Per non dimenticare
Mattermark - Svizzera - la sciagura del 30 agosto 1965
La gigantesca valanga, il ricordo ancora brucia
 
La cronaca: Una valanga.
Alle 16.35 di lunedì 30 agosto 1965 una gigantesca valanga di ghiaccio investì, nell'alta valle del
Saas Fee, in Svizzera, un cantiere idroelettrico per la costruzione di una diga a Mattmark a
2120 metri di altezza.
Il bilancio fu terribile:
cento morti
59 italiani, 27 svizzeri, e i rimanenti spagnoli, jugoslavi, tedeschi.
Il ghiacciaio dell'Allalin domina la vallata di Saas. La sua "coda" si schiantò sul fronte di un chilometro e distrusse, seppellendole sotto una coltre di venti metri di neve e di detriti, le
baracche con i dormitori, il refettorio e gli uffici della direzione del cantiere. Un milione di
tonnellate di ghiaccio e di roccia, e un boato terribile.
Il Vallese è per gran parte dell'anno una vallata soleggiata a vocazione eminentemente turistica
- ha ben 120 destinazioni invernali ed estive. Forti introiti vengono anche dallo sfruttamento
delle immense risorse idriche.
Nel Vallese si concentrano i due terzi dei ghiacciai presenti in Svizzera, compreso il più grande d'Europa, l'Aletsch, che fa parte del Patrimonio mondiale dell'UNESCO.
"Secondo alcune stime - scrive Giovanni Longu da Berna sul portale Calabresi.net - tra il 1947
e il 1970 giunsero in Svizzera complessivamente più di due milioni e mezzo di lavoratori
stranieri per lo più come stagionali. Gli italiani costituivano la forza lavoro straniera più
importante. Erano da due fino a cinque mila gli stagionali che ogni giorno nei mesi primaverili tornavano, soprattutto nei cantieri, per riprendere il lavoro interrotto nei tre mesi invernali. Tornavano, secondo una simpatica immagine usata in un servizio della televisione svizzera
del 1960, "come le rondini a primavera...", non senza aver prima subito un accurato controllo sanitario a Chiasso o a Briga.
Oltre agli stagionali uomini destinati soprattutto ai cantieri, c'erano anche numerose donne
che molti svizzeri chiamavano le «rondinelle»". Prosegue Longu: "Non erano sempre gli stessi.
Dopo molte stagioni alcuni ottenevano un permesso di dimora annuale. Altri decidevano di
non tornare più. Altri mettevano radici stabili in questo Paese, prendendo magari la
cittadinanza svizzera. Altri ancora non potevano più tornare perché durante la loro ultima
stagione avevano perso la vita sul lavoro.
GFAG - News ITALIA PRESS
stralcio da articolo apparso su "Vasto domani", giornale degli abruzzesi nel mondo - n. 9 set. 2008