Notizie |
I Pastori, La Transumanza e l'Abruzzo |
La Tranzumànze (La Transumanza) Poesia in dialetto teramano con relativa traduzione - pubblicata in data 11 gennaio 2021 in You Tube - Testo e voce di Gabriele Ruggieri - Musica originale di Biagio Di Carlo |
Canto popolare d'Abruzzo |
La Partenza dei Pastori |
(tradizionale stornello di Scanno) |
La
neve a' ricoperte li muntagne la Puglia mi richiama e tu non viene Domani io me ne parte e voi restate per compagnia il tuo cuor mi porto Quanno so' arrivato a quelle porte leggo il tuo bel nome e mi conforte Mi porto caramaro, carte e penne mi porto il tuo buon cuor e mi conforte |
I
pastori ** Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori lascian gli stazzi e vanno verso il mare: scendono all'Adriatico selvaggio che verde è come i pascoli dei monti. Han bevuto profondamente ai fonti alpestri, che sapor d'acqua natìa rimanga ne' cuori esuli a conforto, che lungo illuda la lor sete in via. Rinnovato hanno verga d'avellano. E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente, su le vestigia degli antichi padri. O voce di colui che primamente conosce il tremolar della marina! Ora lunghesso il litoral cammina la greggia. Senza mutamento è l'aria. Il sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria. Isciacquìo, calpestìo, dolci romori. Ah perché non son io co' miei pastori? |
**Metro:
strofe di cinque endecasillabi, variamente rimati. E un sogno di pace, ritrovata nella memoria della terra natale, si sprigiona da "I Pastori" una delle poesie più suggestive del poema dannunziano Alcyone. L'Alcyone (completato dal Dannunzio fra il 1903 e 1904) è universalmente riconosciuto come: il capolavoro delle "Laudi del cielo, del mare, della terra, degli eroi" e della lirica dannunziana. |
Vedere
la Vita, le Opere, gli Amori e Passioni e i Motti di Gabriele D'Annunzio |
Poesia: I pastori di Gabriele d'Annunzio - voce di Pietro Anca Miller |
Video pubblicato in data 17 settembre 2016 in You Tube |
In settembre, in Abruzzo, i pastori scendono dai monti per portare le greggi a svernare nella pianura pugliese. Il poeta, lontano dalla sua terra, li vede con gli occhi dell'anima e sente forte il desiderio di stare con loro. (Alcione, Einaudi, a cura di P. Gibellini). La lirica fa parte dell’ultima sezione di Alcyone, intitolata Sogni di terre lontane. Alcyone è il terzo libro delle Laudi di Gabriele D’Annunzio, pubblicato per la prima volta nel 1903. |
Gabriele
D'Annunzio Scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico, giornalista e, soprattutto, un patriota, simbolo del Decadentismo italiano, del quale fu il più illustre rappresentante assieme a Giovanni Pascoli, eroe di guerra, soprannominato il Vate cioè "il profeta" (Pescara, 12/03/1863 - Gardone Riviera, 01/03/1938) |
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"La Transumanza" - Vasto Marina (primi del Novecento) |
Transumanza: storia di vita vissuta Sabatino Izzotti, da San Salvo, ultimo erede della transumanza, racconta la sua vita da pastore fino a 15 anni fa |
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Un
pastore che per tanti anni ha percorso le vie della transumanza, ce
lo immaginiamo dietro il gregge con un bastone in mano, la faccia segnata
e rugosa come il tronco di un albero, la barba
ispida e la schiena incurvata. Sabatino Izzotti, proviene da generazioni di pastori, ma non ha i tratti somatici del pastore. Settantacinque anni ben portati, viso liscio e luminoso, pochi capelli leggermente brizzolati, fisico atletico e possente. Per mantenersi in forma, la mattina si reca alla pista di atletica ”Mennea” di San Salvo dove con passo spedito inanella una serie di giri. Ed ecco un squarcio della sua vita. Sabatino inizia a frequentare la scuola popolare a Macchia d’Arborea (frazione di Valle Castellana Te), borgo sperduto a 771 metri di altitudine. Dopo tanti sacrifici riesce a conseguire la licenza di scuola primaria. Il papà e i suoi due fratelli sono proprietari di circa 500 pecore. Sabatino a 10 anni inizia a collaborare. A 14 anni la sua prima transumanza verso la Puglia attraverso le vie polverose dei tratturi. La transumanza iniziava tra la fine di settembre e la metà di ottobre con la partenza da Sant’Eufemia di Maiella, a piedi , sotto la pioggia dirompente e il vento freddo. Spesso, per bere, deve ricorrere all’acqua delle pozzanghere. Dorme all’addiaccio su pagliericci improvvisati. Unico pasto giornaliero: la pasta condita con poche gocce di olio e un po’ di siero. Per mangiare un po’ di carne d’agnello o di formaggio deve aspettare le ricorrenze religiose del Natale e della Pasqua. La sera deve mungere e confezionare il formaggio. Si sveglia alle prime luci del mattino per proseguire il cammino. Una sera, prima di coricarsi, il padre e i suoi due fratelli prendono la decisione di aumentare i loro capi di bestiame. La mattina seguente, Sabatino, approfitta che a Foggia si svolge la fiera del bestiame, monta sul cavallo e parte a galoppo. Acquista 150 pecore. Mentre il gregge continua a pascolare sul pianoro del monte Sorbo di Gissi, Sabatino vede che alcune pecore fanno fatica a stare in piedi ed hanno contratto un virus che ha intaccato loro la vista. Sabatino piange per la rabbia. Affida la custodia delle pecore, salta in groppa al cavallo e va a San Salvo in cerca di una farmacia. In poco tempo giunge alla farmacia “Di Croce”, che gli fornisce una bella “cura” per le bestie ammalate. Gli animali in una ventina di giorni tornano a brucare l’erba, perfettamente guariti. Ogni volta che la carovana attraversa il tratturo presso la marina di San Salvo, può riabbracciare suo zio Felice persona generosissima, a cui è molto legato. Zio Felice non si presentava mai senza niente, infatti portava polli, vino, pasta, riso, zucchero, olio e sale. Insomma non faceva mancare niente alla parentela. Sabatino a sua volta non faceva mai andare lo zio a mani vuote, pertanto gli faceva riportare a casa agnelli, pezzi di formaggi e ricotte. Sabatino, a 17 anni si innamora di Rosa, una bellissima ragazza del suo paese. Vuole parlare ai suoi genitori e dopo un mese ottiene una risposta positiva per il matrimonio che viene celebrato a Valle Castellana il 24 agosto 1963. Rosa dona a Sabatino uno dopo l’altro tre figli. Nel 1969 va ad abitare a San Salvo Marina. Dopo qualche anno si trasferisce nel territorio di Mafalda dove continua ad accudire il gregge. All’improvviso abbandona ogni cosa e parte per la Svizzera alla ricerca di offerte di lavoro. Fa il manovale per sette mesi. Purtroppo il richiamo del gregge, dell’ovile, dei pascoli e dei cani è più forte di lui. Torna a fare il pastore con il ricco possidente D’Ugo. Nel 1997, Sabatino, dopo una vita di duri sacrifici, abbandona definitivamente il gregge e i suoi cani fedeli. Giunge il momento del riposo. Abita in una splendida casa in mezzo al verde vicina al “Vecchio Casale - San Savo” da dove si vedono il mare e le montagne. Ora seduto davanti al caminetto, può ricordare quando percorreva gli antichi e amati tratturi. stralcio
da art., a firma Michele Molino, apparso sul blog
"www.noivastesi.blogspot.com" - 13 gen. 2014 |
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In
margine ad un recente convegno dell'Università d'Annunzio e del
Club Unesco di Vasto Transumanza e tratturi |
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"E
vanno pel tratturo antico al piano quasi per un
erbal fiume silente su le vestigia degli antichi padri..." così
D'Annunzio descrive, in una delle sue più celebri poesie, la
discesa verso il mare dei pastori abruzzesi con le loro greggi, lungo
i tratturi, le piste erbose che collegavano i monti alla pianura. Il lungo viaggio, che iniziava ogni anno tra la fine di settembre e la metà di ottobre, conduceva i pastori dalle montagne verso luoghi caratterizzati da maggiore dolcezza climatica come il Tavoliere delle Puglie, che divenne nel tempo una meta privilegiata. Oggi di quelle antiche vie erbose rimane ben poco, come rimane ben poco di quella civiltà pastorale che le aveva generate (l'ultimo spostamento a piedi di pastori e pecore pare sia avvenuto nel 1972). Eppure una sensibilità nuova verso il passato sta coinvolgendo enti e istituzioni affinché queste testimonianze, o ciò che rimane di esse, non precipitino nell'oblio, insieme all'immenso patrimonio di storia e cultura che esse portano con sé. La transumanza ha caratterizzato per millenni la nostra civiltà fondata sulla pastorizia, in Abruzzo e non solo, incidendo profondamente sul paesaggio e sullo sviluppo urbanistico, oltre che sui collegamenti e la comunicazione tra popoli e culture: lungo le piste erbose sorgevano ristori per i pastori, luoghi di sosta e riposo e all'occorrenza di cura dove si effettuava anche la trasformazione dei prodotti; ma anche taverne e luoghi di culto, come cappelle, edicole, chiese e santuari, che consentivano ai pastori di esternare la loro forte devozione ricreando un clima familiare e rassicurante. Quindi mercati, dove si vendevano formaggi e pecore, e veri e propri centri abitati. I tracciati traturali sembrano disegnare - come si osserva nelle ricostruzioni cartografiche - dei reticolati che ne rivelano la funzione di assi primari del sistema comunicativo del passato: se infatti il tracciato tratturale in sé è rettilineo e disposto in senso nord-sud ad esso si interconnettono tratturelli e bracci, che permettono di collegare i tratturi tra loro e con altre realtà del territorio. Non solo, queste vie sembrano spesso riadattarsi su vecchi tracciati, esistenti già in epoca preromana, quando la transumanza era verticale -un breve tragitto dal monte alla valle - affiancata e poi sostituita già in epoca romana e soprattutto medievale dalla transumanza orizzontale, un cammino più lungo che prevedeva spostamenti verso luoghi dalle diverse caratteristiche climatiche e morfologiche. Percorsi dunque che si fanno via via più lunghi, come più importante diventa il circuito di scambi e comunicazioni correlato; così le vie erbose da libere diventano soggette a precise delimitazioni e regole, le misure dei tracciati diventano standard - 60 passi (111 m. di larghezza) per i tratturi, misure inferiori anche per tratturelli e bracci -, una "Dogana della mena delle pecore" istituita nel 1447 dal Regno di Napoli a Foggia stabilisce le regole di utilizzo dei tratturi e un servizio di vigilanza. Diversi progetti su scala europea mirano a trasformare queste antiche vie da testimonianze di un passato ormai lontano e concluso in risorsa per il futuro, dal punto di vista non solo turistico e archeologico ma anche ambientale, occupazionale, produttivo. Ciò che si vuole realizzare è una rete europea in cui gli oltre 3000 km di piste erbose che collegano cinque regioni italiane - Abruzzo, Molise, Puglia, Campania e Basilicata - e decine di comuni, borghi e comunità rurali si colleghino a loro volta alle reti tratturali europee, dalla Spagna e dal Portogallo, alla Francia fino alla Slovenia e all'Ungheria, passando per la Germania meridionale; reti ricostruite attraverso studi che proprio in questi ultimi anni hanno visto una fioritura eccezionale, anche con il sostegno dei fondi europei. Una rete estesa e affascinante che ci riporta ad un comune passato e a tradizioni millenarie di cui essere ancora oggi testimoni in forma rinnovata. Diversi progetti si sono succeduti nel tempo, fino all'attuale "Parco dei regi tratturi", progetto promosso dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, sempre nell'ambito del Programma Cultura 2000 dell'Unione europea, che vede coinvolti la nostra Università D'Annunzio di Chieti-Pescara e altri enti e associazioni del Centro-sud. Il progetto mira a creare un museo virtuale di Civiltà della Transumanza (un sito Internet e un CD-Rom con una ricca documentazione sui più importanti percorsi, documentari, filmati ecc.), ad inserire i percorsi tra i beni tutelati dall'Unesco come patrimonio dell'umanità come è già avvenuto in Spagna, e soprattutto a realizzare un progetto integrato di sviluppo che va dalla valorizzazione di tradizioni e sapori alla riscoperta di antichi mestieri, dal restauro archeologico di percorsi ed edifici, alla realizzazione di strutture e alla utilizzazione di nuove figure professionali, fino alla costruzione di una rete ecologica europea basata sulla diversità biologica e naturalistica dei vari tratti, ma anche sulla possibilità di proporre i tratturi come un modello di "sostenibilità integrata" - come ha definito la transumanza Giorgio Conti, esperto di progettazione ambientale dell'Università di Venezia. Il passaggio delle greggi infatti rappresenta una pratica di dissodamento e di fertilizzazione naturale, impedisce l'avanzata della boscaglia, a cui sono collegati disastri idrogeologici, e inoltre il sistema dello spostamento stagionale è un modo per consentire ai terreni abbandonati temporaneamente di rigenerarsi. E proprio tra Vasto, San Salvo e Scerni si è svolto nel novembre 2007 un Convegno, organizzato dall'Università D'Annunzio, dal club Unesco di Vasto e da altre associazioni, oltre che da diverse province e regioni interessate, in cui sì è parlato non solo degli importanti obiettivi a livello europeo ma anche delle specificità del tratturo nella nostra regione. In Abruzzo dove la civiltà della transumanza ha lasciato i segni più importanti (la rete tratturale si estendeva per un totale di 2860 km e attraversava trasversalmente il Molise fino a collegarsi con la Puglia), quattro erano i percorsi principali: • Celano-Foggia (207 km); • Pescasseroli-Candela (211 km); • Castel di Sangro-Lucera (127 km) • L'Aquila-Foggia, la rete più lunga, che si estendeva per 243 km, passando anche attraverso .. le nostre terre. |
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La maggior parte del percorso tratturale è stato smantellato
nel corso degli anni e ha avuto destinazioni diverse ma esistono ancora
tronconi e tratti, posseduti anche da privati, che possono esseri recuperati.
L'Unesco in particolare, nella relazione del Presidente, ing. Puccio
Benedetti, ha posto l'attenzione sul collegamento tra viabilità storica e religiosa, sottolineando il ruolo centrale che il cristianesimo ha svolto nei secoli nella unificazione e integrazione culturale e sociale europea. |
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"L'Europa è nata pellegrinando - affermava Goethe - e
la sua lingua è il Cristianesimo". Di qui l'importanza di un opera di riscoperta, valorizzazione e restauro del grande patrimonio architettonico religioso, in parte posizionato proprio lungo i secolari tracciati tratturali. Per quanto riguarda il nostro tratturo (Vasto) è certo che facevano parte del percorso edifici religiosi, come il Monastero dell'Incoronata o la chiesa di sant'Antonio abate, i perfette condizioni, mentre altre cappelle sono oggi del tutto abbandonate, come quella di san Lorenzo, se non distrutte. Al restauro potrebbe seguire una utilizzazione di questi edifici per l'installazione di musei e centri culturali dedicati al tema della civiltà pastorale, o anche per la realizzazione di strutture a favore di persone in situazione di disagio, un po' sulla scia dell'antica funzione di ricovero e cura che alcune di esse svolgevano ai tempi della transumanza (come è già stato fatto a Palazzolo, in Incisa Val d'Arno, per la parrocchia di santa Maria Loreto). |
![]() Abbigliamento
tratturale (Museo della Transumanza di Sulmona) |
stralcio da art., a firma Laura Sacchetti, apparso su "Vasto domani", giornale degli abruzzesi nel mondo - n. 12 - dicembre 2007 |
La
Transumanza
La Transumanza era
non solo uno spostamento di greggi dai pascoli estivi a quelli invernali,
ma anche l'incontro tra antiche tradizioni e usanze diverse.
Era legata a leggi e regole non scritte rispettate da tutti. La Transumanza era come un viaggio in mare, pieno di imprevisti. I pastori tornavano sempre arricchiti di esperienze e conoscenze, dopo aver attraversato fiumi e valli. Notizie
storiche:
Dall'Abruzzo
alla Puglia, un'antichissima tradizione che viaggiava lungo i tratturiLa Transumanza era lo spostamento stagionale di uomini e greggi che, all'inizio dell'autunno e alla fine della primavera, percorrendo a piedi centinaia di chilometri, si muovevano dall'Abruzzo (precisamente dalla conca dell'Aquila, da Celano nella Marsica e da Pescasseroli nell'Alta Val di Sangro) al Tavoliere di Puglia (nei dintorni di Foggia e Candela). Un'alternanza dovuta al fatto che i pascoli del Tavoliere raggiungevano il massimo del rigoglio nei mesi invernali, mentre quelli dell'Abruzzo nei mesi estivi, così si andava a svernare in Puglia. Il Tragitto dei transumanti avveniva lungo una rete regolamentata di larghe vie erbose: i tratturi. Questi, chiamati anche "calles publicae", erano larghi massimo 111 metri (i più piccoli 55) e seguivano itinerari fissati dall'uso nei millenni, ma che già a partire dall'epoca romana e con più vigore durante la dominazione aragonese, furono rigidamente determinati e protetti da leggi. La prima regolamentazione giuridica fu "la Lex agraria epigrafica" del 111 a. C.. Nel 1447 Alfonso I D'Aragona istituì la "Dogana della Mena delle Pecore in Puglia" con sede a Foggia, che stabiliva precise norme fiscali o di tutela per l'uso dei tratturi e dei pascoli pugliesi. La Dogana inoltre riorganizzò l'intera viabilità tratturale ricalcando i percorsi già utilizzati in Età romana. Stralcio
da: I Viaggi di Repubblica - anno IX - numero 386 del 22/9/2005; suppl. gratuito al numero de la Repubblica, quotidiano a tiratura nazionale |
Ora: Uno, due, tre, quattro... cento, duecento, trecento...
Le
pecore ad una ad una, in fila come tante formichine, salgono sul camion.
Tutto è pronto. Si
parte. Destinazione Tavoliere di Puglia. Inizia così la Transumanza, quella che i pastori del Gran Sasso vivono ormai da decenni. Certo sono cambiati i modi - un tempo si faceva a piedi, poi fu l'avvento dei treni, oggi si fa con confortevoli Tir ma non è cambiata la passione per quest'attività millenaria, così come salva è l'identità e la fierezza dei pastori. Pochi sono i transumanti rimasti. Ormai gli allevatori sono tutti stanziali. Una volta a piedi, anno dopo anno, guidavano "la carovana" delle greggi lungo il Tratturo Magno, una sorta di "autostrada", che andava dai pascoli montani dell'Abruzzo alle verdeggianti distese della Puglia. Duecentocinquanta chilometri da percorrere in circa tre settimane, agli inizi dell'autunno e alla fine della primavera, alla ricerca di pascoli verdi e rigogliosi. I greggi arrivavano a sfiorare ed anche superare 3.000 capi. Partivano, accompagnati dai fedeli cani pastori, passando di regione in regione e arricchendosi di esperienze, di conoscenze. In ogni viaggio vi era una cultura di incontri e di scambi soprattutto perché, lungo il cammino, si fermavano presso delle altre aziende agricole per riposare. Cinquant'anni fa, negli anni d'oro, si contavano centomila ovini, oggi poco più di settemila. Purtroppo la pastorizia versa in uno stato di crisi e si guadagna ben poco tra costi di trasporto, manodopera, tosatura. La lana di una pecora, circa quattro chili, è venduta a poco più di due euro. Ci si aiutia con la produzione di formaggi. Stralcio
da: I Viaggi di Repubblica - anno IX - numero 386 del 22/9/2005; suppl. gratuito al numero de la Repubblica, quotidiano a tiratura nazionale |
Incontro
con borghi e castelli - tra Arte e Natura |
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S. Stefano di Sessanio | Rocca Calascio | ||
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Barisciano | Calascio | Castel del Monte | S. Stefano di Sessanio |
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Sullo sfondo di un
grandioso paesaggio montano, quale è appunto il Massiccio del Gran
Sasso, vale la pena percorrere le strade che conducono alla piana di Navelli, 700 m. di altitudine nel cuore dell'Abruzzo. L'itinerario è un continuo incontro con borghi ancora circondati da mura, castelli che testimoniano un'antica ricchezza portata dalla pastorizia e dal commercio dello zafferano (l'oro rosso). E ancora chiese di un'austera bellezza come quelle "tratturali", dette anche "campestri o pastorali", molto frequentate dai pastori prima della partenza e spesso luogo di rifugio. Non ci sono importanti monumenti da vedere, sono i borghi stessi un grande monumento. Ciascuno sembra una cartolina del passato. Ecco il recinto di difesa di Barisciano, i cui resti sovrastano il borgo, Capestrano, balzato agli onori della cronaca per il ritrovamento, da parte di un contadino, del "Guerriero" del VI secolo a.C. (la statua, simbolo dell'Abruzzo, è conservata nel Museo Nazionale di Chieti). E ancora Peltuinum, l'antica città prefettizia romana, i cui resti ancora campeggiano lungo uno dei tratturi, nell'agro di Prata D'Ansidonia. Riconoscibili i resti della porta ovest situata sulla via Claudia Nova. Si trattava di un'entrata monumentale, fiancheggiata da due torri, riutilizzata, alla metà del 1400, dagli Aragonesi con funzione di dogana per il pedaggio delle greggi sul tratturo. Possente il grande podio su cui sorgeva il tempio di ordine corinzio dedicato ad Apollo. Oltrepassate le rovine lo sguardo sarà catturato dalla torre del Castello recinto di S. Pio delle Camere che si aggrappa alle falde di una collina. Merita infine una piccola deviazione, ma ne vale la pena, la Torre di Forca di Penne, ora assediata dalla vegetazione. |
Museo
della Transumanza
A Castel
del Monte, 40 Km dall'Aquila, capitale della transumanza,
nella piana di S. Marco, nascerà , il Museo della Transumanza,
dove verrà narrato quel mondo antico e dove saràpossibile assistere a tutte le fasi della lavorazione lattiero-casearia. Nel paese si può anche seguire il Circuito Culturale-Museo Civico-Etnografico "Un viaggio nella memoria", formato da diversi allestimenti museali che ripercorrono la vita di una volta (info: Associazione Culturale Castrum Montis - Tel. 339 - 1104473; www.lanottedellestreghe.org). C'è il Museo della Pastorizia, che raccoglie tutto quanto utile all'armentario, quello della Lana o ancora la casa che ricostituisce l'ambiente domestico degli avi. L'abitazione è intatta, sembra che sia stata lasciata ieri: la cucina con le stoviglie, la tavola apparecchiata, la cassa per ammassare pasta e pane e ancora la camera da letto con gli abiti appesi e alle pareti le foto dei parenti emigrati. Da non perdere anche una visita alla Chiesa della Madonna del Suffragio o "dei pastori", dove si svolgeva il rito delle "quarant'ore": alla fine dell'estate "il Santissimo" veniva esposto per circa due giorni ed i pastori, prima di intraprendere il lungo viaggio verso la Puglia, vi si recavano a pregare per la sicurezza della famiglia e delle greggi. Sparsi qua e là sono visibili i resti degli antichi fratturi, le vie armentarie delimitate da termini lapidei su cui spicca l'acronimo RT, Regio Tratturo. |
Le
vie della Transumanza
La regione Abruzzo
ha recuperato le antiche strade maestre creando un sistema - "Le
Vie della Transumanza" - di percorsi da fare a piedi, o a cavallo
o, per i più pigri, in auto. Strade curve e strette che si alternano
a immensi rettilinei. Da qualunque parte si guardi, si rimane incantati
dalle suggestioni del paesaggio. Come a Campo Imperatore: 27 km di lunghezza e 8 di larghezza sul Massiccio del Gran Sasso ad un'altitudine di circa 1800 metri. Paradiso della pastorizia, con i suoi immensi pianori delimitati da lievi declini, ricorda le grandi praterie del Pamir (massiccio montuoso dell'Asia Centrale), o un Tibet in versione mignon, e non di rado capita di sentire chiamare il bacino con l'appellativo di "Piccolo Tibet". Un set cinematografico ideale tanto che più volte l'altopiano deserto è stato "prestato" ai registi per ricreare le atmosfere dei film western o le ambientazioni medievali. Ma non solo cinema. Grandi direttori della pubblicità sono rimasti stregati dalle luci dell'alba e del tramonto, dai colori dei pascoli. Tra i tanti spot girati, uno che tutti ricordano: quello dell'aliante in panne su un'assolata spianata e un gruppo di amici che brinda con un noto amaro al lieto fine della storia. Poco distante, sorge una delle rocche più fotografate d'Italia: Rocca Calascio. Il vecchio merlato ricanta ad ogni ora la sua antica potenza: svolgeva un'importante funzione di sorveglianza del percorso tratturale aquilano. Tra le pellicole, che hanno sfruttato gli scenari naturali del luogo, torna alla mente Ladyhawk (1985, di Richard Donner) con Michel Pfeiffer. Visibili sono solo i ruderi e i resti del borgo sottostante, al quale il castello è collegato attraverso un ponte di legno. Alla bellezza del territorio si aggiunge l'eleganza del tempietto di Santa Maria della Pietà, a pianta ottogonale, posto a ridosso dell'antico borgo abbandonato. Da qui lo sguardo spazia sulle vallate e sui gruppetti di pecore che viste dall'alto sembrano davvero un'immensa distesa di sabbia, così come nell'immagine immortalata dai versi di D'Annunzio nella sua poesia I Pastori «il
sole imbionda sì la viva lana che quasi dalla sabbia non divaria»
Una vista straordinaria
che potrebbe indurre a pensare come accadde al poeta: «Ah perché
nonson io con i miei pastori?». |
Produzioni, Ristoro, Ricettività e Numeri Utili | |||
Az.
artigianale Amatario Maddalena |
Via S. Donato, 2 | Castel del Monte | T.
0862.938179 Cell. 338.7125156 |
Produzione
di oltre cinquanta tipi di formaggi. La signora Maddalena, sorella di
uno dei pochi allevatori della zona rimasti, estrosa, creativa, fantasiosa
nelle ricette, propone pecorini e caprini stagionati, aromatizzati con
erbe montane, ricotte allo zafferano, alla menta, al limone, persino un
formaggio al cioccolato. Da lei si può trovare anche la musciska,
carne secca di pecora, di tradizione nord europea, ridotta a listarelle,
salata in salamoia o a secco. Un tempo i pastori se la portavano al pascolo:
veniva spezzettata e si lasciava ammorbidire in bocca, per avvertire così un senso di sazietà. Oggi si può mangiare arrosto oppure si reidrata e si soffrigge con pomodori e patate. Segno che la continuità della tradizione è ancora garantita. |
Az. zootecnica Gran Sasso di G. Petronio | Piazzale del Lago 8 | Castel del Monte | Cell. 333.5814030 |
Struttura
moderna e tecnica di lavorazione all'avanguardia. Il proprietario, ultima
generazione degli allevatori della zona, di latte e formaggi se ne intende
parecchio, seguendo le orme del nonno e del padre. Usi centenari, trasmessi
e rielaborati con l'esperienza e la curiosità di un appassionato.
Alleva millesettecento pecore, tra cui quattrocento della "Gentile
di Puglia", una razza quasi estinta. Lui però non trasporta
gli armenti, se non con una transumanza verticale, cioè le greggi
restano nelle stalle in inverno e poi vengono portate in estate in montagna.
Il suo vanto - e quello di tutta la zona - è la produzione del
Canestrato, ottimo pecorino già presidio Slow Food e famoso sin dall'epoca romana. Recente è la formazione del Consorzio di Tutela e Valorizzazione, ed è in corso la procedura per il conseguimento della D.O.P.. Tra le altre specialità anche il Marcetto, una prelibata crema piccante che deriva dalla fermentazione indotta nel formaggio stagionato dalla mosca Piophila Casei. Si capisce subito che da queste parti la pastorizia ha plasmato l'ambiente naturale e ne ha segnato l'economia. Dappertutto è un incontro con gente semplice e generosa che, da secoli, ha imparato ad amare il proprio territorio e a ricavarne i frutti migliori. |
Centro Turistico S. Colombo | Via Prov., Km 4,2 | Barisciano | T. 0862.899017 |
In
posizione collinare e immersa in un querceto, la struttura è all'interno
di un complesso conventuale risalente al XIV secolo. Comprende sei camere,
una suite e due dependance autonome. Vengono organizzate escursioni a piedi, a cavallo e in mountain-bike. Prezzi: da 36 a 46 euro a persona con prima colazione. www. sancolombotour.com |
Il Rifugio della Rocca | Loc. Rocca Calascio | Calascio | T. 338.8059430 |
Il
Rifugio si trova in un bell'edificio del Quattrocento, nel borgo medioevale
disabitato di Rocca Calascio. Sette sono le camere, tutte molto confortevoli con travi a vista, più una camerata da 16 posti. Vi è anche un caratteristico ristorante. Prezzi: 70 euro per la camera doppia, inclusa colazione. - www.rifugiodellarocca.it |
Dal Gattone | V. Campo d/ Fiera, 7 | Castel del Monte | T. 0862.938446 |
Piatti
della tradizione come "Strangolapreti ceci e melanzane" e "Ciafrichilli
con fagioli". Chiuso mercoledì. Prezzi: medio, 20 euro, escluso vini. |
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Osteria del Lupo | Via della Vittoria, 34 | Castel del Monte | T. 0862.938136 |
Ambiente
raccolto e ottima cucina casalinga. Da assaggiare i ravioli con ricotta
di Castel del Monte e come secondo "gli arrosticini", piccoli
spiedini di agnello o di pecora. Chiuso lunedì. Dispone di quattro
camere. Prezzi: 16-18 euro, compreso vino della casa - www.paginegialleosteriadellupo.it |
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Hotel Parco del Gran Sasso | V. Campo Imperat., 7 | Castel del Monte | T. 0862.938484 |
Un
mix di semplicità e comfort per le trentaquattro camere. Il bar
è arredato in stile montanaro. Prezzi: 40 euro a persona in mezza pensione minimo una settimana, 50 euro il weekend . Chiuso solo a novembre. wwv.hotelparcogransasso.it |
Locanda sotto gli Archi | S. Stefano di Sessanio | T. 085.4972324 | |
All'interno di un edificio che conserva ancora tracce del dominio dei Piccolomini. Fa parte del progetto di restauro del borgo di S. Stefano e tutto è stato rifatto in un'ottica conservativa. Tavoli e seggiole in arte povera, illuminazione ad olio in ferro battuto. Aperto solo su prenotazione. | |||
L'Ostemmo del Cavaliere | Via della Giudea | S. Stefano di Sessanio | T. 0862.89679 |
Ristorante
appena fuori le mura. I prodotti (salumi, carni, formaggi) sono solo
quelli prodotti artigianalmente nell'azienda agricola dei proprietari
del ristoro. Da assaggiare gli gnocchi allo zafferano e la zuppa con |
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Palazzo delle Logge | S. Stefano di Sessanio | T. 085.4972324 | |
È
parte dell'albergo diffuso di Sextantio. Il palazzo è di stile
rinascimentale e si affaccia sulla piazza del borgo, ai clienti regala una calda atmosfera. Sembra di vivere in un'altra epoca, perché tutto è conservato e recuperato così com'era: dai letti agli armadi in arte povera, fino alle porte di legno che si chiudono con enormi chiavi di ferro d'epoca. Il tutto sapientemente combinato con l'alta tecnologia: l'energia elettrica si gestisce comodamente con un telecomando e non ci sono interruttori a vista; il riscaldamento è diffuso dal pavimento. Ogni dettaglio è curato nei minimi particolari per offrire il massimo comfort ai clienti. Prezzi: da 140 a 220 euro, a seconda della tipologia di camera, inclusa prima colazione.- www.sextantio.it |
Regione Abruzzo |
www.regione.abruzzo.it |
T. 800.502520 | |
E.
Parco Naz. Gran Sasso e M. della Laga |
Via
del Convento - Assergi - Aq www.gransassolagapark.it |
T. 0862.60521 | |
È possibile richiedere il "Passaporto dei Luoghi della Cultura", al costo di 18 euro e senza scadenza, che permette di visitare una serie di musei. | |||
Coop. Ecotur | Pescasseroli - Aq- www.ecotur.org | T. 0863.912760 | |
Trekking a piedi, in mountain bike e a cavallo, lungo i tratturi |
Stralcio
da: I Viaggi di Repubblica - anno IX - numero 386 del 22/9/2005; suppl. gratuito al numero de la Repubblica, quotidiano a tiratura nazionale |
La
transumanza in Abruzzo di Elisabetta Mancinelli articolo apparso - sabato 13 aprile 2013 - su http://m.abruzzo24ore.tv/news/La-transumanza-in-Abruzzo/115711.htm |
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Stralcio:
L’Abruzzo ha un volto molto antico: quello dei suoi tratturi, bracci, tratturelli che ne segnano il territorio, là dove sono stati conservati e tutelati. Le antiche cartine d’Abruzzo mostrano una sorta di sistema vascolare di una regione che attraverso l’ “erbal fiume silente”, come d’Annunzio nella sua poesia “I pastori” definiva il tratturo, si alimentava ed alimentava la propria economia, quella della transumanza. Il termine deriva da “trans” forma avverbiale: attraverso e "humus": terra: andare attraverso con il significato di trasferimento di persone e bestiame in estate ai pascoli della montagna e in autunno al piano. Questo “sentiero naturale tracciato dalle greggi”, viene da molto lontano, perché già all’epoca dei Romani si individuavano come aspri sentieri sui quali sogliono transitare le pecore sui monti. Su questi “sentieri” si svolgevano le partenze ed i ritorni, con un fenomeno chiamato appunto transumanza. La Transumanza: Storia La transumanza è un sistema di allevamento antico diffuso in molte aree del bacino del Mediterraneo che prevede in estate lo sfruttamento dei pascoli dislocati a quote più elevate sui territori montani e d’inverno il trasferimento delle greggi in pianura anche a distanza di centinaia di Km. Nel caso dell’Abruzzo la transumanza orizzontale veniva praticata già in epoca italica dai Sanniti che si scontrarono con i Dauni della Puglia proprio per il controllo dei pascoli invernali. Durante il periodo romano la transumanza ebbe un forte incremento grazie ad una efficiente organizzazione dello stato. Alcune importanti città romane sorsero proprio sui tratturi per controllare lo spostamento delle greggi tra esse Peltuinum e Juvanum in Abruzzo e Sepino in Molise. Era tutto un mondo che si muoveva, tutta un’economia che si sviluppava intorno a queste vie che organizzata con precise leggi fiscali, è servita a sostenere per secoli le finanze del Regno di Napoli e delle Due Sicilie. Alfonso I d’Aragona, con la Prammatica del 1 agosto 1447, istituì la Dogana per la “Mena delle pecore”. Le terre di pascolo, dette locazioni, erano del Demanio Regio e si potevano utilizzare solo pagando la “fida”, un canone annuo, fissato in rapporto al numero delle pecore , ogni 100 pecore davano diritto ai pastori, detti locati, di utilizzare 24 ettari di terre non arate, chiamate poste. Un sistema fiscale, duro per i piccoli pastori, che ha fruttato enormi entrate, fino al maggio 1806, quando Giuseppe Bonaparte, re di Napoli abolì le servitù sul Tavoliere di Puglia. Con l’unità d’Italia alcuni dei tratturi principali furono assimilati alle strade nazionali e protetti, altri furono riassorbiti dall’agricoltura. Questo sistema di percorsi naturali, storicamente sedimentato, era incardinato su pochi valichi che limitavano e canalizzavano i collegamenti con il resto della penisola. Una Società Gerarichica Le greggi transumanti appartenevano a grandi proprietari detti armentari, ricchi possidenti che investivano i loro capitali nell’allevamento e nella produzione della lana. Ma anche gli ordini e le congregazioni religiose e i feudatari locali e gli esponenti dell’alta borghesia possedevano numerose greggi. I piccoli proprietari locali che per necessità si recavano nei pascoli invernali si riunivano in società per ridurre le spese dell’attività. Tra i pastori vigeva una ferrea organizzazione gerarchica. A capo stava il padrone che si serviva del “massaro di pecore” che organizzava tutte le attività connesse al pascolo. Il “casaro” era addetto alla lavorazione e trasformazione del latte, il "buttero" sovrintendeva agli animali da soma e agli spostamenti logistici durante il periodo della transumanza. I “pastori” erano addetti alla custodia delle greggi. Ad ognuno veniva affidata una “morra” di pecore composta da circa 200 animali, infine venivano i più giovani detti “pastoricchi” a cui erano affidati i compiti minuti e umili. |
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Una
Vita dura La vita dei pastori era fatta di sacrifici e rinunce. I pastori transumanti a settembre riprendevano mestamente la via delle Puglie dove rimanevano fino a maggio quando, dopo la fiera di Foggia, iniziava il viaggio di ritorno verso la montagna natia e le famiglie lasciate per molti mesi. Quando tornavano portavano nelle loro bisacce i doni per i loro bambini e le loro spose. Drammatiche ed epiche insieme, le partenze a fine settembre. La vita del pastore non era facile caratterizzata da privazioni e stenti. D’estate, quando seguiva le greggi sui pascoli |
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della
montagna era costretto a vivere all’interno delle grotte adibite
sia a stazzo, ricovero degli animali durante la notte, sia a rifugio del
pastore, e quando non vi erano ripari naturali costruivano rifugi in terra o in pietra o anche capanne a tholos dalla copertura a cupola a base circolare o quadrata. Il cibo scarseggiava ed era costituito essenzialmente da ricotta siero e pancotto una semplice minestra fatta con il pane secco e condita con poco olio. Si mangiava carne solo quando qualche pecora moriva, per cause accidentali o divorata dai lupi. La giornata era lunga e scandita dagli astri. All’alba si alzavano quando in cielo splendeva il pianeta Venere a sera riposavano quando compariva la “stella del pecoraio”. Nel silenzio delle lunghe ore passate a guardia del gregge i pastori impiegavano il tempo intagliando il legno, leggendo i racconti cavallereschi e le gesta dei Paladini di Francia o scrivendo i loro pensieri e le loro riflessioni ma anche risentimenti e rancori incidendoli sulla roccia. Esiste infatti una letteratura di tipo pastorale scritta sulle pietre della Maiella che va dal 1600 ai nostri giorni. Molti di umili origini avevano imparato a leggere e a scrivere proprio intorno al fuoco dello stazzo. Un’altra occupazione dei pastori era suonare le zampogne o le ciaramelle strumenti musicali tradizionali che portavano sempre con loro durante il lungo periodo della transumanza. La cultura della Transumanza: testimonianze, usi, rituali. Lungo le antiche vie i pastori transumanti portavano con sé diversi strumenti a dorso di muli ed asini. Per le loro necessità utilizzavano bisacce, tascapane, ciotole, posate di legno, corni di bue, inoltre sgabelli a tre piedi, secchi di legno, attrezzi per la tosatura, collari antilupo. Alcuni di questi oggetti venivano anche realizzati artigianalmente dagli stessi pastori. Durante gli spostamenti e le soste, i pastori raccoglievano verdure e radici commestibili che cucinavano a sera. Erano soggetti a continui pericoli come furti di bestiame, assalti di lupi, morsi di serpenti perciò nella tradizione orale i pastori vengono rappresentati mentre dormono “con un occhio solo”. Per questa loro condizione di vita, quindi, l’invocazione della protezione divina dava la forza necessaria per affrontare i rischi del viaggio ed i sacrifici del mestiere, infatti, lungo i tratturi e nei territori attigui, sono sorte durante i secoli molte chiese caratterizzate da un’arte strettamente legata al mondo pastorale esse erano molto importanti non solo dal punto di vista spirituale che ma anche commerciale. E’ in prossimità di queste strutture, infatti, si svolgevano anche delle fiere per la commercializzazione di prodotti artigianali e gastronomici. Diversi furono i protettori dei pastori transumanti. Tra questi, San Michele al Gargano, San Nicola di Bari e la Madonna Incoronata di Foggia. L’anno religioso per i pastori si scandiva due volte l’anno, quello estivo e quello invernale e questi due cicli coincidevano con i festeggiamenti dei santi protettori della transumanza. Lungo il tracciato tratturale, nel corso dei secoli sono sorte anche taverne, fontane, riposi. Le taverne, che erano delle osterie attrezzate con servizi ricettivi per i pastori e grosse stalle per gli animali, erano tante e frequentate sia da pastori che da viandanti occasionali. Gli abbeveratoi sono disseminati lungo tutti i percorsi, ma, per la necessità di acqua sorgiva, sono concentrati nelle zone medie e alte dei tracciati. Molte di queste architetture sono arrivate fino a noi e vengono ancora oggi utilizzate dai pastori stanziali. Questo patrimonio archeologico, seppur quasi del tutto sconosciuto, presenta notevoli caratteri di qualità ed originalità. La Rete Tratturale La rete tratturale che arriva ad uno sviluppo massimo di circa 3000 km, era caratterizzata da connessioni e nodi. Così i tratturi, fiumi d’erba larghi fino a 111 metri, secondo le rigide regole che ne stabilirono la larghezza massima per evitare conflitti con i contadini, non erano solo corridoi di scorrimento, ma strutture dotate di servizi e attrezzature per uomini e animali. Lungo il percorso i pastori e gli armenti potevano trovare ricoveri dove trascorrere le notti più fredde, recinti, abbeveratoi e isolate chiese rupestri di cui sono rimasti stupendi esemplari. Tali punti di sosta rappresentavano momenti in cui la socializzazione dava luogo a scambi culturali tra persone provenienti da realtà geografiche diverse ancor più considerando la ridotta mobilità dei tempi. |
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La
Via dei Tratturi
“E vanno pel tratturo antico al piano quasi per un erbal fiume silente su le vestigia degli antichi padri…” Così D’Annunzio descrive la discesa dei pastori verso il mare nella sua poesia “I pastori”. Dopo la via Francigena e ll Cammino di Santiago il percorso dei “tratturi” le lunghe vie d’erba che collegavano l’Abruzzo montano con il Tavoliere di Puglia, è tra le esperienze più suggestive. Consente infatti di ripercorrere gli stessi tracciati usati dai Sanniti, dai Romani, e dal 1200 in poi, da centinaia di pastori, milioni di |
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pecore
e carovane di muli carichi di masserizie che camminavano
silenziosamente in mezzo a quelle ampie distese d’erba. E’ come fare un viaggio nel passato, nelle tradizioni nella cultura e nella religiosità delle genti d’Abruzzo che da sempre hanno legato la loro vita alla pastorizia transumante. Partendo dai pascoli estivi del Tavoliere di Puglia si risale gradatamente tutto il Molise interno fino ad arrivare nei pascoli estivi delle montagne abruzzesi abitate ancora dal Lupo Appenninico, dall’Orso Bruno Marsicano antagonisti di sempre delle greggi e dei pastori. Oggi di quelle antiche vie erbose rimane ben poco, come rimane ben poco di quella civiltà pastorale che le aveva generate, l’ultimo spostamento a piedi di pastori e pecore pare sia avvenuto nel 1972. Eppure una sensibilità nuova verso il passato sta coinvolgendo persone sensibili associazioni e istituzioni affinché queste testimonianze, o ciò che rimane di esse, non precipitino nell'oblio, insieme all'immenso patrimonio di storia e cultura che portano con sé. M.
S., agosto 2016 |