Poesie di: Fernando D'Annunzio
 
Personaggi: F. D'Annunzio
Coro Pol. Histonium
Macchiette vastesi
Gruppo Cantastorie
Parodie
Le Štorie di Carnivàle
Il Dialetto...
Li Mise dill’ânne
Lunarie de lu Uašte
Li Jurne de la sittimmäne
Li Štaggiùne
I giochi di una volta
Lu pajjàre
 
I Video di Fernando
(Immagini/testi/audio per meglio capire, scrivere e ascoltare la pronuncia)
Poesie su argomenti vari
Due Novembre (L’Alme di li Murte) (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Due Novembre (Giorno dei Morti)
Il cielo oggi sembra voglia piangere...
..scende una nebbiolina e tutto ammanta,
..si posa sulle case e le campagne,
..mentre la gente si reca al Camposanto.
E’ il Giorno dei Morti, ed il pensiero,
..triste, ricorda chi non c’è più.
..Un fiore, un lumino, una preghiera:
..- ”Requiem aeterna”, pace a tutti voi. -
Quanti loculi, tombe, cappelle...
..Quanti nomi, fotografie e date,
(segue)
..di gente che da secoli sta lì
..
e gente che da poco ci ha lasciato.
Ritrovo amici e conoscenti,
..e persone care di famiglia,
..me le rivedo vive per un istante,
..invece sono già tornate a Dio.
Cammino tra le tombe, prego e penso:
..Dopo la vita non può esserci il “niente”...
..L’Anima non muore... E cresce la speranza
..di ritrovarci tutti quanti in Cielo.

(dall'Autore alla Redazione, 31 ottobre 2011)

data: 2 nov. 2011 - .da: F. Mugoni – prof. di Italiano e Storia - .a: Fernando D'Annunzio
Caro Fernando,
ho letto, ho riletto  i tuoi versi "Due novembre", e mi dicevo: Ma che musica, che quadro, che volo inquietante  quello dell'amico  Poeta vastese, D'Annunzio: i suoi versi dimessi illuminano il mistero dell'uomo di sempre, senza  pace.
Di fronte alla morte folle e alla vita assurda i suoi versi - dicevo - si librano in alto, sereni e freschi; e sono versi che fanno luce sull'abisso dell'uomo, di ogni uomo; per cui, creano poesia nell'aria dolente dell'autunno, e note musicali fra l'intreccio delle dimore dei Defunti.
Sì, sono versi  che poi sono  la vita senza veli in questo giorno segnato dai fiori dei Defunti; ma i versi di Fernando si fanno anche preghiera muta, insistente,  insieme diventano chiara speranza,  fame di vita, ma di un'altra vita, quella che a noi seguirà, un giorno qualsiasi.
Oggi noi  vogliamo forte che quel Domani, terribilmente ignoto, sia  un giorno pieno di luce,  di sorrisi e di affetti, quelli di una volta, fermi in fondo all'anima di ognuno di noi.
Il nostro amico Fernando, stavolta, e non è la prima,  quasi ci prende per mano e ci fa strada,  in quella "strada"  trafficata assai, ma umanamente buia, e, grazie ai suoi versi e alla lingua ereditata dalla madre, nel giorno dei Morti, in un baleno, ci sospinge dentro una dimensione assolutamente vera, come vero è il senso del suo canto. Poesia, ragione e vita si incontrano felicemente.

La Poesìje (in dialetto abruzzese)
#
Traduzione: La Poesia

Scorre su di un foglio la matita,
..lasciando un filo storto e spezzettato
,
..come un gomitolo che si dipana
..piano piano da dentro il cervello
.
E dipanandosi per uscire fuori
,
..sento questo filo scorrermi nelle vene
,
..lo sento quando passa attraverso il
.cuore e prende e si trascina gioie e pene
. (segue)

Come quando si apre una gabbietta
..e gli uccellini liberi possono uscire
,
..così ad una ad una le parole
..escono e diventano poesia
.
La Poesia
?...: è la voce dell’anima,
..pensieri e sentimenti che si spogliano
,
..acqua che sgorga
, scorre e poi si calma,
..sfrèvele”* di un cuore che si strugge
(sfrèvele  = ciccioli – grumi di grasso, residuo dello strutto)  

Libbertà (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Libertà
Dentro una gabbia tu eri nato,
..non potevi sapere cos’è la libertà.
..Ed io guardando te
, ho pensato:
..
- Tu hai le ali! Tu devi volare! -
Il cancelletto ti ho spalancato
..e tu
, come volessi ripensarci,
..prima di andartene mi hai guardato
,
..non sapevi neppure tu cosa fare
. (segue)
Beato te!... Fuori da quella gabbia
..trovi un cielo che non finisce mai
,
..la libertà la trovi con un volo
.
Per noi invece
, cos’è la libertà?
..E’ una speranza o è solo una parola
?
..Forse l’abbiamo persa
... Chi lo sa?...
Illudendoci di conquistarla
, poveri imbecilli,
..mettiamo intorno a noi muri e cancelli
.

Lu vrudàtte (in dialetto uaštaréule)
Traduzione: Il brodetto
Ogni paese ha una specialità,
..Vasto per il pesce non ha pari.
..Se un brodetto tu vuoi mangiare,
..meglio di noi nessuno lo prepara.
Tu non mi credi? Vienilo a provare
.
..Non parlo a vanvera, non dico bugie.
..Quando tu vai a scoprire il tegame
..senti i profumi dell’orto e del mare.(segue)
Olio d’oliva e pomodorini,
..peperoni, aglio e prezzemolo,
..un calamaro”, una “razza”,
sogliole”, “triglie e due testoni”,
..due merluzzi”, “cicale e cianghette”..
..tutto pesce pescato stamattina.
Un po’ di peperoncino ci sta bene
.
Buon appetito e attenzione alle spine
.

Pe' šcandelle* (in dialetto abruzzese)
Traduzione: In cerca di grappoletti
Finita è la vendemmia... Valli e le colline
..mutano il colore al mantello
.  
..I pampini si tingono ad uno ad uno
..di fantasia che non ha eguali
.
Sul terreno
, tra le foglie, dappertutto,
..rinascono fili d’erba fresca
..ed un  profumo antico riconosco
..che mi riporta a quand’ero bambino
:
All’improvviso si spengono questi ricordi. (segue)
All’improvviso mi ritrovo in  questa stagione...
E penso ai miei capelli diventati bianchi
,
..penso a queste foglie gialle
, alla  mia vita,
..al colore della gioventù
,
..a quel verde che non torna più
.

Un piccolo cesto in mano, insieme al nonno,
..andavo recuperando i  grappoletti
..che nonna usava per fare la mostarda d’uva
,
..per riempire a  Natale i taralli
.

Sariccujjé la lìve ... m’arecorde (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Si raccoglievano le olive ... mi ricordo

Il mese di Novembre Ora nelle campagne,
..tra nebbia
, foglie gialle e tenere erbette,
..mentre l’aria profuma ancora di mosto
..ecco
, arrivano a gruppi i contadini....
..
«Le olive sono mature Bisogna sbrigarsi
E
, pronta, scatta l’organizzazione:
..si dispongono i teloni dappertutto
,
..c’è chi va su con le scale
,
..chi scuote i rami con canne e bastoni
..e chi raccoglie e mette nei sacchi
.
Si chiacchiera
, si ride e si lavora;
..uomini
, donne e qualche bambino;
..poi qualcuno intona una canzone
.
..Si scalda l’aria e si rinfranca il cuore
.
..Finalmente arriva il pranzo
! (segue)

Tegami con patate e baccalà!
..Tutti seduti a terra
... che bontà!
..E scorre la giornata fino a sera
;
..stanchi e contenti si ritorna a casa
.
Conclusa la raccolta ora rimane
..da portare le olive al frantoio
.
..Ed il procedimento è come un rito
:
..la macina
, i divisori, la pressa
..e il profumo dell’olio appena sgorgato

«Aspetta, fermo, fammi assaggiare
.....Ricordo... un pezzo di pagnotta,
..mio padre lo ha bagnato nell’olio
,
..e
, dopo averlo assaggiato, lo ha dato a me.
Il sapore di quel pane unto
..lo sento ancora in bocca
, se ci penso.


'Šta terra me' (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Questa mia terra (al mio Abruzzo)
Tutto il mondo è paese”, così si dice,
..ma per quel poco che ho viaggiato
,
..questa mia terra che sempre benedico
,
..io l’ho sempre ridesiderata
.
Ovunque vado
, paesi o città,
..trovo chi è buono e chi è meno buono
,
..ma quando torno in mezzo alla mia gente
,
..io tutti tutti vorrei abbracciare
.
Questa terra
: mare, pianure e montagne;
..la gente
, il dialetto, le canzoni; (segue)
..mi sono cari, insieme e singolarmente,
..con niente e con nessuno li cambierei
.

L’attaccamento al mio paese caro
..può chiamarsi amore o nostalgia,
..ma io mi struggo di malinconia,
..lontano da questa terra e da questo mare.
E mi vanto di essere un figlio
..di questo Abruzzo dove amo vivere
..e mille volte benedico Dio
..che qui, in mezzo a voi, mi ha fatto nascere

 
 
I Video di Fernando
(Immagini/testi/audio per meglio capire, scrivere e ascoltare la pronuncia)
Poesie sulle Festività natalizie e di fine e principio d'anno
La nascita di Gesù (in dialetto uaštaréule)
Traduzione: Racconto della nascita di Gesù in dialetto vastese

Un paio di migliaia di anni fa, la Galilea era sotto il dominio di Roma e l’imperatore di quei tempi ordinò che bisognava fare il censimento; tutte le famiglie dovevano registrarsi. Perciò Giuseppe, che faceva il falegname, ha dovuto mettersi in cammino per andare a Betlemme, la città dove era nato, insieme alla moglie Maria che era incinta e prossima al parto. Erano poveri, avevano solamente un asinello, e con quello si sono avviati, così Maria, quando era stanca di camminare, poteva cavalcare l’asino. Quando giunsero a Betlemme, in nessun albergo trovarono alloggio, un poperché gli alberghi erano pieni e un poperché, vedendo Giuseppe e Maria poveri e mal vestiti, gli albergatori trovavano qualche scusa per non accettarli. Mentre erano ancora in giro per Betlemme, Maria si accorse che il bambino stava per nascere e per fortuna, fuori città, si sono rifugiati dentro una stalla dove c’era un bue. Quella povera creatura è nata dentro la stalla; era notte e faceva freddo Maria lo fasciò e lo adagiò sulla paglia della mangiatoia, così l’asino e il bue, con il fiato lo scaldavano. In quei paraggi c’erano i pastori con i loro greggi; un angelo apparve loro tutto risplendente, dicendo: “Non spaventatevi, sono venuto a portarvi una bella notizia: oggi è nato Gesù, il più grande di tutti i re. Andate a festeggiarlo, lo troverete dentro una stalla, sopra la paglia di una mangiatoia”. I pastori accorsero subito a festeggiare Gesù Bambino, portando qualcosa che poteva servire a quella povera famiglia. Intanto la notizia si diffuse per tutto il paese. Tre Re Magi: Melchiorre, Baldassarre e Gaspare, avevano studiato che alla nascita del Salvatore del mondo, sarebbe apparsa una cometa. Appena la videro, si misero subito in viaggio e, seguendo quella stella, arrivarono a Betlemme. Dinanzi a quella Creatura si inginocchiarono, contenti di aver assistito alla gloria di Dio e donarono a Gesù Bambino, oro, incenso e mirra, tutti doni destinati ad un Re Salvatore del Mondo!


Lu pressèpie (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Il presepe
Sta arrivando Natale e devo sbrigarmi
..perché il presepe devo farlo più bello.
..Nella mia testa sto già pensando
..che devo metterci anche il ruscello.
Se chiudo gli occhi io lo vedo già
:
..montagne, statuine e casette;
.sento lo zampognaro che già suona; (segue)
..sento il profumo del muschio.
La stradina con i sassolini
,
..e il cielo fatto con la carta blu,
..dove sono dipinte tante stelle.
Però le stelle che brillano di più di tutte
..sono gli occhi belli di un bambino
..incantato a contemplare Gesù.

Natale m'ariporte... (in dialetto abruzzese)
#
Traduzione: Il Natale mi riporta (mi fa ricordare)
Il Natale sta tornando e mi riporta:
..il presepe,.l’albero e le lucine,  
..lo zampognaro che va porta a porta,
..il profumo di 
scrippelle e caggionetti”*.
Mi riporta il ricordo bello e caro:
..il
tecchio* che bruciava e le scintille
..e la famiglia intorno al focolare
,
..dove si abbrustolivano fave e ceci
. 
Mi riporta
, tutti insieme, le canzoni
..che paiono cantate dagli angioletti
..e quelle notti chiare con la luna
(segue)
..e le stelle lucenti a mille a mille.
Mi riporta un’aria
, questa festa santa,
..piena di gioia
, un’aria tanto bella.
..Il Salvatore ritorna per tutti
,
..Dio
, per noi, torna a farsi Bambinello
Mi riporta i propositi della gente
,
..di diventare più buona e più generosa,
..chi sa perché, poi, tutto ad un tratto
..si dimentica del bene e dell’amore.
* “scrippelle e caggionetti” = dolci fritti tipici abruzzesi.
* “tecchio” = grande ciocco di legna che si pone nel camino la notte di Natale.

Natäle é... (in dialetto uaštaréule)
Traduzione: Natale è ...
Natale é un insieme di cose belle e care.
..Non può durare un solo giorno questa
..festa!
..Non deve essere come cosa rara
..che arriva e fugge via presto presto!
Natale si prepara senza fretta
.
..Natale è un presepe che si allestisce,
..é la musica di uno zampognaro,
..che ti addolcisce l’anima e lì resta. (segue)
Natale non deve ridursi ad un niente:
..pranzo, regali, “auguri sinceri”...
..cose belle che durano un momento.
Natale è ciò che ognuno spera:
..la pace e l’armonia tra la gente,
..volersi bene come fratelli e sorelle.
Natale é ogni giorno ... ma soltanto
..se portiamo Gesù nel nostro cuore!
(Vasto, Natale 2014)

Minìt' a vvidà' (in dialetto uaštaréule)
Traduzione: Venite a vedere

La neve scende a fiocchi fitti fitti,
..sembrano batuffoli di bambagia
, 
..e copre tutto
, silenziosamente, 
..con una coltre di luce e di pace
. 
Oh notte santa
, notte di Natale! 
..Presto
!... Venite, venite a vedere! 
..C’è una stella che fa da segnale
..e dentro una stalla è nato un Re
!
Quant’è carino
! Che bel bambino! 
..Tutti si fermano a contemplare

(segue)

..Ed i pastori con le ciaramelle 
..suonano per Lui la ninnananna
.
Perché un re nasce dentro una stalla
? 
..Perché deve soffrire questo Bambinello
?
..Con l’asino ed il bue si riscalda
, 
..nessuno più di Lui è poverello
!
Non è un re che viene a comandare, 
..è Dio che torna tra noi
! 
..Viene a portare amore e salvezza
! 
..Ma tanti non se ne accorgono più
.
(Vasto, Natale 2010)

Natale all'Auštralie (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Natale in Australia
Per noi che viviamo in Italia,
..è strano fare il Natale in Australia...
..Non per niente, soltanto
..che la stagione è differente.
Le tradizioni
, tutte vi sono rimaste,
..sono le stesse che ci sono a Vasto.
..Fate i “caggioni” e le “scrippelle”
..ed il presepe con il Bambinello.
Si addobba l’albero
, si fanno regali,
..si va a messa la notte di Natale.
..Si prega Dio affinché regni la pace,
..si fanno auguri con abbracci e baci.
..Si gioca a tombola e all’asinuccio”,
..si mangiano panettoni e tarallucci. (segue)
“caggioni e scrippelle” = dolci tipici natalizi vastesi

Al pranzo manca il cardo,
..ma per il resto il mangiare è buono.
..Il vino va giù e, bevendo bevendo,
..poi si va fuori a smaltire la sbornia.
Ma è curioso, curioso assai,
..quando senti Tu scendi dalle stelle,
..mentre il caldo supera i quaranta gradi,
..ad un certo punto inizia il canto,
..e arriva dove dice oh Re del cielo
..e vieni in una grotta al freddo e al gelo”,
Una soluzione ora ve la trovo:
..nel presepe, l’asino e il bue
..si possono anche togliere, non servono
..piuttosto metteteci qualcuno a sventolare.

“asinuccio” = gioco di carte

Ddumìla anne doppe (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Duemila anni dopo

Davanti alla chiesa, la mattina di Natale,
..c’era la Madonna con Gesù Bambino”;
..e San Giuseppe”, chi sa, poveretto,
..forse era andato a vendere accendini.
Avevano uno straccio per mantello
..e per terra c’era posato un piattino;
..non c’erano pastori a suonare la zampogna,
..non c’erano neppure il bue e l’asino.
(segue)

Non s’è visto nessuno deiRe Magi”.
..La gente che passava, impellicciata,
..non aveva il coraggio di guardare.
E quando hanno gettato qualche soldo
,
..una piccola mano rossa e infreddolita,
..tremante s’è allungata e l’ha raccolto.
Per quel
Bambinello che è tornato a nascere,
..il Natale era più bello l’altra volta.
(cioè 2000 anni fa)

Canto natalizio
Ninnananne dill’angilille

‘Na stell’ arilucènte s’è fermàte
p’ alluminà nghi ttutte lu splindòre
a ndo’ Gesù bbambìne Tu si’ nnate,
sopr’ a la paje di ‘na magnatòre.

Rit.:
E l’angilille ‘nturn’ a la capanne
stann’ a cantà pe’ Tte la ninnananne
.

Pe’ n’ Ti fa sintì fredde la Madonne
T’abbracce, T’accarezz’ e T’ariscalle
e preghe pe’ Te fa ‘ngannà lu sonne,
mentre Giuseppe fa nu fucarelle.

Rit.:
E l’angilille...

E ‘nzimbre a tanta ggende e a li pasture,
nu’ pure j’affacciàme a ‘ssa capanne.
Pirdùnice se séme piccatùre
e fa rignà la pace a chistu monne!


Rit.: E l’angilille...

Finale: E cante l’angilille, cant’ angòre
ma Tu nin pu’ durmì’ pe’ ttropp’ amore.
(Natale 2003)

Traduzione:
Ninnananna degli angioletti


Una stella rilucente si è fermata
per far luce con tutto il suo splendore
là dove Gesù bambino Tu sei nato,
sopra la paglia di una mangiatoia.

Rit.: E gli angioletti intorno alla capanna
cantano per Te la ninnananna
.

Per proteggerTi dal freddo la Madonna
Ti abbraccia, Ti accarezza e Ti riscalda
e prega perché Tu possa prender sonno,
mentre Giuseppe accende un focherello.

Rit.: E gli angioletti...

E insieme a tante gente ed ai pastori
noi pure ci accostiamo alla capanna.
Perdonaci se siamo peccatori
e fa che regni la pace in questo mondo!

Rit.: E gli angioletti...

Finale: Cantano gli angioletti, cantano ancora
ma Tu non dormi per il troppo amore.
(Natale 2003)


 
L'Anne vicchie e l'Anne nove (in dialetto abruzzese)
   
#
Traduzione: L'Anno vecchio e l'Anno nuovo
Dodici mesi... in fretta son passati,
..un anno ormai è vecchio e un altro è nato.
..Contenti l’anno nuovo festeggiamo
..e contenti poi lo sotterriamo.
Una cosa è certa
, ogni anno che passa
..non si sa cosa porta ma si sa cosa lascia.
..E' sempre bello l’anno che nasce,
..in fretta poi lo poniamo nella bara.
(segue)
Così funziona e non c’è da fare,
..noi siamo amanti di ciò che è nuovo.
..Sono belli nostalgia e ricordi,
..ma più di ogni altra cosa è bella la speranza.
E menomale che speriamo sempre
,
..da Gennaio fino a Dicembre.
Speriamo! ... tanto non ci costa niente...
..E Buon Capodanno a tutti quanti!
(Vasto, 31/12/2011)
 
‘N’anne va e ‘n’anne vé’
(ma nin zi ni va’ li hué’)

 
Assutturràme l’anne ch’à passàte,
ognùne sa s’è štate bbelle o bbrutte.
...Ch’à ‘vùte à ‘vùte e ch’à date à date...
Chi ss’é ‘ngrassàte e chi é rimašte assutte.
 
Ognune li cultìve la spiranze
ca l’anne vicchie, quanda se ne va,
ogne mmalanne e ddilòre di panze
aunìt’ a ésse se l’à da purtà.
 
Tutte aspittàme l’anne che vvé ‘pprèsse,
picché è nnove e forse, chi li sa...,
se ppò purtà nu ccone di prugrèsse
a quelle che se pò desiderà?
 
‘I’ažžàme a Capidanne la matìne
e nghi l’oròscope ‘i cunzulàme:
“l’amore, lu lavore, li quatrine...
a gonfie vele a’huànne navigàme”.
 
La vàriche però nin va cchiù ‘nnènde
e ttutt’ è come prime, forse pègge.
E cchille che s’assètte ‘n Parlamènde?
...pènze pi’ ìsse e s’aggiušte li lègge.

31/12/2010
 
Traduzione:.
Un anno va e un anno viene
(ma i problemi restano)
Sotterriamo l’anno che è passato,
ognuno sa se è stato bello o brutto.
Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato...
Chi è ingrassato e chi è rimasto asciutto.

            Ognuno coltiva la speranza
che l’anno vecchio, quando se ne va,
ogni malanno ed ogni mal di pancia
porti via con sé.

            Tutti aspettiamo l’anno che verrà,
perché è nuovo e forse, chi lo sa...,
se porterà un po’ di progresso
a ciò che ognuno può desiderare?

            Ci alziamo a Capodanno la mattina
e con l’oroscopo ci consoliamo:
“l’amore, il lavoro, i quattrini...
  a gonfie vele quest’anno navigheremo”.

            La barca però non va più avanti
e tutto è come prima, forse peggio.
E quelli che siedono in Parlamento?
...pensano per loro e si aggiustano le leggi.

31/12/2010 

La Pasquàtte (in dialetto uaštaréule)
Traduzione: Il Canto della Pasquetta (si porta alla vigilia dell’Epifania)
La fisarmonica nelle mani di compare Nicola
..sembra che parli, è proprio così!
..Alla chitarra c’è Raffaele,
..non c’è di meglio
per farsi accompagnare!
Francesco che non mette insieme Do-Re-Mi
,
..fa finta di suonare il flauto.
..Io mi arrangio a cantare e per di più,
..faccio rumore con un tamburello.
(segue)
Siamo una banda di trenta persone,
..più: chitarra, tamburello e fisarmonica,
..e, per Vasto, nei vari crocicchi,
..questa sera portiamo la Pasquetta.
C’è tanta gente intorno e noi cantiamo
.
..Ci offrono: salsicce, caggionetti e vino.
..Portiamo l’allegria, ma dove entriamo,
..si salva, a Dio piacendo, solo il tavolo.

(Vasto, 6 Gennaio 2000)

La Scrippèlle e lu caggiòne (in dialetto abruzzese)
Traduzione: Dolci vastesi

La scrippèlle -
E la scrippèlle è già bella e pronta,
..è ancora calda e un poco unta,
..vuole essere solo inzuccherata,
..lo porgo a te questo dolce prelibato.

Lu caggiòne” -
Prendi e porta alla bocca questo
caggiòne” ,
..e poi mi saprai dire quanto è buono,
..ripieno con ceci o confettura d’uva,
..è una delizia!
...Io non dico bugie!


 
Vasto
All'emigrante
(Vasto, 1/8/1986)
Inaugurazione del monumeto
all'Emigrante abruzzese nel mondo


Fijje! Tu da '
šta terre si partìte,
lassanne lu paèse e mamma te',
gne nu cillette che lasse lu nìde
picchè lu pane a tutte n' pò 'vasté.

'
Šta terre ti vo' bbene, n' t'à tradite,
l'Abbruzze n' ze scurdàte maj' di te.
Tu pure 'i vu' bbene gne a 'na zite
e sunne di vinìrl' a rividé.

Pe' tte che šti' luntane, care fijje,
'n cime a lu Uašte, a lu "Bbellevidé",
s'annazze, come 'na preghiere a Ddije,
nu munumente dedicàt' a tte.
E nghi li làcrime di nustalgìje
è stat' abbinidette, fijje me' !
A spasse pi’ Lu Uâšte

Canda ni té Lu Uâšte di bbillàzze!...
Grazie a lu Puatratèrne specialmènde
e a chi l’à màsse sopr’a ‘šta tirrâzze,
mundagne arréte e lu muàr’ annènde.

A pparte li bbillezza naturuäle,
ci šta àddre bbillezze a ‘šta cittä’:
li munumuìnde andìche e medieväle...
Di lu mudèrne è mméj’ a nin parlä’.

Vi vuje purtà ‘ spâsse aunìt’ a mma,
pi’ ppiâzze, pi’ ccundräde e pi’ quartìre,
šta’ tanda cosa bbille da vidà’,
pù’ ‘duprä’ l’ùcchie oppure lu punzìre.

V’ariccònde Lu Uâšte ‘n puhusèje.
Vi port’ a spâsse nghi la fandascèje.
Traduzione: A passeggio per Vasto
.
Quante ne ha Vasto di bellezze!...
Grazie al Padre Eterno specialmente
e a chi l’ha posto su questo terrazzo,
i monti dietro e il mare davanti.

A parte le bellezze naturali,
ci sono altre bellezze in questa città:
i monumenti antichi e medievali...
Del moderno è meglio non parlare.

Voglio portarvi a passeggio con me
per piazze, per contrade e per quartieri,
ci sono tante cose belle da vedere
e puoi usare gli occhi o il pensiero.

Io vi racconto Vasto in poesia.
Vi porto a passeggio con la fantasia.
Mentre jav' a spasse pi Lu Uâšte m'haj' affacciäte da la Luggiàtte...
Da Sanda Nichéule
(Dal Belvedere San Nicola)

Vište ca ùgge é ‘na bbella jurnäte,
mo mm’abbìje pi’ ffä’ ‘na passiggiäte,
mo mmi ni vâje, piani piäne, a ppéte,
a nu pušte pi’ ppittùre e puhéte.
Da Sanda Luciuè’ vâj’ a Sanda Nichéule,
p’affacciârme da ‘rrét’ a la cchjisiéule.
Già mi l’ammagginâje la vidìute
che ‘gna t’affècce fa rimané mìute.
Da sott’ aèlle, fin’ a Punda Panne,
nin gi štä quädre cchiù bbèll’ a lu muànne.
Štä’: mar’ e scùje, trabbucch’ e spiaggiàtte;
lu puaradèise ci štä ‘ èlle sàtte.
Pittàte da “Cange” e candàte da “Anelle”,
Sanda Nichéule é lu pušte cchiù bbèlle.    


Traduzione: 
Da San Nicola
(Dal Belvedere San Nicola)
           
Visto che oggi è una bella giornata,
mi avvio per fare una passeggiata,
ora me ne vado, piano piano, a piedi,
in un posto per pittori e poeti.
Da Santa Lucia vado a San Nicola
per affacciarmi da dietro la chiesetta.
Già me la immagino quella veduta
che come ti affacci ti fa restare muto.
Da lì sotto, fino a Punta Penna,
non esiste quadro più bello al mondo.
Ci sono: mare e scogli, trabocchi e spiaggette;
il paradiso c’è lì sotto.
Dipinto da “Canci” e cantato da “Anelli”,
San Nicola è il posto più bello.
Fešte di cuntrade

'Nnend' a la cchìse arvonde li pirzòne.
Spare 'na bbotte, mi fa jitticà!
- Ècchele! Šta 'rintrà la prucissione.-
La bbande 'na marcette šta 'ssunà'.

'Na fešte... gna li vo' la tradizione:
lu dunatìve nin ci po' mangà'.
'Ndònie, 'mbrijàche, si fa 'na canzone
trumminde šta lu predde a pridicà'.

Arie di fešte 'ntra li bbangarelle.
Prufume di nucelle abbrušchilìte,
varlotte di lupìne, sciaunelle...

Šta la purchette che mette vulìje,
bbaùnze di scapèce che t'ammite,
...sapùre che la vite t'ardicrìje.

Nu cìtele, 'mmezz' a la cunfusione,
piagne 'ca ja vulàte lu pallone.



Traduzione:
Festa di contrada

Davanti alla chiesa la folla trabocca.
Spara un botto, mi fa sobbalzare!
Eccola! Rientra la processione.
La banda intona una marcetta.

Una festa... come vuole la tradizione:
“lu dunatìve”* non può mancare.
Antonio, ubriaco, intona una canzone
mentre il sacerdote inizia l’omelia.

Aria di festa tra le bancarelle.
Profumo di arachidi abbrustolite,
tini di lupini, carrube...

C’è la porchetta che fa venir voglia,
tinozze di “scapece”** invitanti,
...sapori che rallegrano la vita.

Un bambino, nella confusione,
piange, gli è volato via il pallone. 
 
*asta di beneficenza
**pesce marinato con zafferano

Il Fegatazzo
(salsiccia di fegato, salume tipico del Vastese)

(scherzosa composizione di Fernando scritta ai tempi della trasmissione di grande successo su Rai 2 "Quelli della Notte**"
(1985), parodiando la canzone di Renzo Arbore "il Materasso"
. Provate a cantarla con la musica della canzone)
**un appuntamento culturale, con una serie di personaggi comici e intellettuali che si riunivano nella notte
..................
surreale e un po' cialtrona. La trasmissione era una chiara satira nei confronti dei dilaganti salotti televisivi....
..
........
L’Abruzzo è terra di salumi eccezionali
tutti quanti da gustare..
Le soppressate, i salsicciotti e i capocolli
io vi invito ad assaggiare..
E le salsicce, quelle bianche e quelle rosse,
sono tutte da provare..
La ventricina è la regina del Vastese
ed i baffi fa leccar...!

Rit.:
Ma il fegata...zzo, il fegata...zzo,
il fegatazzo è il massimo che c’è..
Il fegata...zzo, il fegata...zzo,
il fegatazzo per me più mmeglio è!

Caratteristico è il sapore ed il suo aroma
il palato fa godere..
Ancora fresco l’arrostisci sulla brace
poi lo mangi ed è un piacere..
Quando è incerato al punto giusto tu l’addenti
e di goduria puoi morire..
Dovete credermi, assaggiate e poi mi dite
se non è la verità...!

Rit.: Il fegata...zzo, il fegata...zzo,
il fegatazzo è il massimo che c’è..
Il fegata...zzo, il fegata...zzo,
il fegatazzo per me il più mmeglio è!


Ripetere il ritornello...

La ricètte di lu vrudàtte
(alla “vastese”)

Mitte sopr’ a lu fuéuche la tijèlle
nghi ùjje, èjje, pipe e ppammadéure,
lu pirdisànne e lu piparèlle
e ddoppe vùsciche nghi la cucchiuére.

Mitte prèime lu puésce tuštuarèlle:
“pìlipe”, “siccitèlle”, “calamére”...
lu puésce grôsse e pu’ lu mizzanèlle,
a mman’ a mmäne tü ti li pripére;

Li hualitä’... canda cchiù jé ‘assurtuèite:
ddu’ “panôcchie”, “risciùle” e “sfujazzàtte”,
“mirlìcce”, “tištuluèine”, dôppe... vèite,

cacche “luciuèrne” e cacche “gragnuluàtte”.
Nghi ccacche “cciòcchele” vé’ cchiù saprèite.
Aspìtte mene di ‘na mežž’ uruàtte...

Lu puàsce è ccôtte, štìute e pù smandä’.
Mâgne... e ddapù mi li vì’ ‘riccunduä’.

Traduzione:
La ricetta del brodetto
(alla “vastese”)


Metti sul fuoco il tegame (di coccio)
con olio. aglio, peperoni e pomodori,
il prezzemolo e il peperoncino
e dopo mescola col cucchiaio (di legno).

Metti prima il pesce un po’ più duro:
“polpi”, “seppioline”, “calamari”;
il pesce grande e poi quello medio,
man mano tu te lo prepari.

I tipi... più sono assortiti e meglio è:
un po’ di “cicale”, “triglie” e “sogliole”,
“merluzzi”, “testoni”, dopo... fai tu,

qualche ”lucerna” e qualche “pesce ragno”.
Con “cozze” e “vongole” è più saporito.
Aspetta meno di una mezz’oretta...

Il pesce è cotto, spegni e poi scoperchia.
Mangia... poi me lo vieni a raccontare.
La sciâbbiche
(Pesca che si pratica manualmente, vicino la riva, con
un particolare tipo di rete che termina con un sacco)


Chi huârde…
Chi tèire…
Chi štrille gne ‘n’alma dannäte:
- Mittéte lu puét’ a lu piàmme! –

Lu suàule šta ‘ nnâsce.
La ràite arillìuce.
Mijelle che zòmbe… d’argente…

Cchiù štä, cchiù li mâje si štràgne.
Intânde lu cèrchie si chjìute.
E’ come nu bbuâlle;
li vicchie cummuânne:
- Tiréte… ni’ ddate štrattâne!
Štriggnàte… mo ‘rrive lu suâcche! -

Nu ccuòne di päsce ci štä:
sett’ otte mijèlle, ddu’ ‘hìjje;
lu ruìšte è ’licette e risciùle.

Mo tutti šta’ ‘ndurn’ a huardä.

- Šta nu gragnuluàtte! Fa piäne!
Abbäte, n’ ti fa’ pizziché! -

- Avâšte a fa’ chiäcchiere mé!
E’ ppéuche lu puàsce
ma jé ppruvvudenze,
mittétele dendr’ a ‘ssu truâgne,
…ca pure pi’ ugge si mâgne. –


Traduzione:
La sciàbica
(Pesca che si pratica manualmente, vicino la riva, con
un particolare tipo di rete che termina con un sacco)

Chi guarda…
Chi tira…
Chi grida come alma dannata:
- Tenete il piede sul piombo! –

Il sole sta sorgendo.
La rete luccica.
Muggini che saltano… d’argento…

Man mano le maglie si fanno più strette.
Intanto il cerchio si chiude.
E’ come un ballo;
i vecchi comandano:
- Tirate, non date strattoni!
Stringete perché arriva il sacco! –

Un poco di pesce ci sta:
sette-otto muggini, due aguglie;
il restante sono alici e triglie.

Ora tutti stanno intorno a guardare.

- …C’è un pesce ragno (tracina)! Fai piano! Attento, non farti pungere! –

- Basta con le chiacchiere adesso!
E’ poco ma è provvidenza,
mettetelo tutto nel secchio,
…‘che anche per oggi
abbiamo qualcosa da mangiare.

Piazzétte di Sanda Marè'
(rione di Vasto)

Pe' li piazzétte di Sanda Marè',
gna tinghe tèmpe mi piace ariminè,
pe' farme quattre pâsse arilassäte,
e aricurduä nu ccòne lu passäte.

Mi piäce arividà, 'nnènz' a li cäse
e appis' a li finè
štre, chili vése:
ddu' trègne vicchie nghi piante di vijéle,
di pirdisèìne e di vasanichéle.

Da nu bbuâsse si send' ascì lu 'dduàre
di nu sucuàtte... pìpe e pammadéure.
Arrét' a 'na tindìne di mirlàtte,
za' Miccalìcce šta ' ffa' la cazzàtte.

È 'ngòre bbèlle, ma no gné 'na vôdde
che, scèè è lluvuàre, n' gi štatté' li sôdde,
ma ére' piéne di vèite 'šti piazzàtte
da lu Palázze fin' a la Luggiàtte.

Mumuìnde di trištàzze o d'allegrèje,
si štev' aunuète come 'na famèje
e, pôrt' e ppôrte, ognìune si štinnàve
cacchéuse che chill'âddre nin tinàive.

S'ammišcäve li 'ddùre di rrahü,
di cipulläte, cace e éuve... e pu',
sopr'a la vräsce di 'na furnacèlle:
pìp' arràšte, risciùle e siccitèlle.

Mé è rimâšte trište e disuluäte
chišti piazzàtte, e jè nu puccäte
se canda méure 'šti ddu' vicchiarìlle
ci vé' a svirnä li süge a mmill' a mmille.
Trad.:.Vicoletti di “Santa Maria”
(rione di Vasto)


Tra i vicoletti di Santa Maria,
quando trovo il tempo, mi piace tornare,
per fare quattro passi, rilassato,
e ricordare un poco il passato.

Mi piace rivedere, davanti alle case
e appesi alle finestre, quei vasi:
alcuni secchi vecchi con piante di viole,
di prezzemolo e di basilico.

Da un piano basso proviene un profumo
di sugo con peperoni e pomodori.
Dietro una tendina fatta a merletto,
zia Michelina lavora a maglia.

E’ ancora bello, ma non come una volta
che, si è vero, non c’erano soldi,
ma erano pieni di vita questi vicoletti
dal “Palazzo” fino alla “Loggetta”.

Nei momenti di tristezza o di allegria,
si stava insieme come in una famiglia
e da una porta all’altra, ognuno offriva
qualcosa che l’altro non aveva.

Si mischiavano i profumi di ragù,
di “cipollata”, “cacio e uovo”... e poi,
sulla brace  di una griglia:
peperoni arrostiti, triglie e seppioline.

Ora sono diventati tristi e desolati
questi vicoletti, ed è un peccato
se quando moriranno i pochi vecchietti rimasti verranno qui a svernare i topi a migliaia.
Sanda Lucì’

Sanda Lucì’... La vije a ndo’ so’ nnate,
…la case, lu curtìle, la luggette.
Quanta ricurde i’ ci so’ lassàte!
Quanta prihìre dentr’a la cchjìsette!

Tutte la ggiuvindù ci so’ passàte,
vindiquattr’anne sott’a chilu tette.
M’arcorde lu ciardìne arizzilàte
e la campàne ‘n cime a la turrette.

Ma chilu sone dôce e argindìne
pe’ la vallàte, mo, cchiù nin zi sente.
Che štrazie arividè chili ruvine,

chila fineštre che sbatt’a lu vente,
‘ndo’ nu ragge di sole, la matine,
jav’a svijjià nu cìtele cuntente.

Scogli
Il treno, appena partito dalla stazione di Vasto, si ferma inaspettatamente
in località “Casarsa” (quando si percorreva ancora il vecchio tracciato
ferroviario), suscitando una serie di ricordi ed emozioni nell’animo del poeta…

Nel gioco verde e argènteo dei riflessi,
attraverso le chiome degli ulivi,
nel luccichìo rivedo in controluce
e riconosco i bruni scogli amici.

Scogli… erano isole nei giochi
che mi ricordano i bei giorni estivi,
le ardite imprese quando allor ragazzi
navigavamo a bordo di un cannizzo.

Scogli… di ognuno mi sovviene il nome
dato per gioco a ricordar la foggia.
Scogli… approdi delle prime nuotate
e trampolini di tuffi azzardati.

Scogli specchiati sull’argento vivo.
Scogli a sostegno di agili trabocchi.
Scogli dalle marette accarezzati.
Scogli erosi e frustati dai marosi.

Scogli incantati in magico scenario
che un bel mattino Inverno ha preparato,
incappucciati di candida neve,
posati su un vassoio di cristallo.

Ma il treno ahimè riparte, è luce verde.
Furtivamente accenno ad un saluto
e riguardo vedendoli sparire
in controluce i bruni scogli amici. 

Scuja scuje
La spiaggia bbelle nghi la rena d'ore
è di lu Uašte noštre la ricchezze,
ognùne che li vede s'annammore,
l'acqu'azzurre li vasce e l'accarezze.

Ma ci šta la scujjìre all'addre late
che fa, 'nturn'a lu Uašte, da mirlette,
sott'a 'na vešta verde arracamàte
nghi li trabbucche e nghi li spiaggette.

Dumane se t'aèzze prištarelle
ti porte, scuja scuje, 'nzimbr'a me;
da la Marine fin all'Asinelle
šta tanta bbilli pušte da vidè.

Šta Scalamurze e doppe Cungarelle,
Casarze e pu' ci šta Sanda Nicole
e sicutànne pe' 'na vijarelle
s'arrive a La Canale e pu' a Vign0le.

Da la Lebbe s'arrive a la Pinnucce,
doppe, appress'a lu purte, šta 'na spiagge
e se camine 'n'addre ccungillucce
cumenze tutte 'n'addre paesagge.

Libbirtìne šta sott'a nu cuštòne,
Punta d'Erce fa rimanè 'ngandàte,
camine solamente 'n'addre ccone
e fin'a Mottagrosse si' 'rrivate.

Chi cchiù e chi mene tutti chišti pušte,
pe' nu mutive o 'n'addre mi šta ' ccore
e a rividérle mo ci prove hùšte
e 'n mente li ricurde m'ariffiòre:

quand'acchiappave ciòcchile e pilùse,
ricci di mare, grènge e lambatìne
e 'n San Dumìniche, mo cchiù nz'aùse,
javàm'a ttoje tanta quarajjìne;

quande pi' secce, nghi lu ferre, jave
e di sere pi' vrùnghele, nghi l'ame;
quande Sanda Nicole si 'mbarcave
e quande lu cannizze faciavàme.

Ma nzimbr'a šti ricurde tinghe pure
'na pene e nu prisindimende bbrutte,
picchè, nghi li ricinte e nghi li mure,
štu paradìse nin è cchiù di tutte.
Tinghe 'mmende
(Guardo)

Nin ci fîre manghe 'n 'afe di vente
ugge sopr' a ‘štu mare. Tinghe 'mmende.
Lu trabbocche, li vàriche, li scuje
pare suspese e l'acque pare l'ujje.

Di madrepèrle pare divintàte
tutte ‘šta scene che i' tingh'annenze,
mar'e ciele è gna fuss'appiccicàte,
n' zi vede chi finisce e chi cumenze.

E' calm'e pace dungh'a ndo' mi ggire,
s'è 'bbunazzàte pure li pinzìre,
mi sente d'alm'e cùrie ardicrijàte
e di chišta marine 'nnammuràte.

E, se nin fusse pi' na cajanelle
ch'attraverse ogne tante ‘šta maggìje,
s'avesse già cunvinte ' ‘štu cirvelle
di tinè 'mmente a 'na fitografìje.
Traduzione:
Guardo

Non soffia alcun alito di vento
oggi su questo mare. Guardo...
Il trabbocco, le barche, gli scogli
paion sospesi e l’acqua è come olio.

  Di madreperla sembra diventato
lo scenario che mi sta dinanzi;
mare e cielo sono come incollati,
non si distinguono l’uno dall’altro.

 C’è calma e pace ovunque mi giro,
c’è bonaccia anche nei pensieri;
d’anima e corpo mi sento rinato
e di questa marina innamorato.

E, se non fosse per una gabbianella
che attraversa ogni tanto questa magia,
nella mente sarei già convinto
di guardare una fotografia.

Vasto

Bella! ti scorge il sole nel mattino,
riflessa nell'azzurro tremolante
e un bacio, come madre al suo bambino,
per te affida all'onda spumeggiante.

Alta sul colle ti svegli festosa
e al giorno inneggi coi bronzi sonori.
Sui tuoi pendii primavera posa,
tra i toni verdi, tutti i suoi colori.

Oh terra d'oro, perla del creato,
amata patria, leggiadra fanciulla;
nessun tuo figlio ha mai desiderato
d'esser deposto in più soave culla.

Terra che ispiri il tessitor di rime
e tormenti nel sogno l'emigrato
che a te canta nostalgico e ti esprime
i sentimenti di chi è innamorato.
 

Vecchio borgo

Giochi d'ombra tra vicoli e piazzette
dove il tempo da tempo si è fermato.
Scalinatelle ripide in selciato
vanno a scoprire il mar dalle loggette.

Un angolo di mondo ricamato
con gerani, garofani e rosette.
Sedute sui gradini le vecchiette
discorrono tra loro del passato.

Mi sembra di sognare mentre ammiro
colori di bucato steso al sole
e muri bianchi e scale di mattoni.

Rinasco nella quiete che respiro,
e nei profumi e poi nelle parole
ritrovo i gusti semplici, i più buoni.



Vulésse

Coma vulésse rèsse nu pittore
nghi li chilùre prunte a tutte l'ore,
vuléss' aritrattà chi
šta marine,
la réna d'ore e l'acque turchine;
nu mare lisci lisce come ll'uje,
nu bbattillucce 'mmezze pi' li scuje.

Vulésse pittà l'albe a Miramare
quanda lu sole fa 'ppiccià lu mare
e, da la Pénne, arrét' a nu trabbocche,
aritrattà lu sole che s'ammocche.

Coma vulésse rèsse nu puhéte
pe' puté 'riccuntà quelle che véde,
ma se m'affacce da Sanda Nicole
m'incante e ni' m'aesce 'na parole.

Si' bbelle Vašte sopr' a 'ssa culline!
Sotte:., lu mare, l'orte e li ciardine.

Nin sacce aduprà pénne né culòre,
ma ti porte nghi mme dentr' a 'štu core.
Traduzione:.
Vorrei

Come vorrei essere un pittore
con i colori pronti a tutte le ore,
vorrei dipingere questa marina,
la sabbia d’oro e l’acqua turchina;
un mare liscio liscio come l’olio,
con una barchetta tra gli scogli.

Vorrei dipingere l’alba a Miramare,
quando il sole sembra incendiare il mare
e, da Punta Penna, dietro un trabocco,
ritrarre il sole che tramonta.

Come vorrei essere un poeta
per poter raccontare ciò che vedo,
ma se mi affaccio da San Nicola
m’incanto e non riesco a proferir parola.

Sei bella Vasto sulla tua collina!
Di sotto: ... il mare, gli orti e i giardini.
Non so adoperare né penna né colori,
ma ti porto con me, dentro il mio cuore.

 
Sonetto, Oh luna chiare...,
2° classificato alla prima edizione (luglio 2015) del Premio Letterario di poesia dialettale
"Città di Francavilla", organizzato dall’assoc. Alento. Oltre quaranta le opere presenti
Traduzione: Oh luna chiara...
Stasera questa marina mi ha incantato...
Un venticello soffia da scirocco
...
la luna che dall’acqua si è appena alzata
,
rovescia in mare un fiume di brillanti
.

Le fronde degli ulivi brillano d’argento
.
Si rischiarano gli scogli ed il trabocco
.
Sprecare questo momento è un peccato
...
Vorrei stare con te
, ora, bocca a bocca.
Tu, dall’alto del cielo, oh luna chiara,
allunga lo sguardo
, guarda dove sta!
Trova e riportami quella perla rara
!
 
Dentro il mio cuore un’altra non può entrare.
Tu falle capire quanto mi è cara
e dille che la voglio riabbracciare
.
 

Lu Štivale e lu scarpuncine
(scritta negli anni '90)

L'Italia bbella noštre, 'štu stivale
longhe, ch'arrive sopr' a lu hunùcchie,
l'à fatte nu scarpàre 'ccizziunàle,
quanda li huerde ti s'arifà l'ucchie.

E' nu mudelle ùniche a lu monne,
nghi tacche, punte e pure lu spiròne.
L'Europe, sott' a la cchiù bbella honne,
si li mette e ci fa nu figuróne.

A ppizz' a ppizze s'avè divintate,
quant'anne ci' à vulùte, Ddì' li sa,
e quanta si n'è mmurte di suldate
p'aripurtà 'št'Italie all'unità.

E' sciùte une mo, nu fafucchiare,
che vò' 'rimette mane a li cunfìne.
L'Italia noštre, 'ccuscì bbell' e care,
li vò' fa' divintà nu scarpuncine.

-I' ti vulesse dice, care Bbosse,
ca quelle che vu' fa' è 'na pazzìje
e, crid' a me, li šti' facenne grosse,
nin pù' schirzà nghi štorie e giografìje.

Lu scherze è bbelle s'arimane scherze.
Se aecche ni' štì' bbone pù' partì'!
Se tu 'ssu ccone cocce li si' perze,
pi' nu' l'Italie šta bbun' accuscì.
E doppe dimme tu se ti cummìne,
picchè, facenne coma tu si' ditte,
se nu' ci' ariducème a scarpuncine,
vu' arimanète 'na mezza cazzette.-
Traduzione:
Lo stivale e lo scarponcino
(scritta negli anni '90)
   La nostra bella Italia, questo stivale
lungo, che arriva sopra il ginocchio,
è opera di un calzolaio eccezionale,
a guardarlo c’è da rifarsi gli occhi.  

  E’ un modello unico al mondo,
con tacco, punta e perfino lo sperone.
L’Europa, sotto la veste più bella,
lo indossa e ci fa un figurone.

   In tanti pezzi era diviso;
quanti anni ci sono voluti, Dio lo sa,
e quanti soldati sono morti
per riportare questa Italia all’unità.

.....................................................................................
.segue
   Vien fuori un tale adesso, un fanfarone,
che vuol rimettere mano ai confini.
L’Italia nostra, così bella e cara,
vuol trasformare in uno scarponcino.    

 Io vorrei dirti, caro Bossi,
che ciò che tu vuoi fare è una pazzia
e, credi a me, la stai facendo grossa,
non puoi scherzare con storia e geografia.  

 Lo scherzo è bello se rimane scherzo.
Se qui non ci stai bene puoi partire!
Se tu sei uscito fuori di testa,
per noi l’Italia sta bene così!  

   E poi... dimmi tu se ti conviene,
perché facendo come tu proponi,
se noi ci ridurremo a scarponcino,
  voi diventerete una mezza calzetta!

Spigolature
A 'bballe pe' ll'orte

Me l'arisonne spesse e vulintìre
chill'orte a 'bballe pe' 'na custarelle.
Arvède lu cannète, la pischìre
e l'ombra fresche di lu pajarelle.

Sempre mi ci' arivà sunne e pinzìre
a chilu tempe pe' mmé tante bbelle.
À passàte tant'anne e pàr' ajjìre
che täte mi facé' pe' pazziarelle:

nghe 'na fronne di canne, la bbarchette;
nghi nu papàvere, la puparelle;
nghi la jerve d'avène, la fischiette.

Nghi maestrìje, fantasì’ e curtelle,
mi facè’, nghi ‘na canne, la scuppette
e, nghi mezza chicocce, nu bbattelle.

A ‘ndanne, citilelle spinziràte,
di ‘stäte, scazze, gne nu zingarelle,
passave a ’bball’ all’orte li jurnate,
appress’ a täte, gne nu caccinelle.

Faceve, p’ ajjutà, cacche mmassciàte,
po’ m’assittave nghi la mmappatelle:


lu pane nghi nu ccone di frittate,
accumpagnàte nghi ‘na turtarelle.

Chill’orte mo, da che s'è mmorte täte,
sta ‘bbandunate, n’ gi va cchiù nisciune.
E chilu citilelle spinziràte?:

...arcàpe li ricurde a un’ a une,
picchè dentr’ a la mente s’è ‘ndricciàte
gne, ddentr’ all’orte, ruve e strippilùne.

dall'Autore alla Redazione - 4 marzo 2010

Bbill'ucchie

Ma chi tti ni vu' fa' di ddu' smiralde,
pure si fusse di cende caràte!?...
Chiss'ucchia tù' fa rimanè 'ngandàte,
te' nu culore che me fa 'mmattì.

Mi pare' ddu' laghitte di muntagne
che, nghi lu ciele, di culore cagne;
di notte ci s'armìre lune e
štelle
e arlùce quanda tè' la trimarèlle.

Arret' a 'ssi pinnazze lungh' e nnire
ci si legge 'nnucenze e cundintezze,
se ci' avessa spuntà 'na lacrimucce
vimm' a circà nu vasce e 'na carezze.

Fa ca nisciune e niente si pirmette
di 'ndruvutà chiss'acqua crištalline,
fa ca 'n succede ma' che 'na matine,
abbruvugnose, 'n terre adà huardà.
Bbuntà nuštràne
"la vindricìne" - Vasto, 1995

Già tanda ggende se n’è ’nnammuràte,
ma forse fin’a mmo nisciùn’ ancòre
a ’šta bbuntà nuštràne à dedicàte
nu ccone puhusì pe’ je fa’ hunòre.

Nin zi li pò scurdà’ chi l’à ’ssaggiàte,
chilu sapore forte e chilu ’ddòre;
quand’ a lu punte jušte è štaggiunàte,
doppe che mègne ni vulìss’ ancòre.

A ttucculùne o tajjàte a ffèlle,
quand’ a ttàvele arrive ’šta reggine,
tutte je fanne tande di cappelle.

Štingh’ a pparlà, e prešte s’anduvìne,
di chila cosa tônne a pallungélle
e ’mmocche ggià mi sente l’acquolìne.

’Mmezz’a li “sacrifìce” di la vite
n’ gi pozza ma’ mangà la vindricìne!

Traduzione:............................................
Bontà nostrana

Tanta gente se n’è già innamorata,
ma fino ad ora forse nessuno ancora
a questa bontà nostrana ha dedicato
un po’ di poesia per farle onore.

Non lo dimentica, chi l’ha assaggiata,
quel suo forte sapore e quel profumo
e, quando al punto giusto è stagionata,
dopo che ne mangi ne vorresti ancora.

A pezzettoni o tagliata a fette,
quando a tavola arriva questa regina,
le fanno tutti tanto di cappello.

Vi sto parlando, presto si indovina,
di quella cosa tonda a palloncino
e in bocca già mi sento l’acquolina.

Tra tutti i “sacrifici” della vita
non possa mai mancare la ventricina
!

Ottobre 2010 - Il poeta vastese, partecipante, al Convegno dell' A.N.PO.S.DI.
(Associazione Nazionale Poeti e Scrttori Dialettali) tenutosi a Pomezia (Roma)
- un incontro di più giorni tra i poeti dialettali provenienti da tutte le regioni d'Italia, dove,
oltre a conferenze tenute da noti letterati, si è dato ampio spazio ai Recital di tutti i poeti presenti -

ha recitato la sua poesia
"Damme ‘na terre …"

dinanzi ad una platea ultraqualificata. La poesia è stata molto apprezzata ed applaudita. 
Damme ‘na terre …

‘Na ‘ngùštie mi turmente e ni’ mmi lasse,
pe’ ttanda cosa bbrutte che ssuccéde.
Nghi la prihïre cerche a Ddì’ la grazie,
picché a lu pègge nin ci vuje crede:

- Famm’ arvijjà, dumàne, a ‘n’addra terre,
fa’ risanà ‘štu monne a lu cchiù pprešte;
damme ‘na terre nghi ggente sincére
che nin z’adà pintì’ di rèsse unèšte.

- Damme ‘na terre a ndô’ n’ gi šta’ li “furbe”
e ognune arcòje quelle che ssumènde,
a ndônna chi cultìve la speranze
n’à paùre di ‘nganne e ttradimende.

- Damme ‘na terre a ndô’ li frutte nasce
da piante cungimàte nghi ssudòre,
‘na terre nghi rrispette e nghi ggiuštizie,
a ndônna regne: Ggioje, Pace e Amore.

Traduzione:
Dammi una terra...
Un’angoscia mi tormenta e non mi lascia
per tutto ciò che di male succede.
Con la preghiera chiedo a Dio la grazia,
perché al peggio io non voglio credere:

- Fammi svegliare domani in una terra diversa,
guarisci questo mondo al più presto;
dammi una terra con gente sincera
che non deve pentirsi di essere onesta.

- Dammi una terra dove non ci sono i “furbi”
e ognuno raccoglie ciò che semina,
dove chi coltiva la speranza
non deve temere inganni e tradimenti.

- Dammi una terra dove i frutti nascono
da piante concimate col sudore,
una terra con rispetto e con giustizia,
dove regnano: Gioia, Pace e Amore.

Dinanzi… il mare

Seduto su uno scoglio, il sole in faccia,
tra striduli richiami di gabbiani
che intrecciano volute nell’azzurro,
ascolto tonfi cupi di risacca
e fragore di sassi mossi a riva.
Socchiudo gli occhi mentre guardo il sole,
la luce tra le ciglia è una magia…
La mente vaga… e trova una poesia.

Il breve componimento vuole essere quasi un invito all’ascolto dei suoni della natura attraverso la magia della poesia

Ere huajjòne

...E m'arivede come a nu ritratte
e m'aricorde angòre chili 'ddure
che lu vende arrubbave da li fratte:
minducce, finucchie
štre e èddre fiure.

I' m'assittave sopr'a nu scujjette
che
šte' sott'a la cerche, a la frescure,
e sopre pi' li rame nu cillette
cantave fin' a che faceve scure.

Mi manghe mo chila spinziratezze.
Se chiude l'ucchie arvede pi' nu ccone:
'na rasilelle 'mmezz' a la cannizze,

nu punticelle sopr' a lu vallone,
papà che tire l'àsine a capezze
e i' sopr' a lu mma
šte.
...Ere huajjòne.

È sere (È sera)

E... finalmente, s'è rifatte sere.
Menumàle o purtroppe, bbelle o bbrutte,
'n'addra jurnàte passe a lu passate.
M'à divintate care, i' l'aspette
'
štu mumente che a ccone a ccone addorme
quelle che dentre e atturn' a nu' è turmente.
M'à divintate care i' l'aspette
la sere, quande ve' a 'dduggì ogne vvente.
E mi ferme nu ccone a ricapà'
li pinzìre che
šta' 'ndricciàte 'n mente.
Mi mette, a vodde, a cuntimplà lu scure...
Nin vede niente, ma la fantasìje
lìbbere, vole 'n bracce a la poesìje
e, come quande jave 'n bracce a mamme,
mi passe ogne dulore e mi cunzòle.
T'aspette pe' guderte, o cara sere!
Po' mi vaj'a ddurmì, nghe 'na preghière.

Una dedica, a fin di bene, a studenti e studentesse che, prima di
entrare a scuola, si "gustano" la loro "bella e benefica" sigaretta...

Jèrve e fìùre

La vite è nu miràchele cuntìnue.
Huardàte coma nasce jèrve e fiùre!
Nu file verde è ggià 'na vita növe,
nu fiòre è ggià 'na fe
šte di culùre.
Spiranze e amore arve
šte la nature.
È semplice la jèrve e puvurelle,
ma nu prate fiurìte quant'è bbelle!
E ttutti 'nzimbre nu', "jèrive e fiùre",
nen putassàme resse gne nu prate
a ndo' sbocce ggiustizie, pace e amore
e a ndo' si cresce come frate e frate?
Lu
štesse ciele addacque ammonde e a bballe,
lu
štesse vente assùche e ci' accarezze,
lu
štesse sole allùme e ci' ariscalle.
Nin putassàme resse una famìjje
e vive' 'n pace coma piace a Ddìje,
'nzimbre, senza né huerre né paure,
come, 'mmezz'a nu prate, jèrve e fiùre?

L'alme di lu prihadòrie

Di sere, aunìte, coma ere bbelle!
'Nturn' a la tàvele tutt'assittate.
M'arivè 'n mente nonne, puvurelle,
e nu fatte che n'aje ma' scurdàte...

La lambadìne tinè pi' cappelle
nu piatte bianghe di ferre smaldàte
e 'nturne ci girè' 'na ciamarelle
che, a di' la virità, m'avè' scucciàte.

Ma quande vaje ca li vulè' 'ccite,
aj 'arimaste nghi la man' azzàte,
m'à ditte nonne: - ma ti sì' 'mmattìte!

Quesse jè 'n'alme di lu prihadorie!
Tu li vu 'ccite? Brutte scrihanzàte!
Di' 'na' 'récchiem'etèrn' e nin fa storie!

Mo, se vede a vulà 'na ciamarelle,
m' arivè 'n mente nonne, puvurelle.
L'àsine

Lu Patratèrne, pi' si renne conte
di li cose qua 'bballe coma va',
ve' 'n dèrre e ogne une j'aricconte
se tte' cacche prubbleme e coma sta.

L'àsine steve pure esse pronte.
Lu Patratèrne n' gi vulè' parlà,
picchè già 'i puteve legge 'n fronte
cente mutive pi' si lamintà.

L'àsine dice: a me ni' mmi ni 'mporte
s'aje nate pi' sta' sott' a patrone,
se sso' bbrutte e sgraziate e se supporte

la some e li mazzate a lu gruppone.
Però ni' mmi l'adeva fa 'stu torte
di farm' avè' a che ffa' nghi lu "cafone".




La fantasìje

A trattinerle n' gì l'appò nisciune,
ore e mumente si mette 'n prucissione.
Senz' arioplàne e senza milijùne
mi fa viaggià senze che mi n'addone.

Senza valìsce e senza passaporte,
lu monne 'ntìre mi fa 'ccavallà.
Pi' mare, arie e terre esse mi porte,
a ndonna vuje li facce firmà.

Nin tè' prubbleme d'urarie e di spazie,
nghi tutte timbe sèguit' a viaggià.
Senza bbinzìne e senza pahà ddazie,
nin tè' limite di vilucità.

Spesse mi chiame all'ore cchiù 'mpinzàte,
vo' jì' sciananne, n' zi
šta ferme ma'.
A
štarce nzimbre m'aj' abbituàte,
m'arilasse e mi facce traspurtà.

Se m'ariporte a quand'ere bbardasce,
ci vaje senza fàrmel' aripète,
quande però mi vò' 'llungà a la casce,
j'armette sùbbete la marce arrète
.
La fitografìje

Ogne vodde ch’arrépe ‘štu tratòre
sente furte ‘na štrette a chištu core.
Ci štéme tutte a ‘šta fitografìje,
ci šta mamm’e papà nghi déci fìje.
Šta’: Niculìne, ‘Jette, ècchili! vì’?
‘Lise, Marì’, chišt’addre è Mimì.
Gabbrijèle è cuštù che šta ‘ssittàte,
Annìne e Micchilìne …a ‘št’addre late.
Cuštù ‘n goll’a papà, li se’? so’ ji’.
Affianche, ‘n goll’a mmamme, šta Lucì’.
Chištu ritratte fatte a lu ‘cinguande,
è l’ùniche a ndo’ šteme tuttiquande.
Doppe di ‘llore, nghi l’emigrazione,
di šta’ ‘nzimbre n’ c’è štate cchiù ‘ccasione.
Mamme! Papà! soltande annummunanne’
mi ve’ da piagne e mi si chiude ‘n ganne.
Mo che n’ ci štete cchiù, di cchiù s’apprezze
quelle che seti fatte e a quale prezze.
Papà! quanta jurnàte abball’all’orte?
arisajjìve a notte, štracch’a mmorte.
Tu, quanta ni si’ fatte di fatìje
pe’ n’ fa’ mangà nijende a cchišti fije?
Mamme! tu che la sere arimanìve
pe’ piagne, quande tutte già durmìve.
Nghi déci fìje, ma’, coma si fatte
a ppinzà a ttuttiquande e n’ascì matte?
Quanta vodde lu core v’à zumbàte!?
Quanta dulore vu’ sete pruvàte!
?
- Mamme, papà, vi lasse…’ja partì’
‘ch’aécche nin zi trove la fatì’.-
- Madonna me’! pozza jì’ tutte bbone...
Fernà’, ‘nduvà, argiùštime ‘šta cròne! -

L’amore a la famìje e l’oneštà,
quešte è štate pi’ nu’ l’eredità.
Lu bbon’esempie e lu timore di Ddì’,
quešte nu’ sem’avute da spartì’.

dall'Autore alla Redazione - 22 marzo 2010

Fam. D'Annunzio (1950)
segue

seguito - La famiglia di Luigi D'Annunzio (La Muschilélle) al completo, nel 1950. La foto scattata in occasione del 25° di matrimonio di Luigi D'Annunzio e Maria Giuseppina Spadaccini, attorniati da dieci figli, oggi ancora tutti viventi, ringraziando Dio, è l'unica dove la famiglia è al completo.
Nel gennaio 1952 il primogenito Nicola, classe 1929, partiva per l'Australia ed apriva la strada dell'emigrazione ad altri sei membri della famiglia, due fratelli e quattro sorelle, in totale sette su dieci: Nicola, Antonietta, Elisa, Maria, Domenico, Gabriele e Michelina, attualmente tutti residenti a Perth (W. Australia), tutti "cresciuti e moltiplicati" (portare il conto dei loro figli nipoti e pronipoti si fa sempre più difficile). I restanti tre componenti: Anna, Fernando e Lucia, sono rimasti in Italia.


Traduzione:

Ogni volta che apro questo tiretto
sento forte una stretta al cuore.
Ci siamo tutti in questa foto,
ci sono mamma e papa con dieci figli.
C'è Nicola, Antonietta, eccoli! vedi?
Elisa, Maria, quest'altro è Domenico.
Gabriele è questo seduto,
Anna e Michelina sono da quest'altro lato. Questo in braccio a papà, lo sai? sono io. Affianco, in braccio a mamma, c'è Lucia.
Questa fotografìa fatta nel 1950,
è l'unica dove ci siamo tutti.
Dopo di allora, con l'emigrazione,
di stare insieme non c'è stata più occasione. Mamma! Papa! solo nominandovi
mi viene da piangere e mi si chiude la gola.
Ora che non ci siete più di più si apprezza
tutto ciò che avete fatto e a quale prezzo.
Papa! quante giornate giù nell'orto?
tornavi ch'era notte, stanco morto.
Ma quanto lavoro hai fatto
per non far mancare il necessario ai figli? Mamma! tu che la sera rimanevi
per piangere, quando tutti già dormivano.
Con dieci figli, mamma, come hai fatto
ad accudire tutti senza diventare matta?
Quante volte vi è saltato il cuore!?
Quanto dolore avete provato!?
- Mamma... Papà,.., vi lascio... devo partire,
perché qui non trovo lavoro.-
- Madonna mia! fa che vada tutto bene... Fernando, ti prego, riparami questa corona!-
(del rosario).

L'amore per la famiglia e l'onestà,
questa è stata per noi l'eredità.

Il buon esempio e il "timore" di Dio ,
questo noi abbiamo avuto da spartire.
La furtune

Nu ccone ci ni vo' 'n tutte li cose,
ma tu li se' che vvu' da la furtune?
...Chi s'accuntente di 'na bbella spose
e chi vo' 'na vracciàte di migliune.

I' pe' nature so' nu speranzose
e nin chiude la porte a la furtune,
ma preghe sempre Ddì' pe' ogne ccose,
Èsse n'à 'bbandunàte ma' nisciùne.

Tinghe ddu' fije, almene fin' a mmo,
mi danne tanta ggioje e ccacche pene,
un'è Francesche, l'addre è Nicolo.

...'Na moje che 'i vuje tande bbene
e sacce ca pur' esse mi ni vo'.
Nin è furtune '
šta famìja serene?


La gnurandità...
Ma quand' é bbrutte la gnurandità!...
ti chude l'ùcchie, li récchie e la mènde,
e tanda vodde ti fa 'bbruvugnà,
ti fa
šta male ammèzz' all'addra ggènde.

A lu gnurànde 'ì piace a parlà',
e specialmènde nghi ll'èddre
gnurènde,
e pure se li šta
nn' a rifricà,
spesse nin zi n'addone e jé cundènde.

Che cosa bbrutte è la gnurandità!...
pe' chi ci'adà cummatte, specialmènde,
picché o l'adà sèmpre assicundà
o l'adà sbruvugnà ogne mumènde.

Lu gnurànde é une che nin sa.
Chi sa di nin sapà é da cumprènde.
Ma li campiùne di gnurandità
é cchille che nin sa d'èsse gnurènde!
La vite

La vite è 'na muntagne da scalà',
ma la cime n' zi vede a ndonna šta.
Si saje sempre e, quande si' 'mpianàte,
ti truva annende angòre 'na 'ppittàte.

La vite è gne nu viagge a mare aperte,
se tu vu' šta' sicure adà šta' 'llerte,
sempre pronte a la vele e a lu timone,
quand' è bbunazze e quanda è maròne.

La vite è tanta štrade che si 'ntrecce,
nghi tanta bbivie, tutti senza frecce;
ognune pò capà a propie hušte,
difficil' è truvà' la štrada jušte.

Ma n' gi' avèm' avvilì', 'assa fa' 'Ddìje!
Se guide Esse ni' sbajjame vije.
Caminàme aunìte tuttiquante.
L'amore è lu meje carburante.
Lu café

Da li ficcette nu ccone 'ntrapèrte
entre jušte 'na spire di chiarore,
à fatte jurne, i' già štingh'allerte,
t'aja svijjà ma ni' mmi dice core.

Nghi lu café già pronte m'avvicìne
e mi ferme nu ccone a cuntimplà
chissa faccia serene e già 'nduvìne
quant'è bbelle lu sonne che šti ' ffà.

Ti vulesse vascià ma mi trattinghe
pi' paùre di farte jitticà,
pu' nu vascette, piane, ti li dinghe
e, furti furte, mi sent'abbraccià.

Ti si' svijjàte, šti tante cuntente
e arimanème abbracciate, accuscì.
Pure s'è tarde... ni 'ji fa nijente.
...Intante lu café si pò gnilì.



Lu fattappošte
(Lettera ai familiari lontani)

Sempre vintiquattr'ore è 'na jurnàte,
eppure appar' a prime mi parisce
ca mo dure di mene, e nin capisce
chi è ch'è
štate che me l'à 'ssimàte.

Spesse ci penze e mi ci
štubbutisce,
'
štu monne pare ca mo s'è sfuriate,
'na corse chi
šta vite è divintate
che a forze ti
štrascìne e mai finisce.

Li jurne s'accavalle e n' ti n'addune,
la mente corre, corre ma n'arrive
e di cente e cchiù cose n' fi mangh'une.

Dentr' a '
šta cocce e dentr' a chištu core
ci
šta' cose che n' facce 'n tempe a scrive:
l'amore a vu' luntane, frat' e ssore.

Coma vuless' avè nu fattappo
šte
che scrive '
šti pinzìre e pu' li 'mpošte.
Lu 'nzerte

I' vinghe da 'na štirpe che da tante
si 'ndirresse di li cultivaziune
di fiure, frutte e tanta addre piante
e tinghe virdi virde li ditùne.

Mo štingh' a fa' nu sprimente 'mpurtante,
è nu sigrete e ni li sa nisciune,
'ja fa' nu 'nzerte che jè štrabbigliante,
pe' putè cultivà li milijùne.

Štinghe 'nzirtanne ma, singeramente,
ancóra m'aripìje manghe une,
di solde n' zi n'è viš
te pi' nijente.

Eppure in teorìje, se ci'arraggiùne,
è facile!... Ava
šte solamente
'nzirtà li "i" a li piante di milùne.

E pprov' e ariprov' angòr' a 'nzirtà,
ma '
šti càcchie di "i" ni' vvo' puppà.



















Lu pajjàre

Gna li tineve bbelle, arizzilàte,
come ci' avesse da purtà la spose;
li facè' ésse, lu pajjàre, täte
e dentre ci tineve ogne ccose.

Tutte ci steve, 'n gi mangàve niende.
Tutt'affilàte, appis'a nu palette:
la pale, lu zappone e lu bbidende,
la forche, lu ritrànghele e l'accétte.

Ci steve, pe' putà, fruce e rungette,
la côte p'arrutà e la sigarelle;
e, custudìte dentr'a 'na cascette,
pi' li 'nzirte, la pece e lu curtelle;

'na filàre di pîre pi' piantà,
lu 'nnaffiatòre p'addacquà li rôle;
li sumìnde di tutte varietà,
pi' ogne hualità, 'na stagnaròle;

cestre e canistre, tutt'accatastàte;
appìse a 'na curdelle, li sacchette;
la pompe pi' minà l'acqu'arramàte
e, pi' minà lu zolfe, lu suffiette.

Pure l'uje e lu sale ci štatteve,
p'aggiustà la pammadòre a 'nzalàte.
Lu cìcene dill' acque šte', pi' bbeve,
e nu fiasche di vine firmindàte.

...Mo è soltante nu ricorde care,
nu sonne che ogne tante m'arifacce:
Lulù accucciàte sott'a lu gratàre,
l'àsine ch'ammascìche la gramacce.

Annanz'a lu pajjàre arvède angòre
täte assittàte, stracche di fatìje
e, mentre mi si stregne chištu core,
mette li scènnele la nuslalgìje.

Poesia dedicata all'amico pescatore Nicola Arditelli per gli amici Lino e, per i più anziani, lu fije di Camille (classe 1925), e a quelli che dalla pesca traggono sostentamento.


Lu truabbàcche

Cand’é ccuriòs’ e bbèlle lu truabbàcche!
Tra mar’ e ccéle päre šta suspuàse.

‘N’ôpera d’ârte di tréve ‘ndricciéte
turt’ e ddirètte, e di ferrifiléte.
Tréve che da la tèrre va’ ‘lu muäre,
tréve che da lu muäre va’ ‘lu ciéle,
tréve che ss’arimmèire ‘mmèzz’ all’âcche
a ndo’ la ràite šta ‘ spittä’ lu puàsce.
E ‘n gèime šta ‘ spittä’ lu trabbuccânde
nghi la vôliche, prond’ a ssalipä’.

...M’aricorde, cand’ ére scacchjinôtte,
jàv’ a li scùje aunìt’ a li ‘micèzie;
‘i tuffuaväme da ‘n gim’ a li ‘ndànne.
Ci’aripènze... e mi vé’ li trimilèzie.

Traduzione:
Il trabocco

Caratteristico e bello è il trabocco (1)!
Tra mare e cielo pare sospeso.

Un’opera d’arte di travi intrecciate,
storte e diritte, e di fili di ferro.
Travi che da terra si protendono in mare,
travi che dal mare si innalzano verso il cielo,
travi che si specchiano nell’acqua
dove la rete attende il pesce.
E sopra, anche il traboccante
(2) aspetta
con il guadino
(3), pronto a salpare (4).

...Ricordo, quando ero giovincello,
andavo al mare in scogliera con gli amici,
ci tuffavamo dalla cima delle antenne
(5).
Ci ripenso... e sento brividi di paura.

1 “trabocco” (trabbàcche) = sorta di macchina da pesca simile a palafitte, costruita con numerose travi, assi e tronchi in legno; costituito da una piattaforma dove trovano posto: l’argano per ritirare (salpare) la grande rete a bilancia (simile ad una coppa con bordo quadrato) ed un casotto che funge da rimessa per la rete e per i vari attrezzi. (Oggi, sulla piattaforma di alcuni trabocchi, costruiscono dei veri locali con cucina e tavoli, adibiti anche a ristorantini dove è possibile gustare piatti tipici a base di pesce appena pescato). La piattaforma è sostenuta da pali e tronchi piantati su scogli sommersi e affioranti ed è collegata alla riva con una lunga passerella sospesa, costituita generalmente da tronchi e traversine, mentre un robusto filo di ferro funge da passamano.

2 “traboccante” (trabbuccânde) = è chi esercita la pesca con il “trabocco”.
3 “guadino” (vôliche) = retino munito di lunga asta usato per il recupero del pesce dal fondo della rete del trabocco.
4 “salpare” (salipä’) = recuperare – ritirare la rete, in questo caso, azionando l’argano che si trova al centro della piattaforma e dove confluiscono le funi che sostengono la grande “bilancia”.
5 “antenne” (‘ndànne) = formate da lunghe travi che puntano oblique verso l’alto e tenute da un sistema di tiranti di ferro, protese a sostegno della rete tramite corde e carrucole (quando si usavano carrucole rudimentali, capitava spesso che le funi si inceppavano e bisognava percorrere tutta l’antenna, a mo’ di equilibrista, per liberarla, per fortuna sotto c’era l’acqua).
Lu teštamende di täte

Lu jurne che m'arrive la chiamate
ch'aja jì' 'ffa' la terre pi' li cice,
vulesse che nijende va spricàte
di chišta vite e di 'šti sacrifice.

E ni' vi lamindàte fija mi'
se quelle che vi lasse è poche o niende,
la rrobbe e li quatrine da spartì'
à rruvinate già naquella ggende.

Circàte d'esse' ricche di judizie,
purtàte lu rispette a tuttiquende,
lu monne te' bbisogne di giuštizie '
'ca nghi li 'mbruje nin zi po' jì' 'nnende.

N'ammidìjàte chi magne e nin fatìje,
'mbaràtiv' a ssuffrì pe' šta' cuntende,
lu bbon'esempie dàtij' a li fìje
picchè 'n zi méte se nin zi sumende.








Madre mia - Donna mia

...E voglio dirti grazie,
oggi,
dopo aver pianto perché non ti ho più.
Quel grazie voglio dirti
che, tenero bambino,
dirti non ho potuto
e, adulto poi,
forse non ho saputo.
Grazie perché
ancor prima che io fossi
già mi volevi bene,
perché mentr’io nascevo
tu non hai permesso
che la tua gioia soccombesse al dolore.
Grazie
per le tue morbide carezze
e per il seno a cui tu mi stringevi,
per la dolcezza delle ninna-nanne
che sento ancora e non ricordo più.
Ma ricordo la strada,
quella che mi indicasti così bene,
che, più volte smarrito, ho ritrovato.

Grazie a te donna che or mi stai vicino,
madre dei figli che l’amor ci ha dato,
figli che un giorno ti saranno grati;
oggi, per loro, ti ringrazio io.

Lu Zucàre
2a classificata al 29° Concorso naz. di poesia dialettale
"Modesto Della Porta", a Guardiagrele, il 12/8/2016,
sul tema ""Arti e mestieri d'Abruzzo..."
A vvidè chila rote che ggiràve
mi piacéve naquélle da huajjòne,
pe’ ore e ore a vvodde mi firmàve,
mi mittév’ a študià chila funzione.

A vvodde lu zucàre m’accinnàve,
m’ ammitàv’ a ggirà chilu rutòne,
mentre la cànape s’abbirritàve,
scurrènne tra la mane e lu ditòne.

Trumìnde che la zoche s’allungàve,
a mmarce’arréte jave lu zucàre
e ji’, intànde, giràve e huardàve...

Mo ch’aripènze a chilu tèmpe care
e a chili jurne che se ne vulàve,
vulésse caminà gné lu zucàre...

arijì ‘rréte e ardivindà huajjòne,
...ma nin zi vo’ firmà chištu “rutòne”.

Il Funaio
Traduzione dal dialetto abruzzese:

Guardare quella ruota che girava
mi piaceva molto da ragazzino
,
per ore ed ore a volte mi fermavo
,
mi mettevo a studiare quel procedimento
.

A volte il funaio mi faceva un cenno
,
mi invitava a girare quel ruotone
,
mentre la canapa si attorcigliava
,
scorrendogli tra la mano e il pollice
.

Intanto che la corda si allungava
,
il funaio camminava all’indietro
,
io nel frattempo giravo e guardavo
...

Ora che ripenso a quel tempo a me caro
,
e a quei giorni che volavano via
...
vorrei tanto camminare come il funaio
...

andare indietro e tornare ragazzino
,
ma questo
ruotonenon vuole fermarsi.
‘Na matèine, a la Marèine

Si tt’avess’ azzà prešte ‘na matèine
e vvide ca jé bbelle la jurnäte,
à da calä’ abbass’ a la marèine
e tt’ à da fä’ ‘na bbella passiggiäte.

A ppita schèzze e cazzun’ accurciéte,
riva rèive ti fï ‘na caminéte.
Šta ‘n’arie ch’arimette la salìute
e l’âcche che ti vé’ ‘ lliccà li pìte.
Scogne di zzirezzèire, grangitille…
Lu suàule che ti fä li spicchjitille.

Cand’ accusciuè cumuenze ‘na jurnäte,
è ttutte ‘n’addra chéuse, crid’ a mma,
ti sinde d’alme e ccurie ardicrijäte,
lu muànn’ jé cchiù bbelle ‘ndurn’ a tta.














Traduzione:.
Una mattina, a Vasto Marina

Se capita di alzarti presto una mattina
e vedi che è bella la giornata,
devi scendere giù alla “Marina”
e fare una bella passeggiata.

A piedi scalzi e pantaloni risvolti,
lungo la riva devi incamminarti.
C’è un’aria che fa bene alla salute
e l’acqua che viene a leccarti i piedi.
Valve di telline, piccoli granchi...
Il sole che fa “specchietti” sull’acqua.

Quando così comincia una giornata,
è tutto un’altra cosa, credi a me,
ti senti in spirito e corpo rinfrancato,
il mondo è più bello intorno a te.
Nghi li dinde o senza dinde...

Li dinde, chili ddu' che m'è rima
šte,
n'acciacche cchiù e nin trite, n'è cchiù bbune.
Lu dindiste, p'ariparà 'štu huaste,
m'à ditte ca ci vo' sette migliùne.

A vvocch' aperte i' ci'aj'arimašte!
Coma 'ja fa' a chišti cundiziùne?
Li sodde che pisséde ni' mm'avašte
e se le spènne, pu' 'ja šta' a ddijùne.

Vi' lu distine che m'à cumbinàte?
Tra lu pane e li dinde aja dicìde.
E ddoppe che li sodde aje cacciàte,

nghi li dinde arimisse chi ci trite?
Sci, mi ci pozze fa' cacche risàte...
però nin crede ca mi ve' da ride.
Quande m'arifacce piccininne

Quande i' m'arifacce piccininne,
( li cultìve 'n zigréte '
šta spiranze)
ni' mmi mittete furie ch'aja cresce,
mi li vuje gudé' la citilanze.

Quande i' m'arifacce piccininne
vuj'arijì' di case a cchila vìje,
a cchila case che m'arivè 'n sonne
piene di luce e piene d'allegrìje.

Vuje ca täte nin fatìje troppe,
qunde i' m'arifacce citilucce,
pe' farm' ariccuntà li štorie antiche
e farme purtà ancore a ccavallucce.

Quande i' m'arifacce piccininne
vuj'arifà "sitacce" nghi nnonnò,
vuje fa' tanta tanta capilotte
e, all'altalene, arifà ndindalò.

Quande i' m'arifacce piccininne
vuje šta' tanta tempe 'n goll' a mamme
p' arisintì a la facce e a li capille
li vasce e li carezze a mmill'a mmille.

Quande i' m'arifacce piccininne
vuj' arimanè' sempre piccininne
.










Ricurde... la casa a Santa Lucia

'Mmèžž' a li sunne e dendr' a li pinžïre
che m'aripôrt' a lu tèmbe passäte,
ci štä ricurde di ggiôje e ddilïure.
Ci štä la cäse a'ndônn' haje näte,

sopr' a la cchjìse di Sanda Luciuèje,
ére la prupjitä di D'Avalôs,
ci štàive lu curtèile a'ndonna jèje,
da huajjiône jucuéve a ppèzz' e ôsse.

Jurne sènza pinzïre... timba bbille...
l'ucchie e la mende apprèss'a nu ndrahàune.
<Scappäme 'ca mo vé lu Mutarille!> ...
Tutt' annascušte arrét' a lu purtàune.


Erav
äme 'na morre di huajjùne:
fréte, cuggèine e vicini di c
äse,
purtav
äme li pèzze a li cazzìune
ma 'n bâcce tinav
äme lu surruèse.

Pass
äve Do' Rromé', bbon'alma sânde,
nü' 'j'asciav
äme 'nnende a lu cangelle,
'i d
äve pi' rihäle a ttuttiquènde
li cumbattucce nghi ddéndre la cannèlle.

A chili timbe ci'ave
štéve péuche
pe' vvèive e pe' fa' bbèlle la jurn
äte,
jucuav
äme a nucce di prichéuche...
La bbinnènze
štatté' di li mazzäte!

Ci
štäve la timènze e lu ruspètte,
l'anziéne si chiam
äve "signurè";
a mmamm' e t
äte e a nnonnò Sabbètte,
a lu cummânne, arispunné' '"gnor'scè"!
Scurrenne

Acqua jìlàte, neve che si squaje
s'abbije da 'na cime di mundagne,
pulìte e bbelle va verse la valle,
è pure gne crištalle, si po' bbeve,
scorre chiacchiarijanne 'ntra li prete,
va sgrizzanne tra fiure e jìrvitelle,
zombe da 'na cascate a nu laghette.
Po' cumenz' a scavà 'mmezz' a la terre,
a poch' a poche si va 'ndruvutanne.
'Na ranucchielle si fa 'na nutàte,
'na pichirucce si fa 'na bbevùte,
nu citilelle ci fa 'na pisciàte.
Ma, mentre cale verse la pianure,
ajjie!.. Si 'ncontre nghi la fognature.
Scurrenne, mo, passe pi' li città,
s'è 'ngrussàte, s'è fatte cchiù 'mpurtante.
Mo te' nu nome, è divintate fiume,
mo se la crede e seguit' a ji' avante.
Scurrenne si ni va verse lu mare,
a ndonne tutte l'acque s'ammištìche,
a ndo' tutte li fiume va' 'mmurì,
nin conte cchiù s'è grosse e s'è 'mpurtante.
Vuless' arijì' 'rrete chilu fiume,
ardivintà ruscelle e dope neve,
ma tutte sa' ca da che monn' è monne
a capammonde l'acque n' gi'arivà.
Nin è ' šta vite, forse, come l'acque?
Scorre, zumpette e cante lu ruscelle;
lu fiume, piane, scorre pi' la valle;
nin sa pe' ndo' li porte lu dištine
e spere, doppe tutte lu cammine,
di jì' 'ffinì 'mmezz' a nu mare bbelle.
"Sitacce... sitacce"
(A mio figlio Nicolo)


Mo nin ci juche nghi papà gne prime.
Mo ni' mi zumbi 'n golle, mo necchiù.
Tu sì' crisciùte e i' mi facce vicchie,
la zulle mo nghi mme ni' li fi cchiù.

Quanda ti vede a vinì 'ncontr' a mme,
senza vulerle, allongh' a te li vracce
gne quande tu currìve surridente
e nghi nu vole mi zumbìve 'n bracce.

E ti rideve l'ucchie e m' abbraccìve
e di vascitte m' arimbjì' la facce.
Che cundintezze 'n golle mi mittìve!
M'accibbìve di te e di chil' abbracce.

M'arivè 'n mente mo chilu juchette
che faciavàme... mo ti l'arifacce!?
'Ccavall' a li hinucchie ti mittève,
gna ti piaceve allore a fa' "sitacce"!

...Sitacce... sitacce...

Vu' m'avéta scusà...

Li sente 'šta passione, è gne nu vizie,
mi mette 'n golle come 'na vulìje
e spesse mi li leve chištu sfizie
e scrive pi' cumbonne 'na poesìje:

nu ricorde, 'na štorie d'amicizie,
muminde di trištezze o d'allegrìje,
li cose che 'štu core mi delizie,
lu bbene a li pirzone care e a Ddìje.

Vu' m'avéta scusà se mmi pirmette
d'arrubbà cacche rrime a li puhéte
pe' scrive quattri virse o nu sunette.

Tutte quelle che scrive e vu' liggéte
aesce da pi' ssotte a 'šta giacchette,
da chištu core mezz' analfabbéte.







14 Frubbuàre (Sande Valendìne)
14 Frubbuàre
Ugge é la fešte di Sande Valendìne
sonetto scritto nel 1991

Ti vuje bbéne!... nu bbéne sincére,
e mo te l’aripéte ‘štamatìne,
picché li sacce ca ti fa piacére...
Ugge é la fešte di San Valendìne.

Di te so’ nnammuràte e jé lluvére,
so’ ccundènde e aringrazie lu dištìne,
picché, come ddu’ fiure a primavére,
j’aritruvuàme a lu štesse ciardìne.

Ti li vulésse dice, ore e mmumènde:
“ti vuje bbéne tande, tande, tande”,
pe’ nin fa’ maj’ štutuà ‘štu sendimènde.

‘Št’amore, chišta bbèlla fiamme ardènde,
li vuje tiné vive e scindillande,
perciò l’hai’ attizzà cuntinuamènde.

Oggi 14 Febbraio... San Valentino
Traduzione dal dialetto abruzzese:
Ti voglio tanto bene
(tutti i giorni...)


Si, ci vogliamo bene, è vero!
Mi fa piacere farvelo sapere.
Io voglio bene a lei e lei a me,
un bene senza sdolcinatezze, sincero.

-Ti voglio tanto bene amore mio!-
ce lo diciamo, forse, ogni sera,
ringraziamo Dio con una preghiera
e accettiamo la vita come viene.

Succede a volte, per una sciocchezza,
perché non ci sono rose senza spine,
una lite, e... zitta tu e zitto io.

La sera ci addormentiamo, schiena contro schiena, aspettando una mossa per capire,
fino a quando non si fa mattino.

Poi la mattina arriva... sia benedetta!,
e ci trova abbracciati stretti stretti.


Fernando D'Annunzio, febbraio 2016

Carnevale
Carnevale

Carnevale ecco viene,
di pensieri non ne tiene,
viene e porta l’allegria
dappertutto, in ogni via;
coi coriandoli e le stelle,
con le maschere più belle:
Colombina ed Arlecchino,
Pulcinella e Meneghino;
poi Gianduia e Pantalone,
Stenterello e Balanzone.
E la gente sembra matta,
chi si trucca e chi s’imbratta
e per piani, monti e valli,
tutti in festa: canti e balli!





dall'Autore alla Redazione - 11 febbraio 2011 - piccola
poesia scritta per i bambini delle scuole primarie

Lu Carnivàle di li Uaštarùle

Lu Carnivàle di li Uaštarùle
è pranze, cene e ddugge prilibbàte,
sopr’a la tàvele li gravijùle
e nu taralle di ciciricchiàte.

Di tanda cosa bbille c’é rimašte
la bbona usanze di lu magnatòrie.
E di li tradiziune di Lu Uašte,
šta risištènne, fin’ a mmo, “La Štorie”.

Scumparse “Bballe mute” e “Cucciulùne”,
si vešte’ da “misùre” li bbardèsce,
s’abballe solamènde a li vijjùne,
li carre mascheràte cchiù n’aèsce.

Com’ à cagnàte e šta cagnànne angòre
lu sane gušte di divirtimènde.
Cchiù jam’ annènde e sempre cchiù si mòre
la ggioie di šta ‘mmežž’ all’addra ggènde.

dall'Autore alla Redazione - Carnevale 2011 - 26 febb. 2011

febbraio 2016
 
Maštre Èzie!”
poesia dedicata ad Ezio Pepe
 

8 marzo: Giornata internazionale della Donna
dall'Autore alla Redazione - giornata della donna, 8 marzo 2018

19 Marzo: San Giuseppe e Festa del papà
Che gioia papà!

Che gioia papà
quando al mattino
so che sei tu che mi accompagni a scuola.
Che gioia papà
quando metti da parte un po’ di tempo
e ritorni bambino per giocare con me.
Che gioia papà
quando torni la sera dal lavoro
ed io ti corro incontro e poi ti abbraccio.
Che gioia papà
quando sento il mio cuore battere vicino al tuo,
sembra dirti:
ti voglio bene...
ti voglio bene...
ti voglio bene...

dall'Autore alla Redazione - 11 febbraio 2011 - piccola
poesia scritta per i bambini delle scuole primarie


Feste Pasquali
Passione di Nostro Signore in dialetto vastese
Video pubblicato il 3 aprile 2020, in You Tube
dall'Autore alla Redazione - 1 aprile 2010 - piccola poesia di Pasqua
scritta per i bambini delle scuole primarie
 
Lunedì di Pasqua (Pasquetta) a Vasto: "Lu Pasquone"
poesia pubblicata, per la prima volta, su Vasto Notizie nell’aprile del 1991
Poesia in versione uaštaròle, dialetto ripulito (moderno vastese/abruzzese) parlato dalle nuove generazioni:
È nu Pasquone, a’uanne, propie bbelle!
Mi li vuje gudè’ chišta jurnàte.
 …Màchine, tavilìne, siggilelle…
La ggende, soccia-socce… spalijàte.
Šta chi cummatte nghi la furnacelle,
chi šta ‘n mezz’a la jerive, allungàte,
ddu’ femmene che va’ pi’ cicurelle
e ‘na cuppiette che già s’è ‘nfrattàte.
Sciujje mandricchie e scupirchie tijelle!
…Sagne, pillèštre, rrobbe a vulundà!
Pulpe, secce aripîne, frittatelle…
…Lu vine, a damiggiàne e ‘mbajatelle.
Li “pupe” e li “cavelle” ‘n po’ mangà.
Sole si huerde ti pu’ sazìja!
- Trumminde che si fa’ li carivùne,
acchiappe ‘ssa chitarre, Raffajè!
Facèmece nu pare di canzune.
Attacche!: “Uašt’è bbelle” e “Marijè”.
- Favurite!... ci šta’ li cannillùne.
L’êta pruvà!... li fa la moja me’;
bbune accuscì ni li sa fa’ nisciùne,
è rrobbe che po’ ji ‘nnanz’a lu rrè.
- Cumbà!... šta li scarciòfine aripîne,
sett’otte ti li vuje fa ‘ssaggià!
Ma prime dimme: coma jé’ štu vine? 
- L’agnell’è pronde! Si po ggià caccià! 
- Ma mo nin vu’ pruvà šta vindricìne?  
- Nin ci fa cerimonie, uè, cumba!...
 - I’ v’aringrazie, ci’aripasse doppe…
(Ah… ‘ssame jì’, avessa fa’ ca šcoppe).
Quest’anno è una Pasquetta bellissima!
Voglio godermela questa giornata.

...Auto, tavoli, sedioline...
La gente è sparsa
... dovunque.
C’e chi si dedica alla grigliata
,
chi sta sul prato
, sdraiato,
due donne cercano cicoria selvatica
e una coppietta che si è già appartata
.
Si tirano fuori e si scoprono i tegami
!
...Lasagne
, polli, roba a volontà!
Polpi
, seppie ripiene, frittate...
...Il vino, a damigiane e fiaschi.
Pupe e cavalli non mancano certo
.
Solamente guardando
, puoi già saziarti!
- Mentre si ravviva la brace,
prendi la chitarra
, Raffaele!
Intoniamo un paio di canti
:
Uašte bbelle” e poiMarijé”.
- Favorite!... ci sono i cannelloni.
Provateli
, li fa mia moglie;
buoni così non sa farli nessuno
,
è roba che può andare dinanzi al re.

- Compare!... ci sono i carciofi ripieni,
voglio fartene assaggiare sette
/otto!
Assaggia il vino e dimmi se ti piace
!
- L’agnello è pronto! Si può già servire!
- Ma prima c’è un po’ di ventricina...
- Non fare cerimonie, su, compare!..
- Io vi ringrazio, ...ripasso più tardi...
(Meglio andare perchè tra poco scoppio.)


Festa dei Nonni: 2 ottobre
Nonnò Sabbètte
(Nonna Elisabetta)
dedicata alla sua nonna materna
(dall'Autore alla Redazione, 2 ottobre 2013)


Nonnò Sabbètte... ‘ccuscì mi l’aricòrde:
li mane ‘n zéne, a ddice lu rusàrie;
‘na cròne fatte di nucce di lìve,
fruvàte pe’ li troppe ‘Vemmarìje.

“ ’Nnòmine Patre, Fìjje e Spirdi Sande...”
‘ccuscì accumunzàve ogne jurnàte,
a vvodde nghi lu pane, a vvodde sènze,
e ogne ssére aringraziave ‘Ddìje.

Ere bbardasce quande nonne è mmorte,
ma è ‘ngòre dogge e care lu ricorde
di quand’ aripassàve da la scòle
e mi firmàve sempre a salutarle.
- Aspitte, - mi dicéve, - n’ di ni jì’,
‘ca mo nonnò ti da ‘na bbella cose... -
jav’ a rimuscignà’ dentr’ a la casce
e quase sempre truvàve pe’ mme:
mènnele, nùce e cacche carascìne.
Pu’ mi dave nu vasce nghi lu scrocche
e mi dicéve: - va, cìtili mé’,
la Madonne ti pozz’ accumbagnà! -
E... ‘naddra cose mi dicéve sempre,
m’è riminùte ‘n mente ‘štamatìne,
‘na frase antìche, ’n’augurie sincére:
- Che pozz’ avé’ lu bbene, a trajìne! -

“Nonnò Sabbètta me’, bbon’alma sande,
rechiemetèrne ‘n paradìse a tté!”

Traduzione:.
Nonna Elisabetta... così me la ricordo:
le mani in grembo, a recitar rosari;
una corona di noccioli di olive,
consumata per le troppe Avemarie.

“Nel nome del Padre, Figlio e Spirito Santo...”
così cominciava ogni giornata,
a volte con il pane, a volte senza,
e ogni sera ringraziava Dio.

Ero bambino quando nonna è morta,
ma è ancora dolce e caro il ricordo
di quando ripassavo dalla scuola
e mi fermavo sempre a salutarla.
- Aspetta -, mi diceva, - non andare,
che la nonna ti da una bella cosa... -
rovistava dentro la cassapanca
e quasi sempre trovava per me:
mandorle, noci e qualche fico secco.
Poi mi dava un bacio con lo schiocco
e mi diceva: - va piccolo mio,
la Madonna ti possa accompagnare! -
E... un’altra cosa mi diceva sempre,
mi è tornata alla mente stamattina,
una frase antica, un augurio sincero:
- Possa tu ricevere (carri pieni di bene)! -

“Nonna Elisabetta, buonanima santa,
a te il riposo eterno in paradiso!”

Feste natalizie, fine e principio d'anno
Magica notte

Magica notte... Tra le stelle in cielo
è apparsa sfolgorante una cometa.
D’incanto e luce si distende un velo
e un coro d’angeli ogni cuore allieta.

Magica notte... In terra si diffonde
un lieto annuncio d’angeli ai pastori
che in ogni uomo la speranza infonde
e pace e amore dona a tutti i cuori:

- E’ nato un bimbo, è nato il Messia,
per noi è nato Gesù il Salvatore.
Povero, dalla Vergine Maria,
oggi è nato l’Eletto del Signore. -

 

Cantano gli angeli: - Sia gloria a Dio
e pace agli uomini di tutto il mondo! -
Canta Maria: - Dolce amor mio... -
mentre accarezza il bel capo biondo.
(Natale 2011)

Il covid alla maniera nostra
Ji, Ji, Ji ... Io, Io, Io ...
«Ji so' lu cchiù 'mburtande presidènde
e nen tinghe paùre di nisciùne;
cummanne la nazzione cchiù putènde,
ch'è jùt' a la conquište dela lune!»

«Ji so' ccullù cchiù rricche de la tèrre
e mi pozz' accattà lu monne 'ndìre;
a mme' nisciùne mi pò fa' la huèrre,
n' gi šta nijènde che mi da pinzìre!»

«Ji me ne fréche di tutte la ggènde,
štinghe bbone, nen tinghe mmalatì';
magn' e bbéve e ne' mi manghe niènde
e chille che m'ammidie po' muri!»

«Invéce ji è come se n' gi štésse,
so' nu virùs e nemmanghe mi vide;
sènza bbisogne da circà pirmésse,
déntr' a lu fiate me 'nzacche e t'accide;

né huarde 'n bacce propie a nnisciùne,
tutte lu monne pozze cuntaggià:
ricche, putinde, vicchiarille e ggiùvene...
Li scinziàte mi šta 'ngòr 'a študia!»

Chi sa se 'šta lezzione po' sirvì,
specialmente a chi angòre se la crede
e va 'nnènde nghi chilu "ji, ji, ji",
senza n'ogne di carità e di fede.

«Io sono il più importante presidente
e non ho paura di nessuno;
comando la nazione più potente,
che è andata alla conquista della luna!.»

«Io sono colui più ricco della terra
e posso comprarmi il mondo intero;
a me nessuno può fare guerra,
non c'è nulla che può darmi pensiero!»

«Io me ne infischio di tutta la gente,
sto bene, non ho alcuna malattia;
mangio e bevo e non mi manca nulla
e quelli che mi invidiano possono anche morire!»

«Invece io è come se non ci fossi,
sono un virus e neppure mi vedi;
senza bisogno di chiedere permesso,
dentro il fiato m'insinuo e ti uccido;

non guardo in faccia proprio nessuno,
tutto il mondo fosso contagiare:
ricchi, potenti, vecchi e giovani...
Gli scienziati mi stanno ancora studiando!»

Chi sa se questa lezione può servire,
specialmente a chi ancora se la crede
e continua con quell' "io, io, io",
senza un minimo di carità e di fede.