162° dell'Unità d'Italia (1861 - 2023): Contributi di Vastesi |
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Fratelli d'Italia completo (l'Inno di Mameli) by Capitano - Giuseppe Idile |
Un grande Sardo Repubblicano - 14 agosto 2020 - da You Tube - M.S., 01/23 |
Testimonianze
ultime in occasione del 150° anninevrsario Unità d'Italia |
Il
Tricolore visto con i fiori dalla Loggia Amblingh di Vasto
- sullo sfondo il Golfo - scatti di Vincenzo Di Lello ![]() |
Opera
(in gesso e acrilici) monumentale dedicata all’Unità
d’italia del pittore/grafico e scultore Gianfranco Bevilacqua |
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Gianfranco
Bevilacqua,
vastese di fuori che da anni vive ed opera a Siracusa, ha realizzato un'opera
(in gesso e acrilici) dedicata all’Unità d’italia. Stilisticamente l’opera s’inserisce nella più recente e nuova produzione dell’artista, imperniata sulla forma riguardata per se stessa, senza supporti mimetico-illustrativi. L’opera crea un volume, al tempo stesso astratto e concreto, che dà immagine formale a un’idea che s’incarna nella materia, in questo caso il gesso, un substrato minimale cromaticamente ma capace di porsi alla vista in modo assoluto come luce e ombra, forma e immagine. Il modellato si manifesta e si pone nello spazio, variamente modulato, sino a farsi segno (o segnale) che testimonia eideticamente la presenza dell’uomo nel suo habitat fisico e storico. Operazione metasimbolica dell’arte di ogni epoca, testimonianza ancora efficace della capacità dell’essere umano |
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di porre,
attraverso manipolazioni, estetiche ma non solo, la sua presenza demiurgica nel divenire del tempo e l’incidenza progettuale
dell’uomo sulla materia per se stessa mutevole e corruttevole. Gianfranco Bevilacqua, pittore e grafico oltre che scultore, nato a San Salvo e vissuto a Vasto Marina sino agli inizi anni ’70, ha esposto in più occasioni a Vasto le sue originali e suggestive figure, generalmente modellate in terrecotta patinata. stralcio
da note stese da G. F. Pollutri, amico carissimo di Bevilacqua, pervenute
in redazione il 2 giugno 2011
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17
Marzo
1861
del vastese Nicola Bottari, marzo 2011
Data simbolica della nostra storia: liberi dallo straniero e stato sovrano. I protagonisti: Mazzini Cavour Garibaldi. Trionfale lo sbarco dei Mille, l'avanzata, la consegna delle terre redente al primo Re d'Italia. Monito a riflettere, a non dimenticare. |
La
Spada
del vastese Osvaldo Santoro, maggio 2011
O cara Patria mia! qui sulle sponde vedo tanti uomini affamati, sarcastici e lascivi, sì come l'onde sporche da un vento qui mandate ad inquinar le rive, a rosicchiar le menti del popol tuo; e i monti. Come son tristi questi tuoi momenti. Risorgi in nuova tempra, o cara Patria mia, pacifica e possente, ovunque e come sempre; sacra semenza in ogni continente. Viva l'Italia! I nostri padri han scritto. E il tuo futuro vedo in quell'inchiostro di sangue nuovo e vivo. Perciò non piango e scrivo: con la tirtaica spada Viva l'Italia mia! |
Il
Gelato 'Tricolore' da ‘Giammarino’ a Vasto Marina a base di pistacchio, fiordilatte e fragola |
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Vetrine
'Tricolori'
a Vasto
L'iniziativa, nell'ambito degli appuntamenti programmati dal Comune
per i festeggiamenti della ricorrenza dei 150 anni dell'Unità
d'Italia, è a cura del Consorzio 'Vasto in Centro'. Tra i primi ad aderire c'è Elio Florio, titolare della |
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Profumeria
Florio di corso Garibaldi. Spicca lo spazio espositivo esterno all'attività
con alcuni quadri di Vittorio Emanuele II, Giuseppe Garibaldi, la Regina
Margherita, Giuseppe Mazzini e il conte di Cavour, oltre ad alcuni profumi
con coccarde tricolori ed un manifesto del 1861 del Teatro alla Scala
con la
scritta Viva Verdi, col doppio riferimento all'illustre compositore ma
anche allo stesso re (viva Vittorio Emanuele
Re D'Italia). In bella
evidenza pure due creazioni artistiche che riproducono lo stemma della
Municipalità del Vasto e l'immagine del poeta vastese esule a Londra
Gabriele Rossetti realizzate da Giuseppe
Franco Pollutri. stralcio da www. http://www.histonium.net, art. di Michele Tana - 12 marzo 2011 L'iniziativa
raggruppa una settantina di esercenti della città antica oltre
ad altri in
altre zone di Vasto. "Ognuno
parteciperà al concorso, con l'intento principale di rendere
il centro storico più accogliente per i visitatori che vi si
recheranno in un'occasione così importante. La premiazione delle tre vetrine più belle è prevista per il 25 aprile 2011". |
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a cura della Galleria ArtiBus
- Vasto - Via
Messina, 2 -
Tel. 339.4287017 Vasto, 19 Marzo - 27 Maggio 2011 Apertura: dal lunedì al venerdì, ore 17.30/20.00 - Ingresso gratuito Esposizione Fratelli d'Italia - 16 Artisti per l'Unita' http://www.laboratorioartibus.it |
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Comunicato
del Laboratorio ArtiBus di Vasto - 14 marzo 2011
In
occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità nazionale
il Laboratorio ArtiBus di Vasto intende offrire, con l’esposizione
“Fratelli d’Italia”, un personale
e sentito contributo alla riflessione che scaturisce da questa importante
ricorrenza.Subito dopo l’Unificazione, Massimo D’Azeglio affermò che, fatta l’Italia, si dovevano fare gli Italiani. Oggi viene spontaneo chiedersi se tale traguardo sia stato tagliato, oppure se la strada da percorrere sia ancora lunga e non priva di ostacoli da abbattere. Al di là degli omaggi commemorativi e della retorica di circostanza, ciò che più conta in questa occasione storicamente rilevante è fare propri gli obiettivi che conducano a riscoprirsi “Fratelli d’Italia” e ad onorare una patria nata dal sacrificio e dal sangue versato: l’impegno individuale e collettivo, il risveglio della coscienza civile, il richiamo ad essere corresponsabili della costruzione del benessere comune, assecondando un’ispirazione realmente fraterna e solidale. Anche l’arte può dare un valido apporto in questa direzione, partendo dal ricordo del passato per interrogarsi sul presente e sul futuro dell’identità che ci caratterizza. L’esposizione “Fratelli d’Italia”, che sarà itinerante in diversi Comuni, mira in particolar modo a sensibilizzare le giovani generazioni alla conoscenza del Risorgimento e dei suoi effetti, per cui proporrà visite guidate e laboratori per le Scuole. Sedici sono gli artisti partecipanti, che hanno appositamente realizzato opere dedicate al tema affrontato. La mostra, a cura di Daniela Madonna e diretta artisticamente da Bruno Scafetta, si terrà presso la Galleria ArtiBus (Via Messina, 2-Vasto) dal 19 marzo al 27 maggio 2011 (apertura dal lun. al ven., ore 17.30-20.00; ingresso gratuito). Inaugurazione: sabato 19 marzo ore 18.30. |
Il
Tempo e la Memoria, pagine sul risorgimento vastese |
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L'Associazione
"Amici degli Anziani" - Vasto di cui è dinamico
presidente Angela Poli Molino, nell'ambito della Mostra vastese:
"Artigianato e storia 1861-2011 ieri e oggi
ha
pubblicato un volumetto, curato dallo storiconel 150° anno dell'Unità d'Italia" Pasquale Spadaccini, sul risorgimento vastese. Nella Mostra sono stati esposti costumi con figure di: • Giuseppe Mazzini • Giuseppe Garibaldi • Camillo Benso conte di Cavour • Vittorio Emanuele II. .stralcio
da art.
apparso su "il Giornale del Vastese", mensile d'info.
- n. 3 - marzo 2012 |
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Celebrazione
del 150° come dovere e tuffo nella memoria storica per capire chi siamo |
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Unità
d'Italia: la si festeggia ogni 50 anni, siamo alla terza celebrazione,
quindi un evento raro. C'è chi lo festeggia due volte, chi una
volta, chi, sfortunato, mai! Basterebbe questa considerazione per dire:
diamoci sotto! Non lasciamoci sfuggire un'occasione d'oro, per moltissimi irripetibile, di festeggiare uniti il grande evento dell'Unità d'Italia per la quale migliaia di cittadini hanno dato la vita. Ci hanno consegnato una Italia che, cresciuta e impostasi all'attenzione di tutto il mondo, ci permette, dopo gli storici passaggi costituzionali e di governo, di vivere la vita che stiamo vivendo. Il 17 marzo 1861, al primo parlamento italiano, Vittorio Emanuele II veniva proclamato Re d'Italia. Sì, l'Italia era fatta, |
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lo aveva detto - e lo si ricorda spesso - il D'Azeglio cosciente di un
compito ancora più grande: fare gli Italiani. Purtroppo non ci
siamo ancora, lo dicono in tanti, gli Italiani non sono fatti se è
vero che non sempre prevale tra le divisioni partitiche il sentimento
unitario. L'essere stati educati all'amore per la patria, alla devozione per il tricolore, all'interesse generale della nazione conta qualcosa. Le letture del De Amicis a scuola, l'educazione al rispetto della famiglia e dell'anziano, il servizio militare comunque formativo, l'inno nazionale sempre emozionante negli incontri di calcio e manifestazioni solenni hanno lasciato il segno. E poi la grande lezione dei politici dell'epoca: repubblicani che hanno accettato la monarchia perché unica condizione di fare l'Italia, Garibaldi che ne consegna il sud conquistato al re Vittorio Emanuele, il grande impareggiabile artefice del nuovo Stato, Cavour, venuto a mancare troppo presto. Furono fatte delle scelte forse sbagliate nell'assetto amministrativo, nel senso che si scelse l'accentramento, e furono commessi errori nella gestione del problema sociale sorto nel sud, ma i politici responsabili del nuovo Regno, della Destra Storica e della sinistra, rimangono un esempio di onestà, di impegno e di senso dello Stato. 17 marzo 2011: al lavoro o vacanza? Dibattito inutile. Non ci si può dividere su questo. Il problema è il tuffo nella memoria storica dello spirito risorgimentale per trarre linfa e nuova presa di coscienza che, nel momento difficile che stiamo vivendo, illumini i politici a trovare la sintesi perché al di là e al di sopra dei particolarismi e vuote immagini è in gioco il destino dell'Italia. ...stralcio
da art., a firma Rodrigo
Cieri,
apparso su "il Giornale del Vastese", mensile d'info.
- n. 6 - marzo 2011
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Testimonianze del passato |
Lu Štivale e lu scarpuncine del vastese Fernando D'Annunzio scritta negli anni 1990 L'Italia bbella noštre, 'štu stivale longhe, ch'arrive sopr' a lu hunùcchie, l'à fatte nu scarpàre 'ccizziunàle, quanda li huerde ti s'arifà l'ucchie. E' nu mudelle ùniche a lu monne, nghi tacche, punte e pure lu spiròne. L'Europe, sott' a la cchiù bbella honne, si li mette e ci fa nu figuróne. A ppizz' a ppizze s'avè divintate, quant'anne ci' à vulùte, Ddì' li sa, e quanta si n'è mmurte di suldate p'aripurtà 'št'Italie all'unità. E' sciùte une mo, nu fafucchiare, che vò' 'rimette mane a li cunfìne. L'Italia noštre, 'ccuscì bbell' e care, li vò' fa' divintà nu scarpuncine. -I' ti vulesse dice, care Bbosse, ca quelle che vu' fa' è 'na pazzìje e, crid' a me, li šti' facenne grosse, nin pù' schirzà nghi štorie e giografìje. Lu scherze è bbelle s'arimane scherze. Se aecche ni' štì' bbone pù' partì'! Se tu 'ssu ccone cocce li si' perze, pi' nu' l'Italie šta bbun' accuscì. |
![]() E
doppe dimme tu se ti cummìne, picchè, facenne coma tu si' ditte, se nu' ci' ariducème a scarpuncine, vu' arimanète 'na mezza cazzette.- |
Traduzione: Lo stivale e lo scarponcino di Fernando D'Annunzio, scritta negli anni 1990 La nostra bella Italia, questo stivale lungo, che arriva sopra il ginocchio, è opera di un calzolaio eccezionale, a guardarlo c’è da rifarsi gli occhi. E’ un modello unico al mondo, con tacco, punta e perfino lo sperone. L’Europa, sotto la veste più bella, lo indossa e ci fa un figurone. In tanti pezzi era diviso; quanti anni ci sono voluti, Dio lo sa, e quanti soldati sono morti per riportare questa Italia all’unità. ......................................................................................segue |
Vien fuori un tale adesso, un fanfarone,
che vuol rimettere mano ai confini. L’Italia nostra, così bella e cara, vuol trasformare in uno scarponcino. Io vorrei dirti, caro Bossi, che ciò che tu vuoi fare è una pazzia e, credi a me, la stai facendo grossa, non puoi scherzare con storia e geografia. Lo scherzo è bello se rimane scherzo. Se qui non ci stai bene puoi partire! Se tu sei uscito fuori di testa, per noi l’Italia sta bene così! E poi... dimmi tu se ti conviene, perché facendo come tu proponi, se noi ci ridurremo a scarponcino, voi diventerete una mezza calzetta! |
L'Inno
alla Bandiera,
cantato
in tutta italia
Il
verde, il bianco e il rosso sono i colori che uniscono un’intera
nazione. scritto dal vastese Nicola D'Aloisio (1886 - 1960) e musicato dal maestro Alessandro Ravera Come ricordava il poeta Giosuè Carducci nel 1897: “Quei
colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni
Noi vogliamo ricordare la nostra bandiera con le parole di un piccolo
inno, che veniva cantato negli anni 1930 nelle scuole italiane, dal titolo:
e gli effetti delle virtù onde la patria sta e si angusta: il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene della gioventù dei poeti; il bianco, la fede serena alle idee che fanno divina l’anima nella costanza dei savi; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi!”. |
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Il
saluto alla bandiera Salve,
salve, o tricolore Bella
se infiammi – nelle tenzoni Salve
sempre, o benedetta, Per
te ogni prode – diede la vita Per
quel sangue, per quel pianto |
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La
polemica.... tra Borbonici e Liberali era comunque destinata a protrarsi
nel tempo, anche molto tempo dopo la fine dei fenomeni antirisorgimentali.
Ne fanno testimonianza i due sonetti che seguono, scritti nel 1891 da
Luigi Anelli. Macchiette
Vastesi: Burbòneche
(Borbonico)
del
vastese
Luigi Anelli
(1860 - 1944), macchietta n. 28 - anno 1891
|
Nin zi po' cambà' cchiì, è 'n' arruvèine!
Mar' a nnì, chi cci séme capitate!... E ppinzà' ca ci stàive li quatrèine, e chi 'm mèzz' a la grasce séme nate! |
Non
si può più campare, è una rovina! Sventura a noi, che ci siamo capitati!... E pensare che c'erano i quattrini, e che in mezzo all'abbondanza siamo nati! |
A
ddu' turnèisce si vinné' lu vèine; cinghe rane di pane 'na palate: mé nghi nu coppe vi' chi cci cumbèine, si t' avaste pi' ffarte 'na magnate! |
A
due tornesi (1) si vendeva il vino; cinque grana di pane una palata (2): adesso con un coppe (3) guarda che ci combini, se ti basta per farti una mangiata! |
Prèime,
a la piazze, qualle chi vvulèive; mé si lome strascèine vita 'tèrne a ccapammande...chi cci vu truvà'? |
Prima, in piazza, tutto ciò che volevi; ora si portano (via) vita eterna (4) al nord ...che ci vuoi trovare più? |
Li
pisìure ti sìuche vive vèive, cullì ch'acchiappe titt' è li huverne: chi bbella chéuse ch' è 'ssa libbirtà! |
I
gravami (fiscali) ti succhiano vivo vivo, colui che arraffa tutto è il governo: che bella cosa che è codesta libertà! |
(1)Il
tornese era una moneta di rame in corso prima del 1860, del valore di
circa due centesimi.
(2) Un grano equivaleva a due tornesi. Quella quantità di pane che poteva contenere la pala allorchè s'infornava; cioè due rotola (kg. 1.838). (3) Rotolo di monete di rame del valore di L. 5,00. (4) Tutto. ![]()
dal libro di Pino Jubatti - 2003 - Ed. di Radio Vasto - Il Dialetto
Vastese nelle 40"macchiette" di Luigi Anelli - n. 28 - 1891 |
Macchiette
Vastesi: Libbirale
(Liberale)
del
vastese Luigi Anelli
(1860 - 1944),
macchietta n. 29 - anno 1891 |
Ti
dèiche jè, prèime cchiù mmajje jéve!
Chi bbilli timbe chi mmi sté' a'vvandà': sole si ppoche péuch' arifiatéve jéve 'n galere senza mal' a ffà'! |
Ti dico io, (che) era meglio prima! Che tempi belli (che) mi stai a vantare: solo se poco poco rifiatavi andavi in galera senza fare (niente di) male! |
Dendr'
a la casa té' ci mastrijéve lu predde, e ttì ricchiatte, sa', cumbà'; e si ddu' pèile 'm bacce ti lasséve, Lèmme ti li purtav' a ffà' tajjà'! |
Dentro
la casa tua ci maestreggiava (1) il prete, e tu ricchiatte (2), sai compare e se in faccia due peli ti lasciavi (3), Lèmme (4) ti conduceva a farteli tagliare! |
Si
détte ca nijènde jave care; ma 'n' d' aricurde ca stavame nì trumundate gné l'acche di lu mare? |
Hai
detto che niente costava caro; ma non ti rammenti che stavamo (noi) tormentati come l'acqua del mare? |
Mé
alumméne a la langhe 'n gi fa tarle: parlèsse spare pure di Ggisì, chi ti dèice cacchéuse?!...Pache...e parle! |
Adesso
almeno alla lingua non ci fanno i tarli (5): parlassi dispari (6) pure
di Gesù Cristo, chi ti direbbe qualcosa?!...Paga...e parla! |
(1)
comandavi, facevi quello che volevi. (2) facevi il nesci. (3) crescere
- Nel 1854 un'ordinanza della sospettosa polizia borbonica proibiva
di portare la barba, ritenuta come un segno settario. (4) Gendarme borbonico.
(5) non hai problemi di dire quello che vuoi. (6) male.
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dal libro di Pino Jubatti - 2003 - Ed. di Radio Vasto - Il Dialetto
Vastese nelle 40"macchiette" di Luigi Anelli - n. 29 - 1891 |
I
volontari garibaldini vastesi I fratelli: Giuseppe Ricci (Vasto, 17 marzo 1844 - Mentana, 3 nov. 1867) Luigi Ricci (Vasto, 17 febbraio 1841 - Londra, 14 sett. 1913) Sulla lapide collocata sulla parete del Palazzo Comunale di Vasto, per iniziativa del Club Amici di Vasto nel 1982, in occasione del centenario della morte di Giuseppe Garibaldi, sono ricordati i nomi di undici volontari vastesi, che hanno combattuto “per la patria e per la libertà”. |
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Lapide
Ora collocata su un muro di Palazzo D'Avalos a Vasto, lato Piazza del Popolo. Negli anni 1960 si trovava all'ingresso dell'ormai scomparso Istituto Tecnico Commerciale. segnalazione del vastese Erminio Cardarella da Roma - 24 maggio 2011 Giuseppe Ricci (Vasto, 17 marzo 1844 - Mentana, 3 nov. 1867) Antonio Bosco (Vasto, 3 febbraio 1843 - ..., febbraio 1871) Gaetano Marchesani (Vasto, 25 aprile 1842 - in mare, 20 luglio 1866) |
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Empiti
risorgimentali nell'Arte Palizziana |
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Filippo
Palizzi pittore vastese animalista di grande sensibilità,
amante della natura che prediligeva con profonda e innata spiritualità, quasi che la sua anima si immergesse nel fascino e nel segreto del creato. Ma un aspetto ancora inedito di Filippo Palizzi deve essere ancora del tutto posto in risalto, perché l'artista condivise gli empiti risorgimentali, non solo attraverso alcuni suoi dipinti dedicati agli avvenimenti politici che ebbero culmine nei moti del 1848 che travolsero gli italiani in quel particolare clima. Nell'ambito della Mostra su Filippo Palizzi nel centenario della sua morte allestita nella Pinacoteca dei Musei Civici di Palazzo d'Avalos di Vasto, giova sottolineare anche un aspetto singolare dell'arte di Filippo Palizzi. Indubbiamente non possiamo affermare che il pittore vastese abbia avuto parte attiva in quel movimento politico che contribuì a rendere incandescente il clima italiano, con particolare |
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riferimento al Regno
delle Due Sicilie. Ma occorre sottolineare come nell'animo del pittore vastese albergasse uno spirito vivace, impulsivo, se vogliamo, ispirato alla "Carboneria", da porre in relazione ai rapporti alquanto tesi con l'altro pittore vastese, Gabriele Smargiassi. Filippo Palizzi ed il fratello Giuseppe non vedevano di buon occhio questo loro concittadino che, nato a Vasto nel 1798 era stato destinato alla carriera ecclesiastica, ma che poi, ancora giovane, si era recato a Napoli per apprendere l'arte della pittura. Vinto il concorso per l'insegnamento di paesaggio, subentrò al Pitloo, dopo la morte. "Entrambi i fratelli scrive Angelo Ricciardi (Filippo Palizzi e il suo tempo - Catalogo della Mostra - Palazzo D'Avalos - Vasto 10 Agosto - 30 settembre 1988 - Arte Grafiche "Il Torchio" - Firenze) non furono mai teneri nei confronti dello Smargiassi, non solo per le differenti posizioni in campo artistico, ma anche per l'odio che divideva le loro famiglie a Vasto, già prima del trasferimento a Napoli: i Palizzi erano di idee Carbonare, simpatizzanti ed amici del poeta Gabriele Rossetti e della sua famiglia, mentre gli Smargiassi erano considerati reazionari. Infatti uno di loro, probabilmente imparentato con il pittore, tal Nicola, era stato condannato a morte per aver partecipato, nel 1799, agli eccidi dei giacobini vastesi; da ciò era stato il risentimento dei Palizzi verso gli Smargiassi". Gli eventi risorgimentali furono accolti da Filippo Palizzi con evidente slancio e non solo dal punto di vista emozionale. Egli, peraltro, contribuì a tracciare, in alcuni dipinti di profondo significato patriottico, taluni aspetti della rivoluzione partenopea. Famose due piccole tele "La sera del dì 11 febbraio 1848 - Napoli" (n.r.d. Il popolo in Via Toledo inneggia alla Costituzione concessa dal re Ferdinando II); "Il 15 maggio a Napoli" (n.d.r. Il popolo in lotta cerca di difendere la Costituzione revocata con il tradimento del Borbone e del Parlamento Napoletano). Vi è anche un ritratto di "Giuseppe Garibaldi", ed un quadro "Gruppo di Garibaldini prima della battaglia del Volturno", nonché un dipinto intitolato "Il Principe Amedeo all'assalto della Cavalchina" ed un altro "Il Principe Amedeo ferito condotto all'ambulanza" e "La carica dei Cavalleggeri d'Alessandria". Dipinti che, come sovviene Angelo Ricciardi costituiscono tutta la produzione "storica" dell'artista, esente da ogni retorica, priva di generosità celebrativa, intesa soltanto quale contributo di un appassionato patriota alla conoscenza di fatti umani che sarebbero entrati nella storia del nostro tempo. Con tutta evidenzia Filippo Palizzi venne coinvolto dalla foga degli eventi di quel momento ed il suo animo ne fu infiammato, tanto che nella lettera indirizzata al fratello Giuseppe descrive tutto il personale fervore per il verificarsi degli avvenimenti, inneggiando all'Italia, a Pio IX, al Regno delle Due Sicilie, alla Costituzione ed al Re Ferdinando II. "Eccoci liberi - scrive Filippo Palizzi -. Gli italiani sono tutti uniti, formano una famiglia, si chiamano fratelli, caldi di amore patrio si preparano a sostenere i loro diritti e la gloria della quale sono stati sempre i figli prediletti". Palizzi descrive, con dovizia di particolari, i moti liberali ed il "rigore della polizia", la rivolta di Calabria, le prime mischie, i feriti e gli arresti, "come il figlio di Torella, il duchino di Prato, Poerio, Del Re, Tronchera, Parisi, ecc.. Questi sono quasi i promotori: ciò non valse, l'opinione generale non si arrestò, viepiù fermentava". Ancora vivide le immagini descritte da Filippo Palizzi sulla rivolta di Palermo e quando tutto lasciava presagire per il bene del popolo, "Ma ecco, Sant'Elmo tira tre colpi di cannone ed innalza la bandiera rossa, segnale di guerra, bandiera di sangue". La scoperta della congiura controrivoluzionaria di Del Carretto che d'accordo con il Code intendeva "massacrare soldati e popolo, il Re e la famiglia e salire lui sul trono". Filippo Palizzi, come lo fu nell'arte che prediligeva il particolare, diviene cronista attento e scrupoloso degli avvenimenti di cui fu testimone. "Se Iddio volle essere spettatore delle nostra felicità - scrive Filippo Palizzi - volle essere testimone del fatto tra il Re, il suo popolo. Alle otto del mattino il Decreto della Costituzione era affisso per i cantoni delle strade". Un "cronista" del tutto fedele alla realtà, un'artista che seppe illustrare alcuni momenti esaltanti della rivolta partenopea, trascinato da quel clima risorgimentale che inneggiava all'unità d'Italia, di cui Filippo Palizzi fu assertore, dimostrandolo con spirito libero, quello stesso che albergava nel profondo del suo animo, che gli era stato inculcato dall'educazione familiare, che seppe mantenere desto, quale fiamma che alimentò il suo ideale fino alla morte. La sua fu intensa vita vissuta con senso di spiritualità vera, sorretta da valori immortali di umanità. stralcio
da art., a firma Giuseppe Catania, apparso su "il
Giornale del Vastese", mensile d'info. - n. 6 - marzo 2011
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La
poesia patriottica negli autori vastesi del Risorgimento
Particolarmente
importanti durante il periodo risorgimentale, furono gli scritti e le
memorie di ispirazione politica e la lirica patriottica. Il loro obiettivo
era quello di cantare l’amore per la libertà e l’odio
per gli oppressori, con una tale forza da scuotere gli animi dei giovani
e renderli pronti al sacrificio, anche con la vita, per il raggiungimento
della libertà e dell’Unità d’Italia. Un ruolo importante l’hanno avuto personaggi come Silvio Pellico, autore de “Le mie prigioni”, Massimo D’Azeglio, il Guerrazzi e Luigi Settembrini, autore de “Le ricordanze della mia vita”, ma anche la nostra città, Vasto, durante il Risorgimento, ha dato un contributo notevole alla lirica patriottica. |
Molti
i versi scritti da Gabriele
Rossetti (1783
- 1854),
il Tirteo d’Italia, personaggio scomodo e pericoloso costretto all’esilio
londinese. I suoi versi rappresentarono veri e propri inni di guerra come Unità e Libertà, musicata da Gioacchino Rossini: Unità
e Libertà Minaccioso l’arcangel di guerra già passeggia per l’italia terra Lo precede la bellica tromba Che dal sonno l’Italia svegliò: L’Appennino per lungo rimbomba e dal Liri va l’eco sul Po. Tutta l’Italia pare Rimescolato mare: E voce va tonando Per campo e per città - Giuriam giuriam sul brando O morte o libertà!... |
Da
non tralasciare anche i poeti minori di casa nostra come Antonio
Rossetti
(1770 - 1853)
che nel Diesilla scrisse:
Diesilla
Ed i nostri governanti Son mangioni tutti quanti. Basta ch’essi stanno bene Non si curan delle pene Che noi tutti poi soffriamo Ed assassinati siamo. Dies illa, dies irae! Quando, o Dio, vorrà finire? |
Il
canonico don Niccolò Suriani, durante i moti del
1821, scrisse tre sonetti intitolati “Fede”, “Speranza” e “Carità”, con i quali inneggiava ai tre colori della bandiera nazionale. |
Camillo
Del Greco, in occasione del giuramento della Costituzione nel
1848, compose un inno molto bello dal titolo “Il giuramento sulle
ossa del soldato italiano”. Ecco alcuni passi:
Il
giuramento sulle ossa del soldato italiano
Con
il ritiro della Costituzione da parte del Re Ferdinando II, proprio per
aver scritto e declamato in pubblico questa lirica, il giovane Del Greco
venne arrestato e incarcerato. “Or che libera è questa contrada, Or che Italia fa tregua al suo pianto, Sciolga il Bardo la voce del canto Che mi spira celeste piacere; E deposti l’usbergo e la spada, Li riposi lo stanco guerriero. … Benedetto quel grido di guerra Ch’esce fuori da libero petto! Maledetto, per Dio, maledetto Chi nemico della Patria servì! Non ricopra un sol pugno di terra Ei se stesso e la Patria tradì. … Viva Italia che l’alma difende Dagli artigli del tristo e dell’empio, Come vive per tutti l’esempio Che produce le mille virtù: Da quell’urna che tanto risplende Libertade si scriva e non più Evocate le innumeri schiere Dalla voce possente di Dio, E quest’urna, coll’ultimo addio, Faccia giuro di eterna amistà; Ed all’ombra di cento bandiere S’alzi un canto che sempre vivrà…”. |
Per riconoscenza a Roberto Betti, che aveva fatto clamorosamente assolvere tutti i giovani vastesi affiliati alla Giovine Italia, arrestati e processati a Napoli nel 1845, molte furono le composizioni poetiche a lui dedicate, conservate manoscritte nell’Archivio Storico di Casa Rossetti a Vasto. |
Giuseppe
Della Guardia (1838-1915), farmacista a tempo perso, pittore,
caricaturista. In età avanzata scrisse un memoriale in cui narrava
gli avvenimenti vissuti in prima persona del Risorgimento locale), fedelissimo
di Silvio Ciccarone (1821-1897, protagonista assoluto del Risorgimento
locale. Maggiore della Guardia Nazionale dal 1860 al 1867; sottogovernatore
e sottintendente nel 1860-61; Sindaco dal 1868 al 1876; Consigliere provinciale
nel 1869-70, diventa Presidente della Provincia), scrisse:
“A
te, Roberto, onor primiero e vanto Di quest’alma cittade avventurosa; A te, gentil, cui della patria il santo Amore adempia l’alma generosa; La Patria io dico, cui giovasti tanto, E più bella rendesti e più gloriosa; A te ben dovrebbe un monumento Di grato affetto splendido argomento…”. |
Michele
Genova, valente epigrammista, scrisse: “Lunga
stagion di guerra e di sventura La bella Istonio in fosca notte avvolse: Sperò, ma indarno, dalla nebbia oscura Ritorla il Padre tuo, chè morte il colse. Pur non sia vano per l’età futura L’ampio tesoro ch’egli in pria raccolse; A splender tornerà per la tua cura, Poi che alla Patria il tuo pensier si volse. E mentre al vanto tuo natio paese Crescer vedevi una novella gloria, Sursero ad appugnarla aspre contese. Se la patria per Te n’ebbe vittoria, E l’onor della mitra a lei si rese, Ti il subbietto sarai di nuova istoria”. |
“La
Patria” è il titolo della composizione di Stanislao
Pietrocola: La
Patria “Il pensier de la Padria è sommo, è caro, Il pensier de la Padria è qual favilla ch’eccita, informa, e l’uom fa ecceso e chiaro. Tale pensiero in fronte di favilla Di te, o Roberto, e tal t’incendia il cuore, che vai sublime da l’umana arzilla…”. |
Molte
altre sono le composizioni che meriterebbero di essere citate, ma per
brevità, tralasciamo. Per ultimo, presentiamo l’Inno di Guerra
scritto da Giuseppe
Ricci (1844 - 1867)
nel 1860, ispirato alle imprese del Generale Giuseppe Garibaldi:
Inno
di Guerra Sorgiamo, o fratelli: - dall’Alpi ai tre mari. Su, tutti frementi – snudiamo gli acciari; Su, tutti animosi – corriamo al Po. Sia fine al selvaggio – di Marco il Lione, Oppresso e non domo – dal fiero Teutòne, Tremendo ruggito – dal petto mandò. A l’armi, o fratelli – giuriamo pugnar; Divampi la guerra – per terra e per mar! |
stralcio da art., a firma Lino Spadaccini, apparso su www.noivastesi.blogspot.com del 15 marzo 2011 |
Vasto e l'Unità d'Italia: | |
il primo tricolore, il saluto al Re, la presidenza onoraria a Garibaldi della Società Operaia e del Comitato delle Nobildonne di Vasto |
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L'anelito di libertà che da tempo infiammava i cuori dei vastesi, trova viva testimonianza nella battaglia combattuta all'alba del 7 marzo 1821 presso Rieti, quando un battaglione di volontari, al comando del barone Luigi Cardone, accorse sotto le insegne del generale Guglielmo Pepe, in difesa della Repubblica Partenopea, contro le truppe tedesche. Ma già nel 1799, Vasto aveva pagato, con il tributo di sangue di numerosi suoi concittadini, spietatamente soppressi dalla ferocia dei sanfedisti, lo scotto della libertà. Ma il grido "All'armi, o cittadini" pronunciato da Gabriele Rossetti, prima della battaglia di Antrodoco, echeggiava più che mai potente per avvampare gli spiriti ardenti dei patrioti vastesi, raccoltisi nel 1842 sotto le insegne della "Giovine Italia”, fondata a Vasto da Gaetano Crisci, quale preludio per la costituzione di uno schieramento consistente di forze liberali, poste al comando di Silvio Ciccarone con il grado di maggiore della Guardia Nazionale, pronti ad intervenire. Frattanto, dopo la rivolta di Palermo, soffocata nel sangue, Giuseppe Garibaldi, partito dallo scoglio di Quarto con i suoi Mille, sbarcava l'undici maggio 1860 a Marsala per proseguire la sua eroica marcia verso il continente. A Vasto giungeva notizia che il generale Garibaldi era |
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sbarcato a Reggio il giorno 11 agosto o da
più parti già si levavano chiare le proposte di intervento, rompendo ogni indugio. Il primo fermento a Vasto in rivolta venne dalla Guardia Nazionale al grido "abbasso" nel confronti del giudice De Pascinis, sicché iI maggiore Ciccarone si decise il 4 settembre 1860 a guidare la sua milizia per occupare la Sottindentenza e dichiarare decaduta fa monarchia Borbonica, proclamando il governo provvisorio sotto la sua dittatura, chiamando a sindaco della Città Filoteo D'Ippolito. La città fu subito imbandierata del tricolore, mentre la Guardia Nazionale abbatteva le insegne borboniche e ne disarmava la gendarmeria. Il Maggiore Silvio Ciccarone, intanto, in un suo proclama, dopo aver reso noti gli avvenimenti, inneggiava all'Italia. Questo avveniva tre giorni prima che Giuseppe Garibaldi entrasse a Napoli, sicché Vasto fu la prima città dell'Abruzzo ad insorgere contro il regime borbonico, proclamando l'indipendenza nazionale in nome di Vittorio Emanuele e Giuseppe Garibaldi. II fermento patriottico del popolo vastese aveva infiammato la Città, dopo abbattuti gli stemmi borbonici e proclamata l'adesione di Vasto al Regno d'Italia di Vittorio Emanuele. Infatti, il 20 ottobre 1860 in occasione della venuta del Re in Abruzzo, dal Municipio di Vasto venne mandato Filoteo Palmieri, insieme al dott. Filoteo D'Ippolito, per porgere il saluto della Città al primo Re d'Italia ospite nella villa di Emidio Coppa a Pescara. Gli inviati vastesi indirizzarono al Re d'Italia questo messaggio: "Sire, Noi V'invochiamo a nostro Re perché italiano e perché questo stupendo moto d'Italia e l'opera della Vostra fama e della Vostra virtù! O Voi venite a stendere il Vostro scettro; e Vasto, non ultima fra le città sorelle, fa omaggio al Grande, che se ha operato il miracolo di far ritrovare l'arte smarrita nella concordia fra gli Italiani, opererà pur quello onde l'Italo Regno prosperi e tocchi la meta dei suoi gloriosi destini". |
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A Garibaldi la "Presidenza Onoraria" di due importanti Sodalizi di Vasto. | |
L'eroe dei due mondi in quel tempo simboleggiava la fraternità nazionale, oltre che il condottiero che riusciva a travolgere ogni tirannia, polarizzando l'attenzione delle folle. |
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Un Comitato delle Signore Vastesi per Garibaldi. | |
Intanto anche le donne di Vasto vennero coinvolte dal fervido entusiasmo patriottico, sì da fondare, il 27 marzo 1862, il “Comitato delle Signore Vastesi per il Riscatto di Roma e Venezia”. Dal Comitato venne inviata all'Eroe dei Due Mondi, questa missiva: "Al Generale Giuseppe Garibaldi. Vasto, 27 marzo 1862. Generale! Alla compiuta redenzione d'Italia noi pure vogliamo concorrere volenteroso. È perciò ci siamo costituite un Comitato per raccogliere l'obolo sacro al riscatto di Roma e Venezia. Ma perché quest'opera abbia felice risultato, è vivo desiderio delle sottoscritte che accettiate la Presidenza onoraria. Il Vostro nome sarà sempre scintilla promotrice di ogni generosa azione. Il cielo vi protegga per la felicità d'Italia. Saluti. Maria Cardone Ciccarone, Rosalia Laccetto Mucci Mariantonia Cardone Nasci, Giulia Virgili Genova, Teresa Heigelin D'Ippolito". La risposta di Giuseppe Garibaldi non si fece attendere. Infatti l'Eroe dei Due Mondi così scrisse: "Pavia, 8 aprile 1862 Al benemerito "Comitato di Signore per Roma e Venezia" Vasto. Accetto con piacere la presidenza del Vostro Comitato. Santa è la missione che vi siete proposta. Attendetevi con fede e perseveranza. Molto potrete giovare alla nostra causa, che è quella di tutti i popoli oppressi e conculcati da despoti stranieri. Ed avrete diritto alla benemerenza d'Italia non solo, ma della intera umanità. Con affetto e gratitudine. Vostro Giuseppe Garibaldi". |
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Società Operaia di Mutuo Soccorso. | |
Il nome di Giuseppe Garibaldi venne subito legato alla istituzione della prestigiosa associazione vastese, la Società Operaia, sorta nel 1864. Per l'inaugurazione avvenuta il 3 novembre, il Presidente Luigi Del Guercio, nel primo manifesto del sodalizio, tra l'altro scriveva: "Su la libertà nel conflitto scientifico produce il vero, l'amore alle associazioni è mezzo conciliatore nella differenza delle opinioni civili, politiche, religiose. Senza associazione La Patria nostra era fuori il movimento che agita le altre città d'Italia: con una Società Operaia è in relazione con tutti i centri dell'Italia libera. Pochi operai sorretti da sano giudizio e dal senno di benemeriti cittadini in quel dì ci ricordano che siamo un popolo che ha conoscenza de' propri diritti e doveri". Nel manifesto si invitavano i cittadini a salutare il "primo socio, il rappresentante di tutti gli operai italiani, Giuseppe Garibaldi", che fu nominato anche Primo Presidente Onorario della Società Operaia di Vasto. |
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stralcio da art., a firma Giuseppe Catania, apparso su "www.noivastesi.blogspot.com" - 29 febbraio 2016 | |
...................Brigantaggio
nel Vastese durante l'Unità d'Italia
La celebrazione dell'epopea risorgimentale non deve cancellare la dolorosa pagina del brigantaggio, cosiderata come storia dei vinti, la cui causa era dovuta alla miseria dei "cafoni" aspiranti alle terre promesse sin dall'epoca della legge sull'eversione feudale e che intrapresero la lotta contro i "galantuomini" usurpatori delle terre medesime. Lo Stato presentò il volto della coscrizione obbligatoria, della repressione e delle tasse, vinse la sua guerra stroncando il fenomeno, ma furono tante le atrocità ed elevato il numero delle vittime. Il fenomeno non fu secondario in Abruzzo e si diffuse anche nel Distretto di Lanciano - Vasto. Analfabetismo e miseria erano tali da far scrivere al giudice di San Buono che vedeva intorno "non uomini ma larve", a fronte di pochi ricchi che detenevano le cariche pubbliche e latifondi. Da qui le agitazioni dei contadini per impadronirsi delle terre, furti, darsi alla macchia per evitare la giustizia o il servizio militare, brigantaggio con i suoi morti, rapimenti, ricatti, grassazioni ed estorsioni. Anche il Vastese ebbe il suo "campione" di brigante in Pomponio che, come il Tamburrino o Domenico Valerio di Casoli, detto Cannone, o Antonelli della zona interna dell'Abruzzo, ha fatto tremare possidenti, commesso omicidi, tra cui Ciavatta di San Salvo, fratello dell'allora sindaco, ha operato il sequestro di Franceschelli malamente gestito, che segnò la sua fine avvenuta ad opera dei carabinieri al comando del maresciallo Chiaffredo Bergia. Quella pagina merita un ricordo e un'attenzione per comprendere le cause del fenomeno e della risposta data dallo Stato e per evitare errori. I briganti più famosi avevano costruito una rete protettiva e sono entrati nell'immaginario collettivo che li ha visti protagonisti di imprese leggendarie, ribelli all'ingiustizia e all'oppressione, paladini dei poveri. .stralcio
da art., a firma Rodrigo
Cieri,
apparso su "il Giornale del Vastese",
mensile d'info. - n. 7 - aprile 2011 |
Vite
da brehante
Lu rré de la campagne! La casa mè n' té tette nné parete; na tende quanta chiove che n' tè la sede fisse, na grotte quanda nenghe e fa lu fredde; la cocce pe ripose té na prete. La macchie le canosche palme a palme ddò trove la frescure pe l'estate e gode l'aria calme. Lu corpe a la nature z'è 'dattate: n'impronte de na guardia o d'animale, nu rame ch'è spezzate, l'addore de lu fume o de na piante, lu fiche che l'amiche m'à mannate, è tutte nu segnale. De lu ciele me sente lu padrone e n'terre m'assapore l'acqua fresche. Ma quande po' durà' la libbertà? Da le catene ngiuste so' scappate: che pene a ripenzà' chi m'à ncastrate! Nu tozze p'abbuscarme da guaglione le pechere pasceve a lu signore: che ne sapeve j' de le cunfine de quille galantome? Che m'attuccave a mmé? Soltante le mazzate! Ch'aveva dice j' a ll'animale che pe fame la jerve avé strappate? Nn'ere sole, ma tante le sbandate e tutte, senza terre né lavore, cumenze a fa' la guerre: ànne arrubbate a nnu e nnu a lore! Ce scappe l'umecidie e l'estorsione. Arrobbe a chi té tante e denghe a chi n' té niente! Nen songhe n'assassine ma sacce ca la sorte è segnate. A nu bijjette sta lu testamente: a pàtreme le scarpe e lu giubbotte. M'ajja guardà da ll'Arme che me cacce e na pallotte 'mpette me l'aspette; ma pure stenghe attente da chi me fa l'amiche nche l'àneme purtate a trademente che quanda me sta rrete dà na bbotte! M'arrive lu cunsijje de la rese e pure lu prucesse: a le catene baste! E se m'attocche a rresse fucelate? No! Che sta libbertà pe mmé nen cesse. da
"il Giornale del Vastese", mensile d'info. - n. 7 - aprile
2011 - composizione di Rodrigo Cieri,
scritta ai giorni nostri. |
...................................Brigantaggio
e Risorgimento Il territorio sansalvese e del Vastese dopo l’Unità d’Italia è stato tormentato dalle orde brigantesche. Le bande che tenevano in scacco la zona del Vastese erano quelle dei fratelli Giuseppe e Michelangelo Pomponio di Liscia. Esse spadroneggiavano nei territori di San Salvo, Lentella , Fresagrandinaria, Furci. Il bosco di San Salvo con le sue fittissime e intricate selve, era il luogo preferito dai briganti. Uno dei primi sansalvesi a cadere sotto le armi dei famigerati fratelli Pomponio, fu Luigi Ciavatta, capitano della guardia nazionale e fratello del sindaco di San Salvo Giuseppe Ciavatta. L’uccisione avvenne il 16 settembre 1868, lungo la salita di via del Caravaggio. Dopo quel fatto di sangue, la strada ha preso il nome di via della Disgrazia. ..............................................................................................stralcio da note di: Michele Molino da San Salvo - 14 maggio 2011 |
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