lu Puatratèrne specialmènde e a chi l’à màsse sopr’a ‘šta tirrâzze, mundagne arréte e lu muàr’ annènde. A pparte li bbillezza naturuäle, ci šta àddre bbillezze a ‘šta cittä’: li munumuìnde andìche e medieväle... Di lu mudèrne è mméj’ a nin parlä’. Vi vuje purtà ‘ spâsse aunìt’ a mma, pi’ ppiâzze, pi’ ccundräde e pi’ quartìre, šta’ tanda cosa bbille da vidà’, pù’ ‘duprä’ l’ùcchie oppure lu punzìre. V’ariccònde Lu Uâšte ‘n puhusèje. Vi port’ a spâsse nghi la fandascèje. |
Traduzione:
A passeggio per Vasto
. Quante
ne ha Vasto di bellezze!...
Grazie al Padre Eterno specialmente e a chi l’ha posto su questo terrazzo, i monti dietro e il mare davanti. A parte le bellezze naturali, ci sono altre bellezze in questa città: i monumenti antichi e medievali... Del moderno è meglio non parlare. Voglio portarvi a passeggio con me per piazze, per contrade e per quartieri, ci sono tante cose belle da vedere e puoi usare gli occhi o il pensiero. Io vi racconto Vasto in poesia. Vi porto a passeggio con la fantasia. |
Mentre
jav' a spasse pi’ Lu Uâšte m'haj'
affacciäte da la Luggiàtte...
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Da
Sanda Nichéule (Dal Belvedere San Nicola) Vište ca ùgge é ‘na bbella jurnäte, mo mm’abbìje pi’ ffä’ ‘na passiggiäte, mo mmi ni vâje, piani piäne, a ppéte, a nu pušte pi’ ppittùre e puhéte. Da Sanda Luciuè’ vâj’ a Sanda Nichéule, p’affacciârme da ‘rrét’ a la cchjisiéule. Già mi l’ammagginâje la vidìute che ‘gna t’affècce fa rimané mìute. Da sott’ aèlle, fin’ a Punda Panne, nin gi štä quädre cchiù bbèll’ a lu muànne. Štä’: mar’ e scùje, trabbucch’ e spiaggiàtte; lu puaradèise ci štä ‘ èlle sàtte. Pittàte da “Cange” e candàte da “Anelle”, Sanda Nichéule é lu pušte cchiù bbèlle. |
Traduzione:
Da
San Nicola (Dal Belvedere San Nicola) Visto che oggi è una bella giornata, mi avvio per fare una passeggiata, ora me ne vado, piano piano, a piedi, in un posto per pittori e poeti. Da Santa Lucia vado a San Nicola per affacciarmi da dietro la chiesetta. Già me la immagino quella veduta che come ti affacci ti fa restare muto. Da lì sotto, fino a Punta Penna, non esiste quadro più bello al mondo. Ci sono: mare e scogli, trabocchi e spiaggette; il paradiso c’è lì sotto. Dipinto da “Canci” e cantato da “Anelli”, San Nicola è il posto più bello. |
Fešte
di cuntrade 'Nnend' a la cchìse arvonde li pirzòne. Spare 'na bbotte, mi fa jitticà! - Ècchele! Šta 'rintrà la prucissione.- La bbande 'na marcette šta 'ssunà'. 'Na fešte... gna li vo' la tradizione: lu dunatìve nin ci po' mangà'. 'Ndònie, 'mbrijàche, si fa 'na canzone trumminde šta lu predde a pridicà'. Arie di fešte 'ntra li bbangarelle. Prufume di nucelle abbrušchilìte, varlotte di lupìne, sciaunelle... Šta la purchette che mette vulìje, bbaùnze di scapèce che t'ammite, ...sapùre che la vite t'ardicrìje. Nu cìtele, 'mmezz' a la cunfusione, piagne 'ca ja vulàte lu pallone. |
Traduzione:
Festa
di contrada
Davanti alla chiesa la folla trabocca. Spara un botto, mi fa sobbalzare! Eccola! Rientra la processione. La banda intona una marcetta. Una festa... come vuole la tradizione: “lu dunatìve”* non può mancare. Antonio, ubriaco, intona una canzone mentre il sacerdote inizia l’omelia. Aria di festa tra le bancarelle. Profumo di arachidi abbrustolite, tini di lupini, carrube... C’è la porchetta che fa venir voglia, tinozze di “scapece”** invitanti, ...sapori che rallegrano la vita. Un bambino, nella confusione, piange, gli è volato via il pallone. *asta
di beneficenza
**pesce marinato con
zafferano
|
Il
Fegatazzo
Caratteristico è il sapore ed il suo aroma |
La
ricètte di lu vrudàtte (alla “vastese”) Mitte
sopr’ a lu fuéuche la tijèlle Mitte
prèime lu puésce tuštuarèlle: Li
hualitä’... canda cchiù jé ‘assurtuèite:
cacche
“luciuèrne” e cacche “gragnuluàtte”. Lu
puàsce è ccôtte, štìute e pù
smandä’. |
Traduzione:
La
ricetta del brodetto (alla “vastese”) Metti sul fuoco il tegame (di coccio) con olio. aglio, peperoni e pomodori, il prezzemolo e il peperoncino e dopo mescola col cucchiaio (di legno). Metti prima il pesce un po’ più duro: “polpi”, “seppioline”, “calamari”; il pesce grande e poi quello medio, man mano tu te lo prepari. I tipi... più sono assortiti e meglio è: un po’ di “cicale”, “triglie” e “sogliole”, “merluzzi”, “testoni”, dopo... fai tu, qualche ”lucerna” e qualche “pesce ragno”. Con “cozze” e “vongole” è più saporito. Aspetta meno di una mezz’oretta... Il pesce è cotto, spegni e poi scoperchia. Mangia... poi me lo vieni a raccontare. |
La
sciâbbiche (Pesca che si pratica manualmente, vicino la riva, con un particolare tipo di rete che termina con un sacco) Chi huârde… Chi tèire… Chi štrille gne ‘n’alma dannäte: - Mittéte lu puét’ a lu piàmme! – Lu
suàule šta ‘ nnâsce. Cchiù
štä, cchiù li mâje si štràgne. Nu
ccuòne di päsce ci štä: Mo tutti šta’ ‘ndurn’ a huardä. -
Šta nu gragnuluàtte! Fa piäne! -
Avâšte a fa’ chiäcchiere mé! |
Traduzione:
La
sciàbica
(Pesca
che si pratica manualmente, vicino la riva, con
un particolare tipo di rete che termina con un sacco) Chi
guarda… |
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Piazzétte
di Sanda Marè' (rione di Vasto) Pe' li piazzétte di Sanda Marè', gna tinghe tèmpe mi piace ariminè, pe' farme quattre pâsse arilassäte, e aricurduä nu ccòne lu passäte. Mi piäce arividà, 'nnènz' a li cäse e appis' a li finèštre, chili vése: ddu' trègne vicchie nghi piante di vijéle, di pirdisèìne e di vasanichéle. Da nu bbuâsse si send' ascì lu 'dduàre di nu sucuàtte... pìpe e pammadéure. Arrét' a 'na tindìne di mirlàtte, za' Miccalìcce šta ' ffa' la cazzàtte. È 'ngòre bbèlle, ma no gné 'na vôdde che, scèè è lluvuàre, n' gi štatté' li sôdde, ma ére' piéne di vèite 'šti piazzàtte da lu Palázze fin' a la Luggiàtte. Mumuìnde di trištàzze o d'allegrèje, si štev' aunuète come 'na famèje e, pôrt' e ppôrte, ognìune si štinnàve cacchéuse che chill'âddre nin tinàive. S'ammišcäve li 'ddùre di rrahü, di cipulläte, cace e éuve... e pu', sopr'a la vräsce di 'na furnacèlle: pìp' arràšte, risciùle e siccitèlle. Mé è rimâšte trište e disuluäte chišti piazzàtte, e jè nu puccäte se canda méure 'šti ddu' vicchiarìlle ci vé' a svirnä li süge a mmill' a mmille. |
Trad.:.Vicoletti
di “Santa Maria” (rione di Vasto) Tra i vicoletti di Santa Maria, quando trovo il tempo, mi piace tornare, per fare quattro passi, rilassato, e ricordare un poco il passato. Mi piace rivedere, davanti alle case e appesi alle finestre, quei vasi: alcuni secchi vecchi con piante di viole, di prezzemolo e di basilico. Da un piano basso proviene un profumo di sugo con peperoni e pomodori. Dietro una tendina fatta a merletto, zia Michelina lavora a maglia. E’ ancora bello, ma non come una volta che, si è vero, non c’erano soldi, ma erano pieni di vita questi vicoletti dal “Palazzo” fino alla “Loggetta”. Nei momenti di tristezza o di allegria, si stava insieme come in una famiglia e da una porta all’altra, ognuno offriva qualcosa che l’altro non aveva. Si mischiavano i profumi di ragù, di “cipollata”, “cacio e uovo”... e poi, sulla brace di una griglia: peperoni arrostiti, triglie e seppioline. Ora sono diventati tristi e desolati questi vicoletti, ed è un peccato se quando moriranno i pochi vecchietti rimasti verranno qui a svernare i topi a migliaia. |
Sanda
Lucì’
Sanda
Lucì’... La vije a ndo’ so’ nnate, Tutte
la ggiuvindù ci so’ passàte, Ma
chilu sone dôce e argindìne chila
fineštre che sbatt’a lu vente, |
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Scogli
Il treno, appena partito dalla stazione di Vasto, si ferma inaspettatamente in località “Casarsa” (quando si percorreva ancora il vecchio tracciato ferroviario), suscitando una serie di ricordi ed emozioni nell’animo del poeta… Nel
gioco verde e argènteo dei riflessi, Scogli…
erano isole nei giochi Scogli…
di ognuno mi sovviene il nome Scogli
specchiati sull’argento vivo. Scogli
incantati in magico scenario Ma
il treno ahimè riparte, è luce verde. |
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Scuja
scuje |
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La spiaggia bbelle nghi la rena d'ore è di lu Uašte noštre la ricchezze, ognùne che li vede s'annammore, l'acqu'azzurre li vasce e l'accarezze. Ma ci šta la scujjìre all'addre late che fa, 'nturn'a lu Uašte, da mirlette, sott'a 'na vešta verde arracamàte nghi li trabbucche e nghi li spiaggette. Dumane se t'aèzze prištarelle ti porte, scuja scuje, 'nzimbr'a me; da la Marine fin all'Asinelle šta tanta bbilli pušte da vidè. Šta Scalamurze e doppe Cungarelle, Casarze e pu' ci šta Sanda Nicole e sicutànne pe' 'na vijarelle s'arrive a La Canale e pu' a Vign0le. Da la Lebbe s'arrive a la Pinnucce, doppe, appress'a lu purte, šta 'na spiagge e se camine 'n'addre ccungillucce cumenze tutte 'n'addre paesagge. |
Libbirtìne šta sott'a nu cuštòne, Punta d'Erce fa rimanè 'ngandàte, camine solamente 'n'addre ccone e fin'a Mottagrosse si' 'rrivate. Chi cchiù e chi mene tutti chišti pušte, pe' nu mutive o 'n'addre mi šta ' ccore e a rividérle mo ci prove hùšte e 'n mente li ricurde m'ariffiòre: quand'acchiappave ciòcchile e pilùse, ricci di mare, grènge e lambatìne e 'n San Dumìniche, mo cchiù nz'aùse, javàm'a ttoje tanta quarajjìne; quande pi' secce, nghi lu ferre, jave e di sere pi' vrùnghele, nghi l'ame; quande Sanda Nicole si 'mbarcave e quande lu cannizze faciavàme. Ma nzimbr'a šti ricurde tinghe pure 'na pene e nu prisindimende bbrutte, picchè, nghi li ricinte e nghi li mure, štu paradìse nin è cchiù di tutte. |
Tinghe
'mmende (Guardo) Nin ci fîre manghe 'n 'afe di vente ugge sopr' a ‘štu mare. Tinghe 'mmende. Lu trabbocche, li vàriche, li scuje pare suspese e l'acque pare l'ujje. Di madrepèrle pare divintàte tutte ‘šta scene che i' tingh'annenze, mar'e ciele è gna fuss'appiccicàte, n' zi vede chi finisce e chi cumenze. E' calm'e pace dungh'a ndo' mi ggire, s'è 'bbunazzàte pure li pinzìre, mi sente d'alm'e cùrie ardicrijàte e di chišta marine 'nnammuràte. E, se nin fusse pi' na cajanelle ch'attraverse ogne tante ‘šta maggìje, s'avesse già cunvinte ' ‘štu cirvelle di tinè 'mmente a 'na fitografìje. |
Traduzione:
Guardo
Non soffia alcun alito di vento |
Vasto Bella! ti scorge il sole nel mattino, riflessa nell'azzurro tremolante e un bacio, come madre al suo bambino, per te affida all'onda spumeggiante. Alta sul colle ti svegli festosa e al giorno inneggi coi bronzi sonori. Sui tuoi pendii primavera posa, tra i toni verdi, tutti i suoi colori. Oh terra d'oro, perla del creato, amata patria, leggiadra fanciulla; nessun tuo figlio ha mai desiderato d'esser deposto in più soave culla. Terra che ispiri il tessitor di rime e tormenti nel sogno l'emigrato che a te canta nostalgico e ti esprime i sentimenti di chi è innamorato. |
Vecchio
borgo Giochi d'ombra tra vicoli e piazzette dove il tempo da tempo si è fermato. Scalinatelle ripide in selciato vanno a scoprire il mar dalle loggette. Un angolo di mondo ricamato con gerani, garofani e rosette. Sedute sui gradini le vecchiette discorrono tra loro del passato. Mi sembra di sognare mentre ammiro colori di bucato steso al sole e muri bianchi e scale di mattoni. Rinasco nella quiete che respiro, e nei profumi e poi nelle parole ritrovo i gusti semplici, i più buoni. |
Vulésse Coma vulésse rèsse nu pittore nghi li chilùre prunte a tutte l'ore, vuléss' aritrattà chišta marine, la réna d'ore e l'acque turchine; nu mare lisci lisce come ll'uje, nu bbattillucce 'mmezze pi' li scuje. Vulésse pittà l'albe a Miramare quanda lu sole fa 'ppiccià lu mare e, da la Pénne, arrét' a nu trabbocche, aritrattà lu sole che s'ammocche. Coma vulésse rèsse nu puhéte pe' puté 'riccuntà quelle che véde, ma se m'affacce da Sanda Nicole m'incante e ni' m'aesce 'na parole. Si' bbelle Vašte sopr' a 'ssa culline! Sotte:., lu mare, l'orte e li ciardine. Nin sacce aduprà pénne né culòre, ma ti porte nghi mme dentr' a 'štu core. |
Traduzione:.
Vorrei
Come
vorrei essere un pittore |
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Sonetto, Oh
luna chiare...,
2° classificato alla prima edizione (luglio 2015) del Premio Letterario di poesia dialettale "Città di Francavilla", organizzato dall’assoc. Alento. Oltre quaranta le opere presenti ![]() |
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Traduzione:
Oh luna chiara...
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Stasera
questa marina mi ha incantato... Un venticello soffia da scirocco... la luna che dall’acqua si è appena alzata, rovescia in mare un fiume di brillanti. Le fronde degli ulivi brillano d’argento. Si rischiarano gli scogli ed il trabocco. Sprecare questo momento è un peccato... Vorrei stare con te, ora, bocca a bocca. |
Tu, dall’alto del cielo, oh luna chiara,
allunga lo sguardo, guarda dove sta! Trova e riportami quella perla rara! |
Dentro
il mio cuore un’altra non può entrare. Tu falle capire quanto mi è cara e dille che la voglio riabbracciare. |
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Lu Štivale e lu scarpuncine (scritta negli anni '90) L'Italia bbella noštre, 'štu stivale longhe, ch'arrive sopr' a lu hunùcchie, l'à fatte nu scarpàre 'ccizziunàle, quanda li huerde ti s'arifà l'ucchie. E' nu mudelle ùniche a lu monne, nghi tacche, punte e pure lu spiròne. L'Europe, sott' a la cchiù bbella honne, si li mette e ci fa nu figuróne. A ppizz' a ppizze s'avè divintate, quant'anne ci' à vulùte, Ddì' li sa, e quanta si n'è mmurte di suldate p'aripurtà 'št'Italie all'unità. E' sciùte une mo, nu fafucchiare, che vò' 'rimette mane a li cunfìne. L'Italia noštre, 'ccuscì bbell' e care, li vò' fa' divintà nu scarpuncine. -I' ti vulesse dice, care Bbosse, ca quelle che vu' fa' è 'na pazzìje e, crid' a me, li šti' facenne grosse, nin pù' schirzà nghi štorie e giografìje. Lu scherze è bbelle s'arimane scherze. Se aecche ni' štì' bbone pù' partì'! Se tu 'ssu ccone cocce li si' perze, pi' nu' l'Italie šta bbun' accuscì. |
![]() E
doppe dimme tu se ti cummìne, picchè, facenne coma tu si' ditte, se nu' ci' ariducème a scarpuncine, vu' arimanète 'na mezza cazzette.- |
Traduzione:
Lo
stivale e lo scarponcino
(scritta
negli anni '90)
La nostra bella Italia, questo stivale
lungo, che arriva sopra il ginocchio, è opera di un calzolaio eccezionale, a guardarlo c’è da rifarsi gli occhi. E’ un modello unico al mondo, con tacco, punta e perfino lo sperone. L’Europa, sotto la veste più bella, lo indossa e ci fa un figurone. In tanti pezzi era diviso; quanti anni ci sono voluti, Dio lo sa, e quanti soldati sono morti per riportare questa Italia all’unità. ......................................................................................segue |
Vien fuori un tale adesso, un fanfarone,
che vuol rimettere mano ai confini. L’Italia nostra, così bella e cara, vuol trasformare in uno scarponcino. Io vorrei dirti, caro Bossi, che ciò che tu vuoi fare è una pazzia e, credi a me, la stai facendo grossa, non puoi scherzare con storia e geografia. Lo scherzo è bello se rimane scherzo. Se qui non ci stai bene puoi partire! Se tu sei uscito fuori di testa, per noi l’Italia sta bene così! E poi... dimmi tu se ti conviene, perché facendo come tu proponi, se noi ci ridurremo a scarponcino, voi diventerete una mezza calzetta! |
Spigolature |
A 'bballe pe' ll'orte Me l'arisonne spesse e vulintìre chill'orte a 'bballe pe' 'na custarelle. Arvède lu cannète, la pischìre e l'ombra fresche di lu pajarelle. Sempre mi ci' arivà sunne e pinzìre a chilu tempe pe' mmé tante bbelle. À passàte tant'anne e pàr' ajjìre che täte mi facé' pe' pazziarelle: nghe 'na fronne di canne, la bbarchette; nghi nu papàvere, la puparelle; nghi la jerve d'avène, la fischiette. Nghi
maestrìje, fantasì’ e curtelle,
A ‘ndanne, citilelle spinziràte, |
![]() lu pane nghi nu ccone di frittate, accumpagnàte nghi ‘na turtarelle. Chill’orte mo, da che s'è mmorte täte, sta ‘bbandunate, n’ gi va cchiù nisciune. E chilu citilelle spinziràte?: ...arcàpe
li ricurde a un’ a une, |
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Bbill'ucchie Ma chi tti ni vu' fa' di ddu' smiralde, pure si fusse di cende caràte!?... Chiss'ucchia tù' fa rimanè 'ngandàte, te' nu culore che me fa 'mmattì. Mi pare' ddu' laghitte di muntagne che, nghi lu ciele, di culore cagne; di notte ci s'armìre lune e štelle e arlùce quanda tè' la trimarèlle. Arret' a 'ssi pinnazze lungh' e nnire ci si legge 'nnucenze e cundintezze, se ci' avessa spuntà 'na lacrimucce vimm' a circà nu vasce e 'na carezze. Fa ca nisciune e niente si pirmette di 'ndruvutà chiss'acqua crištalline, fa ca 'n succede ma' che 'na matine, abbruvugnose, 'n terre adà huardà. |
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Bbuntà nuštràne "la vindricìne" - Vasto, 1995 Già tanda ggende se n’è ’nnammuràte, ma forse fin’a mmo nisciùn’ ancòre a ’šta bbuntà nuštràne à dedicàte nu ccone puhusì pe’ je fa’ hunòre.
Nin zi li pò scurdà’ chi l’à ’ssaggiàte,
A ttucculùne o tajjàte a ffèlle, ’Mmezz’a
li “sacrifìce” di la vite |
Traduzione:............................................
Bontà nostrana
Tanta gente se n’è già innamorata,
ma fino ad ora forse nessuno ancora a questa bontà nostrana ha dedicato un po’ di poesia per farle onore. Non lo dimentica, chi l’ha assaggiata, quel suo forte sapore e quel profumo e, quando al punto giusto è stagionata, dopo che ne mangi ne vorresti ancora. A pezzettoni o tagliata a fette, quando a tavola arriva questa regina, le fanno tutti tanto di cappello. Vi sto parlando, presto si indovina, di quella cosa tonda a palloncino e in bocca già mi sento l’acquolina. Tra
tutti i “sacrifici” della vita |
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Ottobre
2010 - Il poeta vastese, partecipante,
al Convegno dell' A.N.PO.S.DI. (Associazione Nazionale Poeti e Scrttori Dialettali) tenutosi a Pomezia (Roma) - un incontro di più giorni tra i poeti dialettali provenienti da tutte le regioni d'Italia, dove, oltre a conferenze tenute da noti letterati, si è dato ampio spazio ai Recital di tutti i poeti presenti - ha recitato la sua poesia "Damme ‘na terre …" dinanzi ad una platea ultraqualificata. La poesia è stata molto apprezzata ed applaudita. |
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Damme
‘na terre … ‘Na ‘ngùštie mi turmente e ni’ mmi lasse, pe’ ttanda cosa bbrutte che ssuccéde. Nghi la prihïre cerche a Ddì’ la grazie, picché a lu pègge nin ci vuje crede: -
Famm’ arvijjà, dumàne, a ‘n’addra
terre, -
Damme ‘na terre a ndô’ n’ gi šta’
li “furbe”
- Damme ‘na terre a ndô’ li frutte nasce |
Traduzione:
Dammi
una terra...
Un’angoscia mi tormenta e non mi lascia per tutto ciò che di male succede. Con la preghiera chiedo a Dio la grazia, perché al peggio io non voglio credere: - Fammi svegliare domani in una terra diversa, guarisci questo mondo al più presto; dammi una terra con gente sincera che non deve pentirsi di essere onesta. - Dammi una terra dove non ci sono i “furbi” e ognuno raccoglie ciò che semina, dove chi coltiva la speranza non deve temere inganni e tradimenti. - Dammi una terra dove i frutti nascono da piante concimate col sudore, una terra con rispetto e con giustizia, dove regnano: Gioia, Pace e Amore. |
Dinanzi… il mare Seduto
su uno scoglio, il sole in faccia, |
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Ere
huajjòne |
È
sere (È
sera) E... finalmente, s'è rifatte sere. Menumàle o purtroppe, bbelle o bbrutte, 'n'addra jurnàte passe a lu passate. M'à divintate care, i' l'aspette 'štu mumente che a ccone a ccone addorme quelle che dentre e atturn' a nu' è turmente. M'à divintate care i' l'aspette la sere, quande ve' a 'dduggì ogne vvente. E mi ferme nu ccone a ricapà' li pinzìre che šta' 'ndricciàte 'n mente. Mi mette, a vodde, a cuntimplà lu scure... Nin vede niente, ma la fantasìje lìbbere, vole 'n bracce a la poesìje e, come quande jave 'n bracce a mamme, mi passe ogne dulore e mi cunzòle. T'aspette pe' guderte, o cara sere! Po' mi vaj'a ddurmì, nghe 'na preghière. |
Una
dedica, a fin di bene, a studenti e studentesse che, prima di entrare a scuola, si "gustano" la loro "bella e benefica" sigaretta... ![]() |
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Jèrve
e fìùre |
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L'alme
di lu prihadòrie Di sere, aunìte, coma ere bbelle! 'Nturn' a la tàvele tutt'assittate. M'arivè 'n mente nonne, puvurelle, e nu fatte che n'aje ma' scurdàte... La lambadìne tinè pi' cappelle nu piatte bianghe di ferre smaldàte e 'nturne ci girè' 'na ciamarelle che, a di' la virità, m'avè' scucciàte. Ma quande vaje ca li vulè' 'ccite, aj 'arimaste nghi la man' azzàte, m'à ditte nonne: - ma ti sì' 'mmattìte! Quesse jè 'n'alme di lu prihadorie! Tu li vu 'ccite? Brutte scrihanzàte! Di' 'na' 'récchiem'etèrn' e nin fa storie! Mo, se vede a vulà 'na ciamarelle, m' arivè 'n mente nonne, puvurelle. |
L'àsine Lu Patratèrne, pi' si renne conte di li cose qua 'bballe coma va', ve' 'n dèrre e ogne une j'aricconte se tte' cacche prubbleme e coma sta. L'àsine steve pure esse pronte. Lu Patratèrne n' gi vulè' parlà, picchè già 'i puteve legge 'n fronte cente mutive pi' si lamintà. L'àsine dice: a me ni' mmi ni 'mporte s'aje nate pi' sta' sott' a patrone, se sso' bbrutte e sgraziate e se supporte la some e li mazzate a lu gruppone. Però ni' mmi l'adeva fa 'stu torte di farm' avè' a che ffa' nghi lu "cafone". |
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La
fantasìje A trattinerle n' gì l'appò nisciune, ore e mumente si mette 'n prucissione. Senz' arioplàne e senza milijùne mi fa viaggià senze che mi n'addone. Senza valìsce e senza passaporte, lu monne 'ntìre mi fa 'ccavallà. Pi' mare, arie e terre esse mi porte, a ndonna vuje li facce firmà. Nin tè' prubbleme d'urarie e di spazie, nghi tutte timbe sèguit' a viaggià. Senza bbinzìne e senza pahà ddazie, nin tè' limite di vilucità. Spesse mi chiame all'ore cchiù 'mpinzàte, vo' jì' sciananne, n' zi šta ferme ma'. A štarce nzimbre m'aj' abbituàte, m'arilasse e mi facce traspurtà. Se m'ariporte a quand'ere bbardasce, ci vaje senza fàrmel' aripète, quande però mi vò' 'llungà a la casce, j'armette sùbbete la marce arrète. |
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La
fitografìje
Ogne
vodde ch’arrépe ‘štu tratòre
L’amore a la famìje e l’oneštà, |
seguito
- La
famiglia di Luigi D'Annunzio (La Muschilélle) al completo,
nel 1950. La foto scattata in occasione del 25° di matrimonio
di Luigi D'Annunzio e Maria Giuseppina Spadaccini, attorniati da dieci
figli, oggi ancora tutti viventi, ringraziando Dio, è l'unica
dove la famiglia è al completo. Ogni
volta che apro questo tiretto sento forte una stretta al cuore. Ci siamo tutti in questa foto, ci sono mamma e papa con dieci figli. C'è Nicola, Antonietta, eccoli! vedi? Elisa, Maria, quest'altro è Domenico. Gabriele è questo seduto, Anna e Michelina sono da quest'altro lato. Questo in braccio a papà, lo sai? sono io. Affianco, in braccio a mamma, c'è Lucia. Questa fotografìa fatta nel 1950, è l'unica dove ci siamo tutti. Dopo di allora, con l'emigrazione, di stare insieme non c'è stata più occasione. Mamma! Papa! solo nominandovi mi viene da piangere e mi si chiude la gola. Ora che non ci siete più di più si apprezza tutto ciò che avete fatto e a quale prezzo. Papa! quante giornate giù nell'orto? tornavi ch'era notte, stanco morto. Ma quanto lavoro hai fatto per non far mancare il necessario ai figli? Mamma! tu che la sera rimanevi per piangere, quando tutti già dormivano. Con dieci figli, mamma, come hai fatto ad accudire tutti senza diventare matta? Quante volte vi è saltato il cuore!? Quanto dolore avete provato!? - Mamma... Papà,.., vi lascio... devo partire, perché qui non trovo lavoro.- - Madonna mia! fa che vada tutto bene... Fernando, ti prego, riparami questa corona!- (del rosario). L'amore per la famiglia e l'onestà, questa è stata per noi l'eredità. Il buon esempio e il "timore" di Dio , questo noi abbiamo avuto da spartire. |
La
furtune Nu ccone ci ni vo' 'n tutte li cose, ma tu li se' che vvu' da la furtune? ...Chi s'accuntente di 'na bbella spose e chi vo' 'na vracciàte di migliune. I' pe' nature so' nu speranzose e nin chiude la porte a la furtune, ma preghe sempre Ddì' pe' ogne ccose, Èsse n'à 'bbandunàte ma' nisciùne. Tinghe ddu' fije, almene fin' a mmo, mi danne tanta ggioje e ccacche pene, un'è Francesche, l'addre è Nicolo. ...'Na moje che 'i vuje tande bbene e sacce ca pur' esse mi ni vo'. Nin è furtune 'šta famìja serene? |
La
gnurandità...
Ma
quand' é bbrutte la gnurandità!... ti chude l'ùcchie, li récchie e la mènde, e tanda vodde ti fa 'bbruvugnà, ti fa šta male ammèzz' all'addra ggènde. A lu gnurànde 'ì piace a parlà', e specialmènde nghi ll'èddre gnurènde, e pure se li štann' a rifricà, spesse nin zi n'addone e jé cundènde. Che cosa bbrutte è la gnurandità!... pe' chi ci'adà cummatte, specialmènde, picché o l'adà sèmpre assicundà o l'adà sbruvugnà ogne mumènde. Lu gnurànde é une che nin sa. Chi sa di nin sapà é da cumprènde. Ma li campiùne di gnurandità é cchille che nin sa d'èsse gnurènde! |
La
vite La vite è 'na muntagne da scalà', ma la cime n' zi vede a ndonna šta. Si saje sempre e, quande si' 'mpianàte, ti truva annende angòre 'na 'ppittàte. La vite è gne nu viagge a mare aperte, se tu vu' šta' sicure adà šta' 'llerte, sempre pronte a la vele e a lu timone, quand' è bbunazze e quanda è maròne. La vite è tanta štrade che si 'ntrecce, nghi tanta bbivie, tutti senza frecce; ognune pò capà a propie hušte, difficil' è truvà' la štrada jušte. Ma n' gi' avèm' avvilì', 'assa fa' 'Ddìje! Se guide Esse ni' sbajjame vije. Caminàme aunìte tuttiquante. L'amore è lu meje carburante. |
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Lu
café Da li ficcette nu ccone 'ntrapèrte entre jušte 'na spire di chiarore, à fatte jurne, i' già štingh'allerte, t'aja svijjà ma ni' mmi dice core. Nghi lu café già pronte m'avvicìne e mi ferme nu ccone a cuntimplà chissa faccia serene e già 'nduvìne quant'è bbelle lu sonne che šti ' ffà. Ti vulesse vascià ma mi trattinghe pi' paùre di farte jitticà, pu' nu vascette, piane, ti li dinghe e, furti furte, mi sent'abbraccià. Ti si' svijjàte, šti tante cuntente e arimanème abbracciate, accuscì. Pure s'è tarde... ni 'ji fa nijente. ...Intante lu café si pò gnilì. |
Lu
fattappošte (Lettera ai familiari lontani) Sempre vintiquattr'ore è 'na jurnàte, eppure appar' a prime mi parisce ca mo dure di mene, e nin capisce chi è ch'è štate che me l'à 'ssimàte. Spesse ci penze e mi ci štubbutisce, 'štu monne pare ca mo s'è sfuriate, 'na corse chišta vite è divintate che a forze ti štrascìne e mai finisce. Li jurne s'accavalle e n' ti n'addune, la mente corre, corre ma n'arrive e di cente e cchiù cose n' fi mangh'une. Dentr' a 'šta cocce e dentr' a chištu core ci šta' cose che n' facce 'n tempe a scrive: l'amore a vu' luntane, frat' e ssore. Coma vuless' avè nu fattappošte che scrive 'šti pinzìre e pu' li 'mpošte. |
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Lu
'nzerte I' vinghe da 'na štirpe che da tante si 'ndirresse di li cultivaziune di fiure, frutte e tanta addre piante e tinghe virdi virde li ditùne. Mo štingh' a fa' nu sprimente 'mpurtante, è nu sigrete e ni li sa nisciune, 'ja fa' nu 'nzerte che jè štrabbigliante, pe' putè cultivà li milijùne. Štinghe 'nzirtanne ma, singeramente, ancóra m'aripìje manghe une, di solde n' zi n'è vište pi' nijente. Eppure in teorìje, se ci'arraggiùne, è facile!... Avašte solamente 'nzirtà li "i" a li piante di milùne. E pprov' e ariprov' angòr' a 'nzirtà, ma 'šti càcchie di "i" ni' vvo' puppà. |
Lu
pajjàre |
Poesia
dedicata all'amico pescatore Nicola Arditelli per gli amici Lino e, per
i più anziani, lu fije di Camille (classe 1925), e a quelli
che dalla pesca traggono sostentamento. ![]() |
Cand’é
ccuriòs’ e bbèlle lu truabbàcche! ‘N’ôpera
d’ârte di tréve ‘ndricciéte ...M’aricorde,
cand’ ére scacchjinôtte, |
Traduzione:
Il
trabocco
Caratteristico e bello è il trabocco (1)! |
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1
“trabocco” (trabbàcche) = sorta di macchina da pesca
simile a palafitte, costruita con numerose travi, assi e tronchi in legno;
costituito da una piattaforma dove trovano posto: l’argano per ritirare
(salpare) la grande rete a bilancia (simile ad una coppa con bordo quadrato)
ed un casotto che funge da rimessa per la rete e per i vari attrezzi.
(Oggi, sulla piattaforma di alcuni trabocchi, costruiscono dei veri locali
con cucina e tavoli, adibiti anche a ristorantini dove è possibile
gustare piatti tipici a base di pesce appena pescato). La piattaforma
è sostenuta da pali e tronchi piantati su scogli sommersi e affioranti
ed è collegata alla riva con una lunga passerella sospesa, costituita
generalmente da tronchi e traversine, mentre un robusto filo di ferro
funge da passamano. |
2
“traboccante” (trabbuccânde) = è chi esercita
la pesca con il “trabocco”. 3 “guadino” (vôliche) = retino munito di lunga asta usato per il recupero del pesce dal fondo della rete del trabocco. 4 “salpare” (salipä’) = recuperare – ritirare la rete, in questo caso, azionando l’argano che si trova al centro della piattaforma e dove confluiscono le funi che sostengono la grande “bilancia”. 5 “antenne” (‘ndànne) = formate da lunghe travi che puntano oblique verso l’alto e tenute da un sistema di tiranti di ferro, protese a sostegno della rete tramite corde e carrucole (quando si usavano carrucole rudimentali, capitava spesso che le funi si inceppavano e bisognava percorrere tutta l’antenna, a mo’ di equilibrista, per liberarla, per fortuna sotto c’era l’acqua). |
Lu
teštamende
di täte Lu jurne che m'arrive la chiamate ch'aja jì' 'ffa' la terre pi' li cice, vulesse che nijende va spricàte di chišta vite e di 'šti sacrifice. E ni' vi lamindàte fija mi' se quelle che vi lasse è poche o niende, la rrobbe e li quatrine da spartì' à rruvinate già naquella ggende. Circàte d'esse' ricche di judizie, purtàte lu rispette a tuttiquende, lu monne te' bbisogne di giuštizie ' 'ca nghi li 'mbruje nin zi po' jì' 'nnende. N'ammidìjàte chi magne e nin fatìje, 'mbaràtiv' a ssuffrì pe' šta' cuntende, lu bbon'esempie dàtij' a li fìje picchè 'n zi méte se nin zi sumende. |
Madre
mia - Donna mia ...E
voglio dirti grazie, Grazie
a te donna che or mi stai vicino, |
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Lu
Zucàre
2a classificata al 29° Concorso naz. di poesia dialettale "Modesto Della Porta", a Guardiagrele, il 12/8/2016, sul tema ""Arti e mestieri d'Abruzzo..."
A vvidè chila rote che ggiràve mi piacéve naquélle da huajjòne, pe’ ore e ore a vvodde mi firmàve, mi mittév’ a študià chila funzione. A vvodde lu zucàre m’accinnàve, m’ ammitàv’ a ggirà chilu rutòne, mentre la cànape s’abbirritàve, scurrènne tra la mane e lu ditòne. Trumìnde che la zoche s’allungàve, a mmarce’arréte jave lu zucàre e ji’, intànde, giràve e huardàve... Mo ch’aripènze a chilu tèmpe care e a chili jurne che se ne vulàve, vulésse caminà gné lu zucàre... arijì ‘rréte e ardivindà huajjòne, ...ma nin zi vo’ firmà chištu “rutòne”. |
Il
Funaio
Traduzione
dal dialetto abruzzese:
Guardare quella ruota che girava mi piaceva molto da ragazzino, per ore ed ore a volte mi fermavo, mi mettevo a studiare quel procedimento. A volte il funaio mi faceva un cenno, mi invitava a girare quel ruotone, mentre la canapa si attorcigliava, scorrendogli tra la mano e il pollice. Intanto che la corda si allungava, il funaio camminava all’indietro, io nel frattempo giravo e guardavo... Ora che ripenso a quel tempo a me caro, e a quei giorni che volavano via... vorrei tanto camminare come il funaio... andare indietro e tornare ragazzino, ma questo “ruotone” non vuole fermarsi. |
‘Na
matèine,
a la Marèine Si tt’avess’ azzà prešte ‘na matèine e vvide ca jé bbelle la jurnäte, à da calä’ abbass’ a la marèine e tt’ à da fä’ ‘na bbella passiggiäte. A ppita schèzze e cazzun’ accurciéte, riva rèive ti fï ‘na caminéte. Šta ‘n’arie ch’arimette la salìute e l’âcche che ti vé’ ‘ lliccà li pìte. Scogne di zzirezzèire, grangitille… Lu suàule che ti fä li spicchjitille. Cand’ accusciuè cumuenze ‘na jurnäte, è ttutte ‘n’addra chéuse, crid’ a mma, ti sinde d’alme e ccurie ardicrijäte, lu muànn’ jé cchiù bbelle ‘ndurn’ a tta. |
![]() Una
mattina, a Vasto Marina
Se
capita di alzarti presto una mattina e vedi che è bella la giornata, devi scendere giù alla “Marina” e fare una bella passeggiata. A piedi scalzi e pantaloni risvolti, lungo la riva devi incamminarti. C’è un’aria che fa bene alla salute e l’acqua che viene a leccarti i piedi. Valve di telline, piccoli granchi... Il sole che fa “specchietti” sull’acqua. Quando così comincia una giornata, è tutto un’altra cosa, credi a me, ti senti in spirito e corpo rinfrancato, il mondo è più bello intorno a te. |
Nghi
li dinde o senza dinde... Li dinde, chili ddu' che m'è rimašte, n'acciacche cchiù e nin trite, n'è cchiù bbune. Lu dindiste, p'ariparà 'štu huaste, m'à ditte ca ci vo' sette migliùne. A vvocch' aperte i' ci'aj'arimašte! Coma 'ja fa' a chišti cundiziùne? Li sodde che pisséde ni' mm'avašte e se le spènne, pu' 'ja šta' a ddijùne. Vi' lu distine che m'à cumbinàte? Tra lu pane e li dinde aja dicìde. E ddoppe che li sodde aje cacciàte, nghi li dinde arimisse chi ci trite? Sci, mi ci pozze fa' cacche risàte... però nin crede ca mi ve' da ride. |
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Quande
m'arifacce piccininne Quande i' m'arifacce piccininne, ( li cultìve 'n zigréte ' šta spiranze) ni' mmi mittete furie ch'aja cresce, mi li vuje gudé' la citilanze. Quande i' m'arifacce piccininne vuj'arijì' di case a cchila vìje, a cchila case che m'arivè 'n sonne piene di luce e piene d'allegrìje. Vuje ca täte nin fatìje troppe, qunde i' m'arifacce citilucce, pe' farm' ariccuntà li štorie antiche e farme purtà ancore a ccavallucce. Quande i' m'arifacce piccininne vuj'arifà "sitacce" nghi nnonnò, vuje fa' tanta tanta capilotte e, all'altalene, arifà ndindalò. Quande i' m'arifacce piccininne vuje šta' tanta tempe 'n goll' a mamme p' arisintì a la facce e a li capille li vasce e li carezze a mmill'a mmille. Quande i' m'arifacce piccininne vuj' arimanè' sempre piccininne. |
Ricurde...
la
casa a Santa Lucia 'Mmè' a li sunne e dendr' a li pinïre che m'aripôrt' a lu tèmbe passäte, ci štä ricurde di ggiôje e ddilïure. Ci štä la cäse a'ndônn' haje näte, sopr' a la cchjìse di Sanda Luciuèje, ére la prupjitä di D'Avalôs, ci štàive lu curtèile a'ndonna jèje, da huajjiône jucuéve a ppèzz' e ôsse. Jurne sènza pinzïre... timba bbille... l'ucchie e la mende apprèss'a nu ndrahàune. <Scappäme 'ca mo vé lu Mutarille!> ... Tutt' annascušte arrét' a lu purtàune. Eraväme 'na morre di huajjùne: fréte, cuggèine e vicini di cäse, purtaväme li pèzze a li cazzìune ma 'n bâcce tinaväme lu surruèse. Passäve Do' Rromé', bbon'alma sânde, nü' 'j'asciaväme 'nnende a lu cangelle, 'i däve pi' rihäle a ttuttiquènde li cumbattucce nghi ddéndre la cannèlle. A chili timbe ci'aveštéve péuche pe' vvèive e pe' fa' bbèlle la jurnäte, jucuaväme a nucce di prichéuche... La bbinnènze štatté' di li mazzäte! Ci štäve la timènze e lu ruspètte, l'anziéne si chiamäve "signurè"; a mmamm' e täte e a nnonnò Sabbètte, a lu cummânne, arispunné' '"gnor'scè"! |
Scurrenne Acqua jìlàte, neve che si squaje s'abbije da 'na cime di mundagne, pulìte e bbelle va verse la valle, è pure gne crištalle, si po' bbeve, scorre chiacchiarijanne 'ntra li prete, va sgrizzanne tra fiure e jìrvitelle, zombe da 'na cascate a nu laghette. Po' cumenz' a scavà 'mmezz' a la terre, a poch' a poche si va 'ndruvutanne. 'Na ranucchielle si fa 'na nutàte, 'na pichirucce si fa 'na bbevùte, nu citilelle ci fa 'na pisciàte. Ma, mentre cale verse la pianure, ajjie!.. Si 'ncontre nghi la fognature. Scurrenne, mo, passe pi' li città, s'è 'ngrussàte, s'è fatte cchiù 'mpurtante. Mo te' nu nome, è divintate fiume, mo se la crede e seguit' a ji' avante. Scurrenne si ni va verse lu mare, a ndonne tutte l'acque s'ammištìche, a ndo' tutte li fiume va' 'mmurì, nin conte cchiù s'è grosse e s'è 'mpurtante. Vuless' arijì' 'rrete chilu fiume, ardivintà ruscelle e dope neve, ma tutte sa' ca da che monn' è monne a capammonde l'acque n' gi'arivà. Nin è ' šta vite, forse, come l'acque? Scorre, zumpette e cante lu ruscelle; lu fiume, piane, scorre pi' la valle; nin sa pe' ndo' li porte lu dištine e spere, doppe tutte lu cammine, di jì' 'ffinì 'mmezz' a nu mare bbelle. |
"Sitacce...
sitacce" (A mio figlio Nicolo) Mo nin ci juche nghi papà gne prime. Mo ni' mi zumbi 'n golle, mo necchiù. Tu sì' crisciùte e i' mi facce vicchie, la zulle mo nghi mme ni' li fi cchiù. Quanda ti vede a vinì 'ncontr' a mme, senza vulerle, allongh' a te li vracce gne quande tu currìve surridente e nghi nu vole mi zumbìve 'n bracce. E ti rideve l'ucchie e m' abbraccìve e di vascitte m' arimbjì' la facce. Che cundintezze 'n golle mi mittìve! M'accibbìve di te e di chil' abbracce. M'arivè 'n mente mo chilu juchette che faciavàme... mo ti l'arifacce!? 'Ccavall' a li hinucchie ti mittève, gna ti piaceve allore a fa' "sitacce"! ...Sitacce... sitacce... |
Vu'
m'avéta scusà... Li sente 'šta passione, è gne nu vizie, mi mette 'n golle come 'na vulìje e spesse mi li leve chištu sfizie e scrive pi' cumbonne 'na poesìje: nu ricorde, 'na štorie d'amicizie, muminde di trištezze o d'allegrìje, li cose che 'štu core mi delizie, lu bbene a li pirzone care e a Ddìje. Vu' m'avéta scusà se mmi pirmette d'arrubbà cacche rrime a li puhéte pe' scrive quattri virse o nu sunette. Tutte quelle che scrive e vu' liggéte aesce da pi' ssotte a 'šta giacchette, da chištu core mezz' analfabbéte. |
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Frubbuàre (Sande Valendìne) |
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Frubbuàre Ugge é la fešte di Sande Valendìne sonetto scritto nel 1991 Ti
vuje bbéne!... nu bbéne sincére, Di
te so’ nnammuràte e jé lluvére, Ti
li vulésse dice, ore e mmumènde: ‘Št’amore,
chišta bbèlla fiamme ardènde, |
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Oggi
14 Febbraio... San Valentino Traduzione dal dialetto abruzzese:
Ti voglio tanto bene (tutti i giorni...) Si, ci vogliamo bene, è vero! Mi fa piacere farvelo sapere. Io voglio bene a lei e lei a me, un bene senza sdolcinatezze, sincero. -Ti voglio tanto bene amore mio!- ce lo diciamo, forse, ogni sera, ringraziamo Dio con una preghiera e accettiamo la vita come viene. Succede a volte, per una sciocchezza, perché non ci sono rose senza spine, una lite, e... zitta tu e zitto io. La sera ci addormentiamo, schiena contro schiena, aspettando una mossa per capire, fino a quando non si fa mattino. Poi la mattina arriva... sia benedetta!, e ci trova abbracciati stretti stretti. Fernando D'Annunzio, febbraio 2016 |
Carnevale
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Carnevale
Carnevale
ecco viene, |
Lu
Carnivàle di li Uaštarùle Lu
Carnivàle di li Uaštarùle Di
tanda cosa bbille c’é rimašte Scumparse
“Bballe mute” e “Cucciulùne”, Com’
à cagnàte e šta cagnànne angòre |
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![]() febbraio
2016 |
“Maštre Èzie!” poesia dedicata ad Ezio Pepe |
8 marzo: Giornata internazionale della Donna | ||
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dall'Autore alla Redazione - giornata della donna, 8 marzo 2018 |
19
Marzo: San Giuseppe e Festa del papà |
Che
gioia papà!
Che
gioia papà dall'Autore
alla Redazione - 11 febbraio 2011 - piccola |
Feste
Pasquali |
Passione di Nostro Signore in dialetto vastese Video pubblicato il 3 aprile 2020, in You Tube |
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dall'Autore
alla Redazione - 1 aprile 2010 - piccola poesia di Pasqua scritta per i bambini delle scuole primarie |
Lunedì di Pasqua (Pasquetta) a Vasto: "Lu Pasquone" poesia pubblicata, per la prima volta, su Vasto Notizie nell’aprile del 1991 |
Poesia in versione uaštaròle, dialetto ripulito (moderno vastese/abruzzese) parlato dalle nuove generazioni: |
È nu Pasquone, a’uanne, propie bbelle! Mi li vuje gudè’ chišta jurnàte. …Màchine, tavilìne, siggilelle… La ggende, soccia-socce… spalijàte. Šta chi cummatte nghi la furnacelle, chi šta ‘n mezz’a la jerive, allungàte, ddu’ femmene che va’ pi’ cicurelle e ‘na cuppiette che già s’è ‘nfrattàte. Sciujje mandricchie e scupirchie tijelle! …Sagne, pillèštre, rrobbe a vulundà! Pulpe, secce aripîne, frittatelle… …Lu vine, a damiggiàne e ‘mbajatelle. Li “pupe” e li “cavelle” ‘n po’ mangà. Sole si huerde ti pu’ sazìja! - Trumminde che si fa’ li carivùne, acchiappe ‘ssa chitarre, Raffajè! Facèmece nu pare di canzune. Attacche!: “Uašt’è bbelle” e “Marijè”. - Favurite!... ci šta’ li cannillùne. L’êta pruvà!... li fa la moja me’; bbune accuscì ni li sa fa’ nisciùne, è rrobbe che po’ ji ‘nnanz’a lu rrè. - Cumbà!... šta li scarciòfine aripîne, sett’otte ti li vuje fa ‘ssaggià! Ma prime dimme: coma jé’ štu vine? - L’agnell’è pronde! Si po ggià caccià! - Ma mo nin vu’ pruvà šta vindricìne? - Nin ci fa cerimonie, uè, cumba!... - I’ v’aringrazie, ci’aripasse doppe… (Ah… ‘ssame jì’, avessa fa’ ca šcoppe). |
Quest’anno è una Pasquetta bellissima! Voglio godermela questa giornata. ...Auto, tavoli, sedioline... La gente è sparsa... dovunque. C’e chi si dedica alla grigliata, chi sta sul prato, sdraiato, due donne cercano cicoria selvatica e una coppietta che si è già appartata. Si tirano fuori e si scoprono i tegami! ...Lasagne, polli, roba a volontà! Polpi, seppie ripiene, frittate... ...Il vino, a damigiane e fiaschi. Pupe e cavalli non mancano certo. Solamente guardando, puoi già saziarti! - Mentre si ravviva la brace, prendi la chitarra, Raffaele! Intoniamo un paio di canti: “Uašte bbelle” e poi “Marijé”. - Favorite!... ci sono i cannelloni. Provateli, li fa mia moglie; buoni così non sa farli nessuno, è roba che può andare dinanzi al re. - Compare!... ci sono i carciofi ripieni, voglio fartene assaggiare sette/otto! Assaggia il vino e dimmi se ti piace! - L’agnello è pronto! Si può già servire! - Ma prima c’è un po’ di ventricina... - Non fare cerimonie, su, compare!.. - Io vi ringrazio, ...ripasso più tardi... (Meglio andare perchè tra poco scoppio.) |
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Festa
dei Nonni: 2 ottobre Nonnò Sabbètte (Nonna Elisabetta) dedicata alla sua nonna materna (dall'Autore alla Redazione, 2 ottobre 2013) |
“
’Nnòmine Patre, Fìjje e Spirdi Sande...” Ere
bbardasce quande nonne è mmorte, “Nonnò
Sabbètta me’, bbon’alma sande, |
Traduzione:.
Nonna Elisabetta... così me la ricordo:
le mani in grembo, a recitar rosari; una corona di noccioli di olive, consumata per le troppe Avemarie. “Nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo...” così cominciava ogni giornata, a volte con il pane, a volte senza, e ogni sera ringraziava Dio. Ero bambino quando nonna è morta, ma è ancora dolce e caro il ricordo di quando ripassavo dalla scuola e mi fermavo sempre a salutarla. - Aspetta -, mi diceva, - non andare, che la nonna ti da una bella cosa... - rovistava dentro la cassapanca e quasi sempre trovava per me: mandorle, noci e qualche fico secco. Poi mi dava un bacio con lo schiocco e mi diceva: - va piccolo mio, la Madonna ti possa accompagnare! - E... un’altra cosa mi diceva sempre, mi è tornata alla mente stamattina, una frase antica, un augurio sincero: - Possa tu ricevere (carri pieni di bene)! - “Nonna Elisabetta, buonanima santa, a te il riposo eterno in paradiso!” |
Feste
natalizie, fine e principio d'anno |
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Magica
notte Magica
notte... Tra le stelle in cielo Magica
notte... In terra si diffonde -
E’ nato un bimbo, è nato il Messia,
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![]() e pace agli uomini di tutto il mondo! - Canta Maria: - Dolce amor mio... - mentre accarezza il bel capo biondo. (Natale 2011) |
Il covid alla maniera nostra |
Ji, Ji, Ji ... | Io, Io, Io ... |
«Ji so' lu cchiù 'mburtande presidènde e nen tinghe paùre di nisciùne; cummanne la nazzione cchiù putènde, ch'è jùt' a la conquište dela lune!» «Ji so' ccullù cchiù rricche de la tèrre e mi pozz' accattà lu monne 'ndìre; a mme' nisciùne mi pò fa' la huèrre, n' gi šta nijènde che mi da pinzìre!» «Ji me ne fréche di tutte la ggènde, štinghe bbone, nen tinghe mmalatì'; magn' e bbéve e ne' mi manghe niènde e chille che m'ammidie po' muri!» «Invéce ji è come se n' gi štésse, so' nu virùs e nemmanghe mi vide; sènza bbisogne da circà pirmésse, déntr' a lu fiate me 'nzacche e t'accide; né huarde 'n bacce propie a nnisciùne, tutte lu monne pozze cuntaggià: ricche, putinde, vicchiarille e ggiùvene... Li scinziàte mi šta 'ngòr 'a študia!» Chi sa se 'šta lezzione po' sirvì, specialmente a chi angòre se la crede e va 'nnènde nghi chilu "ji, ji, ji", senza n'ogne di carità e di fede. |
«Io sono il più importante presidente |