Vendemmia e Vino
 
foto di repertorio - Pigiatura dell'uva, inzio 1900  a Vasto
 
 L'albero della vite
La Vite E (Vitis vinifera - Vitaceae), coltivata da millenni nel bacino del Mediterraneo, è ancor
oggi diffusissima nel nostro paese in numerose varietà, a frutto bianco o nero.
Si coltiva in quasi tutti i paesi della zona temperata secca e specialmente nelle regioni
mediterranee di Europa, nonchè nella Germania meridionale, in Austria, in Ungheria, in Romania,
in Bulgaria e, fuori d'Europa, in California, in alcune regioni dell'America meridionale, nel Sud
Africa e in Australia.
È un arbusto rampicante con fusto lungo che raggiunge i 10-20 metri e si aggrappa a sostegni naturali o artificiali.
È pianta notissima, coltivata oramai in tutta la zona temperata del globo, che preferisce i declivi delle colline e richiama amichevolmente la presenza dell'olivo.
Le virtù terapeutiche e ristoratrici della Vite sono testimoniate soprattutto dal frutto e dal vino,
che porta nel sangue il calore del sole, anche se molti sono i preparati salutari che si possono
trarre da questa pianta.
Contiene infatti sostanze attive e acidi organici tra i più salutari per la vita animale: quecitina, glutammina, colina, sali minerali, pepsine e fermenti. Notissimi sono i buoni effetti dell'uva, consumata in abbondanza nella stagione della vendemmia, contro la stitichezza cronica, contro l'obesità, contro le costipazioni del fegato e della milza, contro la gotta, le emorroidi, le forme catarrali delle vie respiratorie e contro le affezioni tubercolari. Oltre, naturalmente, i vari
preparati a base di semi, di foglie e di succo di tralci, ottimi depurativi, diuretici e antireumatici.
 
Notizie storiche:
Dal proliferare delle viti selvatiche si passò, nel Vicino Oriente (ove la stanzialità dei popoli è stata molto più precoce) iniziando dal V millennio a.C., alla domesticazione della vite, considerando la bontà e la quantità dei frutti ricavati. Come la coltura dell'olivo, anche quella della vite arrivò nel
sud dell'Italia dalla penisola greca nell'arco del II e I millennio a.C. Soprattutto in Magna Grecia,
in Etruria e nelle grandi isole la viticoltura in pochi secoli da sporadica divenne la componente
base della civiltà della vite e dell'olivo. Nel mondo etrusco il vino era essenzialmente consumato
dai ceti aristocratici e già veniva indicato con il termine "vinum". In età romana questa bevanda
si afferma pienamente, anche se la qualità variava molto. Vi era un vinello inacidito ottenuto dal passaggio dell'acqua sulle vinacce dopo la pigiatura; la "posca" che era una sorta di vino inacetito utilizzato dalle truppe e fu questa la bevanda offerta a Gesù sulla croce dai soldati romani; la
"sapa": mosto cotto; il "mulsum": vino con miele.
In età romana tardo-antica l'uso del vino era così generalizzato da risultare normale anche tra
gli schiavi. Dopo la caduta dell'Impero Romano la coltura della vite si ridusse, ma fu il
cristianesimo che si preoccupò di salvaguardare quanto restava della viticoltura tardo-antica,
infatti proprio il vino è l'elemento che si trasforma nel Sangue di Cristo. Ciò spiega perché tale coltura si diffuse capillarmente in età medievale, quando la necessità di disporre di vino per le funzioni liturgiche si rendeva indispensabile. Con l'avanzare dell'età medievale, in specie dopo
il Mille, e poi con l'età dei comuni, si ha la piena affermazione della vite e del vino in Italia. Il
consumo del vino divenne sempre più popolare e generalizzato, al punto che, tra '200 e '300,
se ne aveva un consumo di circa un litro procapite al giorno. Questo era dovuto: alla mancanza
di bevande alternative (non potabilità dell'acqua), all'apporto calorico del vino, alle qualità terapeutiche (il vino era una sorta di rimedio per tutti i mali), non ultimo all'effetto euforico
che ingenerava.

Prodotti:
Il suo frutto, l'uva, è molto nutriente, di facile digestione e assimilazione, tranne che per gli
obesi e i sofferenti alle vie urinarie. È un ottimo rimedio per chi digerisce con difficoltà, soffre di stitichezza, per chi è affetto da anemia ed esaurimento nervoso.
L'uva si distingue commercialmente in uva da vino e uva da tavola; tale distinzione però non
è rigorosa perchè molte qualità di uva si utilizzano in entrambi i casi. Nel commercio hanno poi notevole importanza le uve secche dette anche passe usate in pasticceria.

Prodotto principale dell'uva è il 
Vino (prodotto della fermentazione alcoolica del mosto di
uva fresca o leggermente appassita, in presenza o no di vinacce).
La fabbricazione del vino comune comprende:
preparazione del mosto;
fermentazione
;
svinatura;
maturazione del vino;
travasi.
I vini si classificano generalmente in:
vini da pasto; da taglio; di lusso.
Per l'organismo sano il vino non è mai indispensabile e il suo consumo non dovrebbe superare i
tre quarti di litro al giorno per l'uomo e il mezzo litro per la donna. È controindicato ai bambini
fino ai quattordici anni, a ipertesi, uricemici, a chi soffre di disturbi epatici e renali.
Non si può, però, non ricordare le virtù terapeutiche dei vari vini: digestivi, diuretici, tonici, corroboranti e... ipnotici.
Il vino è sinergico di tutti i princìpi attivi ed è pertanto uno degli eccipienti più adatti per infusi e
per sciroppi. È stato costatato che il vino è in grado di aumentare il potere attivo degli antibiotici, favorendone la permanenza nel sangue.


Aceto, sottoprodotto del vino, si forma nella fermentazione acetica di liquidi alcoolici di debole grado (da 5 a non più 13°) dovuta a speciali bacteri che si trovano sempre presenti nell'aria.
Viene usato essenzialmente nell'arte culinaria.
Si usa anche nei risciacqui del bucato: toglie il sapone, rende morbida la biancheria e fissa i colori.
Serve inoltre per allontanare il singhiozzo prendendo alcune gocce di aceto su un cucchiaio di zucchero.

Vin brulé: in mezzo litro di vino rosso bollente mettere un pizzico di corteccia di cannella, due chiodi di garofano e la scorza di un'arancia. Quando il vino si sarà intiepidito, filtrare e dolcificare
con un cucchiaio di miele. Bere alla sera, molto caldo, prima di coricarsi. È un ottimo sudorifero e quindi efficacissimo nei casi di raffreddore o influenza.

Infusi e decotti.
L'infuso di foglie, con mescolanza di foglie di Vite, di maggiorana e di fumaria, 25 gr. di
mescolanza in 1 litro d'acqua calda, da lasciar riposare per qualche minuto, si prende con
vantaggio contro le emorraggie interne.
L'infuso di semi invece, pestati e posti a macero nel vino, nella proporzione di gr. 30 di semi e di foglie, in 1 litro, è efficace nella cura della tubercolosi, per la forte percentuale di tannino,
presente nei semi stessi.
Per la presenza di tannino nei semi e nelle foglie, si consiglia anche il decotto contro la diarrea e
le infiammazioni intestinali: 30 gr. di semi e di foglie, da bollire in 1 litro d'acqua per 15 minuti,
da prendere poi a bicchieri, addolcito con zucchero.
Ad uso esterno, si adoperano sia l'infuso che il decotto, per inalazioni contro le affezioni della gola, ma soprattutto a modo di collirio contro l'infiammazione degli occhi. Ed è notissimo l'uso del vino quale antisettico nella cura delle piaghe e quale colluttorio nelle infiammazioni della gola.
La cura dell'uva a scopo dimagrante e depurativo, si pratica con mezzo kg. al giorno di uva
matura, e aumentando di giorno in giorno la dose, fino a 3 kg. al giorno, in più volte, e
ridiminuendo poi fino a meno di mezzo kg. Per avere buoni risultati occorre continuare per la
durata di un mese, evitando possibilmente altri cibi troppo grassi o energetici e curando attentamente di non ingerire insieme anche la buccia e i semi, ammenoché non si desideri
effetto purgativo o diuretico.
Azione specificamente diuretica svolgono i viticci della Vite, sia mescolati ad insalate o
consumati direttamente, sia in infuso di gr. 20 in 1 litro d'acqua bollente.

Lavori su vigna e cantina in settembre/ottobre/novembre - consigli:
Immediatamente prima della raccolta delle uve evitare qualsiasi forma di potatura verde. Occhio
ai danni che possono provocare gli uccelli. Attenzione anche alla muffa grigia (o botrite): arieggiare
il più possibile e al momento della vendemmia eliminare gli acini malati.
Nella raccolta manuale delle uve fare attenzione a non schiacciare gli acini nei contenitori per
evitare ossidazioni indesiderate e l'inizio di fermentazioni anomale.
Non raccogliere uve bagnate; fare attenzione che non si verifichino inizi di fermentazione prima della "deraspatura"; curare meticolosamente la pulizia di attrezzature e recipienti vinari; non lavorare uve malate; misurare il grado zuccherino dei mosti e, in caso di bisogno, aiutare, senza dimenticare i fermenti; affondare le vinacce in ebollizione nei tini almeno tre volte al giorno;
seguire il processo di fermentazione rimboccando regolarmente ed evitando il più possibile
contatti con l'aria; liberare il vino dalla feccia non appena terminata la cosiddetta ebollizione tumultuosa. Fare la prova all'aria, cioè mettendo un po' di vino in un bicchiere all'aperto per 24
ore osservando se mantiene colore e limpidezza. Provvedere alla colmatura dei recipienti.
In cantina, varie sono le specie di vinificazione; si consiglia farsi guidare da un bravo enologo o
da un buon libro di vinificazione.

L'influenza del Suolo e Clima nella vite
Come si può notare dall'immagine ideata da Mario Fregoni, luminare della viticoltura, alla base del triangolo
dell'ecosistema viticolo c'è il terreno e il clima
e da qui partiremo.
Essi sono di fondamentale importanza per la realizzazione di un vigneto.
All'apice della piramide vi è la vite e al centro c'è l'uomo che ha il compito di trovare il giusto equilibrio tra i componenti dell'ecosistema.
Chi deve realizzare un nuovo impianto, per non sbagliare, è giusto che si metta in buone mani, quelle di un agronomo. Purtroppo con l'andamento dei mercati e di conseguenza con il basso
costo dell'uva in campagna, non ci possiamo permettere di sbagliare e quindi di impiantare un vigneto in un terreno non idoneo a un certo tipo di clone, con un portainnesto sbagliato ecc.
L'agronomo è quella persona che ci aiuterà, lui farà le analisi al terreno per vedere la sua composizione e agirà di conseguenza. In terreni particolarmente difficili, è fondamentale la "zonazione", vediamo in cosa consiste.
A tutti noi è capitato di vedere in un terreno che esso non è omogeneo, vi sono zone con presenza
di pietre, altre con presenza di calcare, insomma la composizione del terreno non è uniforme.
L'agronomo, in fase di scasso, rileverà queste zone, farà una mappa e ad ogni zona rilevata userà
il portainnesto idoneo. Questo è fondamentale per la durata del vigneto, in caso contrario
vedremo zone dove la vite è più sofferente, dove la produzione sarà scarsa e cosa ancor più
grave, zone dove la vite è morta. Personalmente ho visto nella zona dell'Ortonese (Chieti), una azienda che in un appezzamento di circa 2 ettari, aveva fatto una zonazione pari a sei zone
diverse.
Bisogna dire però che la vite da uve migliori in collina piuttosto che in pianura: l'inclinazione del suolo assicura un superiore drenaggio, un maggiore impatto dei raggi del sole e conseguentemente una maggiore attività vegetativa e una migliore maturazione dei frutti. Più si procede verso nord, più dovrà aumentare la pendenza.
In pianura l'esposizione è minore in quanto ripartita su una superficie più estesa, sono più
frequenti le gelate primaverili, assai pericolose in quanto la pianta comincia a germogliare.
La vite si adatta a qualsiasi tipo di terreno ma lo stesso vitigno non da uve uguali se coltivato in terreni dalle caratteristiche differenti.
Il suolo è costituito da un sottile strato coltivabile influenzabile dalle culture dell'uomo, e da una parte sottostante le cui caratteristiche sono date dalla conformazione geologica originaria. È qui
che la pianta della vite affonda le sue radici principali e si influenza il carattere del vino.
Le caratteristiche del sottosuolo sono importanti in primo luogo per il drenaggio che assicurano
alla pianta e per i sali minerali in esso contenuti: il terreno ciottoloso-permeabile assicura
drenaggio, quindi buona maturazione delle uve (vini ad alta gradazione, fini ed intensamente profumati). Inoltre i ciottoli, poco fertili, obbligano la pianta ad affondare nel sottosuolo le radici
e quindi il vino sarà ricco di estratti minerali. Se i ciottoli sono di colore bianco riflettono sulla
pianta i raggi solari, i ciottoli scuri accumulano invece il calore e lo rilasciano di notte.
È importante anche il colore del suolo: suoli di colore scuro si riscaldano e favoriscono la maturazione del frutto, quelli chiari sono più freddi, ritardano la maturazione e quindi
favoriscono vini di maggiore acidità.
La natura del terreno influisce sulle caratteristiche del vino in questo modo: i terreni sabbiosi daranno vini scarichi di colore e di estratto ma delicati e fini; i terreni calcarei generano vini
ricchi di alcol e profumi; i terreni ciottolosi danno vita a vini alcolici e di elevata qualità; i terreni
un po' argillosi danno vini longevi, ricchi di estratto e acidità.
Per quanto riguarda il clima, possiamo dire che nel mondo le due fasce entro le quali è climaticamente possibile la coltivazione della vite sono tra il 30° e il 50° parallelo nord e tra il 30°
e il 45° parallelo sud. Ci sono delle eccezioni, una in particolare è in Francia nella zona dello Champagne situata a nord.
Lo Champagne si trova a delle latitudini dove normalmente la vite non sarebbe in grado di dare frutti concentrati tali da dare dei vini così ricchi come sono gli Champagne.
Allora che cosa succede? Le uve maturano bene e sono anche ricche di zuccheri e questo accade perché il terreno è composto da uno strato di sottosuolo che i Francesi chiamano marna, un composto sedimentatosi nel corso di milioni di anni formato da gesso e materie organiche.
Questo terreno molto compatto è un vero e proprio accumulatore, che nella notte restituisce
all'uva tutto il calore accumulato durante il giorno.
Le viti vengono potate molto basse, e quindi riescono a catturare durante la notte il calore
rilasciato dal terreno che funge così da mitigatore del clima, in quanto da quelle parti l'inverno
dura tanto e fa molto freddo.
La vite è una pianta molto resistente, ma nonostante questa capacità di adattamento, alcune condizioni climatiche ne permettono un migliore sviluppo in funzione della produzione di vino di qualità.
Le temperature medie annue ideali non devono essere inferiori ai 10° C con una media intorno
ai 20° C in estate e -1° C in inverno.
La quantità di calore è molto importante in quanto è preferibile una maturazione costante delle
uve, che produca vini profumati ed equilibrati. Fondamentale è inoltre il freddo invernale, in
quanto favorisce sia la maturazione del legno che l'eliminazione dei parassiti.
Altra importante variabile sono le precipitazioni, perché mantengono il terreno umido e
favoriscono la maturazione dei frutti, soprattutto se si concentrano in inverno e primavera,
con temperature fresche.
È invece dannosa la pioggia che cade durante la fioritura e durante la vendemmia, quando
diluisce la concentrazione del succo degli acini. Nei paesi dove fa molto caldo si interviene con irrigazioni, una pratica da noi in Italia ritenuta discutibile.
Per quanto detto finora circa l'importanza dei fattori climatici, risulta chiaro il motivo per cui
ogni paese si è specializzato nella produzione di determinate tipologie di vino: le zone molto
calde danno uve zuccherine e con poca acidità e quindi vengono prodotti vini liquorosi; le zone
più fredde danno uve con meno zuccheri e maggiore acidità, quindi vini meno alcolici e più acidi; le zone a clima intermedio, come la Francia centrale e l'Italia settentrionale si caratterizzano per la produzione di vini rossi e bianchi di corpo pieno.
L'ultimo parametro da prendere in considerazione è dato dal microclima che è determinato dal sistema di potatura, dall'inerbimento del terreno, dalla distanza tra le piante, la distanza tra i
filari e la distanza delle piante dal terreno.
Il tendone per esempio protegge le piante dall'eccessiva insolazione ma allo stesso tempo ne diminuisce la capacità di maturazione delle uve.

stralcio da art. apparso sul periodico "la Voce" - S. Salvo - anno X - n. 2 - 7/2010 -
"AIS Milano, ed. La Stampa, ricerca di Giuseppe Colameo"

Saggi sul vino. I saggi possono riguardare:
1) L'esame dei caratteri organolettici, cioè del colore, della limpidezza, dell'odore, del sapore dal
....quale si può dedurre non solo se il vino è sano o è alterato o sofisticato, ma anche, quando la
....
prova sia eseguita da saggiatori specializzati, il tipo a cui esso appartiene.
2) Analisi chimica:
..a) determinazione del grado alcoolico;
..b) determinazione dell'estratto secco;
..c) determinazione dell'acidità totale;
..d) determinazione delle ceneri;
..e) determinazione dell'alcalinità delle ceneri;
..f) ricerca e determinazione della gessatura;
..g) ricerca dei coloranti artificiali;
..h) altri, come: - determinazione della glicerina - dell'acidità volatile - degli zuccheri nei vini
....... dolci e quella dei dolcificanti artificiali - ricerca e dosamento dell'anitride solferosa e di altri
.......antifermentativi - determinazione dell'intensità colorante.
Fonti bibliografiche:
- La Medicina dei semplici - 2004 - Monastero della Certosa di Pavia;
- Calendario 2005 Frate Indovino e pubblic. Frate Indovino ...estate - Perugia;
- Proverbi vastesi raccolti ed annotati da Luigi Anelli - 1897 - Vasto. Edizione Cannarsa 1997 - Vasto;
- Merceologia - E. Jaffe - L. Prussia - Soc. Ed. Dante Alighieri - Città di Castello - 1958 vol. II e III;

Il Vino, spigolature
Aceto casalingo - Abbiamo dimenticato una bottiglia di vino aperta, senza il tappo, e il suo sapore non è più quello originale? Introduciamo uno spaghetto, un bucatino o un pezzo di altra pasta nella bottiglia per un paio di giorni. Trascorso questo tempo il vino si strasformerà in
graduale aceto.
Annata - Tra i tanti fattori, naturali e non, che concorrono alla riuscita di un vino, il più imprevedibile è certo quello legato all'annata di produzione, detta millesimo. L'andamento delle condizioni climatiche stagionali è infatti in grado di condizionare la qualità del vino. Una settimana
di pioggia in vendemmia è sufficiente a compromettere parzialmente un'estate di adeguata insolazione; all'opposto, un settembre soleggiato consente di recuperare i negativi effetti sulla maturazione dell'uva indotti da estati non troppo ottimali.
Aspetto - L'aspetto del vino, così come si presenta agli occhi, anticipa numerose informazioni relative al suo stato di salute, al suo grado di evoluzione, alla sua struttura e tipologia, annuncia implicitamente sensazioni che l'odorato e il gusto in seguito scopriranno. Degustare senza
vedere rende assai arduo il giudizio.
Calorie - 100 g di vino bianco danno un apporto di circa 71 calorie; la stessa quantità di vino rosso ne da circa 74.
Cantina - E' l'ambiente ideale per conservare il vino, che ha bisogno di buio, temperatura di 12
- 16° C e umidità certa e costante. In linea di massima le bottiglie dei vini che possono invecchiare vanno tenute coricate; le altre possono anche stare in posizione verticale. E' buona norma inoltre collocare, negli scaffali, i vini bianchi in basso, dove la temperatura è più fredda, riservando i
ripiani alti, più caldi ai rossi; in tal modo i vini si conserveranno a temperature più vicine a quelle
a cui dovranno essere serviti.
Colore dei vini bianchi - Le variazioni crescenti di colore sono così esprimibili: bianco carta, verdolino, giallo paglierino, giallo dorato, giallo ambrato. Un caldo giallo-oro o un giallo ambrato contrassegnano vini da vendemmie molto mature o passiti; riflessi bruno-grigiastri e un colore spento fanno presumere con una certa sicurezza un vino non più bevibile.
Colore dei vini rosati - Le tonalità dei rosati percorrono l'infinita gamma di sfumature tra il rosso e l'aranciato. Valgano come orientamento questi termini: rosa pallido, rosa fior di pesco,
rosa cerasuolo, chiaretto, buccia di cipolla. Le tonalità giallo-aranciate, come quelle dell'albicocca matura, indicano vecchiaia, caratteristica assai poco compatibile con il rosato, vino che deve il
suo fascino alla freschezza e al fruttato della giovinezza.
Colore dei vini rossi - Le tonalità base sono: porpora, cerasuolo, rubino, granato, aranciato.
Si tratta di sfumature indicative degli stadi evolutivi del vino. Il rosso porpora è tipico del vino giovane appena svinato. Il cerasuolo indica un vino che va evolvendosi, mentre il rosso rubino è
la tinta dei vini in buono stato di conservazione; per alcune tipologie significa che sono pronti da bere. Il rosso granata indica stabilizzazione e maturità per quei vini che sopportano un paio
d'anni di bottiglia. Dal rosso aranciato fino alle tinte brune sono i colori tipici dell'invecchiamento. Sono giusti per quei grandi vini che sviluppano con l'età il massimo degli aromi e del gusto;
negli altri casi indicano degradazione e decrepitezza.

 
stralcio dal volumetto "Alla scoperta dei sapori italiani - Mille e una Nota 2" della Coop - copia omaggio - collana ed. 1999

Uva
È sana, salutare e nutriente, serve a fare il vino
ma può essere usata anche per tante ottime ricette.
In Italia ogni anno se ne producono 100 milioni di quintali
Croccante. Sana. Nutriente.
Sono soltanto tre degli aggettivi che si possono usare per tessere gli elogi dell'uva, il frutto autunnale per eccellenza.
Il frutto da cui nasce il vino. In Italia si producono cento
milioni di quintali di uva (Puglia, Sicilia, Veneto e Emilia Romagna sono le regioni che ne producono di più), la
maggior parte della quale viene usata per il vino. Si raccoglie
da luglio a novembre e la si trova sul mercato sino a gennaio, ma ciò nonostante viene considerata quasi esclusivamente
un frutto autunnale. Molto probabilmente per via della vendemmia, del mosto e della sua successiva trasformazione
in vino. L'uva, "vitis vinifera', fu coltivata per la prima volta qualcosa come otto millenni fa in una zona compresa fra il
Mar Nero, il Mar Caspio e l'Iran del nord. Nel 600 avanti
Cristo arrivò in Europa (Francia) per opera dei Fenici,
mentre nel II secolo dopo Cristo fu introdotta in Germania
dai Romani.
Ci sono davvero molte varietà di uva, che coprono una gamma cromatica che dal giallo sfuma nel verdognolo, per arrivare a tinte violacee che tendono al nero.
Valori nutrizionali per 100 gr di uva
Parte edibile 94 %
Vitamina C 6 mg
Acqua 80,3 gr
Proteine 0,5 gr
Lipidi 0,1 gr
Glucidi disponibili 15,6 gr
Fibra alimentare 1,5 gr
Sodio 1 mg
Potassio 192 mg
Ferro 0,4 mg
Calcio 27 mg
Fosforo 4 mg
Niacina 0,1 mg
Energia 61 kcal
fonte: Istituto nazionale della nutrizione
Le principali varietà sono:
Alfonso Lavallée, cultivar di buona qualità, con acini di color blu-nero;
Cardinal
(ottenuta nel 1939 nella Stazione di Orticoltura di Fresno, in California, viene
...considerata una delle migliori varietà di uva precoce con grappoli grandi e colore rosso
...violaceo);
Italia (ottenuta incrociando Bicane e Moscato D'Amburgo, è una delle più apprezzate uve da
...tavola, con grappoli grandi e consistenti, di colore giallo dorato, con un delicato sapore di
...moscato);
Panse
precoce, Regina dei Vigneti, Regina bianca, Regina nera (è uno dei vitigni più antichi e
...diffusi tra le uve da tavola, di provenienza probabilmente siriana, introdotta in Italia dagli
...antichi romani.);
Panieri (ottenuta a Velletri da Michele Palieri, incrociando Alfonso Lavallée e Red Malaga).

L'uva è estremamente digeribile ed è un alimento molto zuccherino. Rispetto ad altri frutti, ha perciò un apporto calorico notevole (a seconda della varietà può raggiungere tranquillamente 70 calorie per ogni 100 g.), a cui si va ad aggiungere un basso indice di sazietà, vista la sua succosità.
I sali minerali contenuti nei chicchi sono soprattutto potassio e calcio, mentre la vitamina, quando
è presente (anche qui a seconda delle varietà) è soprattutto quella C. Buccia e semi favoriscono
il transito dei cibi nell'intestino e sono di conseguenza anche utili a chi soffre di stitichezza.
L'uva svolge inoltre un'attività diuretica importante ed è un toccasana per la calcolosi urinaria e
per le vie biliari, attiva le funzioni epatiche, contribuisce a ridurre il livello di colesterolo nel
sangue e ad eliminare l'acido urico.
Per sfruttare al meglio le sue virtù terapeutiche, i medici suggeriscono di mangiarla al mattino, a digiuno.
Esiste, in molti ne parlano, una cura ricostituente e disintossicante a base di uva (ampeloterapia), che va naturalmente fatta soltanto sotto controllo medico. Se con questa terapia si mangia esclusivamente uva senza aggiungervi nient'altro, in cucina ci sono molti modi di utilizzare questo frutto: viene utilizzato soprattutto nella preparazione di dolci, sorbetti, gelatine, marmellate.
Fra le numerosissime ricette con l'uva, si ricorda una con la faraona, descritta nel sito gastronomico www.cookaround.com.
Ingredienti:
1 faraona di circa kg 1.200;
100 g di mascarpone;
200 g di pancetta;
30 chicchi di uva bianca e nera;
bacche di ginepro, vino bianco, un bicchierino di marsala,
sale, pepe, olio di oliva extra vergine, salvia e rosmarino q.b.
Peparazione:
La sera precedente pulite la faraona, bagnatela con il vino bianco e mettetela in frigorifero.
Il mattino dopo, tritate qualche fogliolina di salvia, qualche ago di rosmarino, qualche bacca di ginepro e, circa una decina di chicchi di uva snocciolata e sbucciata. Condite questo trito con il sale ed il pepe, aggiungete poi il mascarpone e mettete questo composto all'interno della faraona. Copritela quindi con le fette di pancetta, legatela bene e adagiatela in una teglia con l'olio e infornatela in forno caldo a 180 gradi. Quando sarà ben rosolata, bagnatela con il marsala e
durante la cottura continuate di tanto in tanto con un po' di vino bianco. Fate cuocere per circa un'ora e, pochi minuti prima di togliere dal forno, unite i rimanenti chicchi d'uva interi.
stralcio da articolo apparso su "Consumatori", mensile dei soci Coop - n. 8 - ottobre 2006

Proverbi vastesi:
Chi tè' la vëgne tè' la tegnë (chi tiene la vigna tiene la tigna).
Canda veje Sa' Mmartéine, tutte mmâst' è fatte véine
(quando viene San Martino, tutto il mosto si è fatto vino).

Pe’ šcandélle*
di Fernando D'Annunzio - Vasto

Finùte è la vinnégne... Valle e culle
càgnene lu culore a lu mantèlle.
Li pàmpele si tégne a un’ a une
di fantasìje che n' ge šta cchiù bbelle.

‘N tèrre, ‘mmèzz’ a li frunne, soccia socce,
la jirvitèlla frésche ci’arinàsce
e nu prufum’ antìche aricanosce
che m’ariport’ a quand’ ére bbardàsce:

‘Na cištarèlle ‘n mane, ‘nzimbr’ a sciòre*,
jav’ aricuvurènne li šcandélle
che ninne* ci facéve la muštarde,
pe’ ci’arimbjì a Natale li tarèlle
*.

Di bbotte mi si štute šti ricurde...

Di bbotte m’aritròve a ‘šta štaggiòne...

E pènze a ‘šti capille ch’è sbianchìte,
pènz’ a ‘šti fronne ggialle, a chišta vite,
a lu culore di la ggiuvintù,
a cchìlu vèrde che n’arivé cchiù.

Traduzione:...........................................................
In cerca di grappoletti


Finita è la vendemmia..
. Valli e le colline
mutano il colore al mantello
.  
I pampini si tingono ad uno ad uno
di fantasia che non ha eguali.

Sul terreno, tra le foglie, dappertutto
,
rinascono fili d’erba fresca
ed un  profumo antico riconosco
che mi riporta a quand’ero bambino
:

Un piccolo cesto in mano, insieme al nonno,
andavo recuperando i  grappoletti
che nonna usava per fare la mostarda d’uva,
per riempire a  Natale i taralli.


All’improvviso si spengono questi ricordi...

All’improvviso mi ritrovo in  questa stagione...

E penso ai miei capelli diventati bianchi,
penso a queste foglie gialle, alla  mia vita,
al colore della gioventù,
a quel verde che non torna più.
*šcandélle = grappoletti d’uva, quelli che restano a fine vendemmia; sciòre = nonno; ninne = nonna;
tarèlle = dolci ripieni tipici abruzzesi

Quando la vendemmia era una festa

Alla raccolta del grano seguivano la
vendemmia e la raccolta delle olive che erano lavori piacevoli. A queste attività
partecipavano tutti, anche i vecchi e i bambini. Dall'alba al tramonto, nel periodo della vendemmia, le contrade e i campi si
riempivano di canti, di un vociare festoso di grida e incitamenti: alcuni staccavano i
grappoli dalle viti e li deponevano nei cesti e
poi nelle bigonce, altri caricavano sulle bestie quei recipienti in legno pieni d'uva e facevano
la spola dalla vigna alle case dove si pigiava
l'uva, nel passato anche con i piedi. Nelle

cantine c'erano gli uomini più giovani e robusti a stringere i torchi per spremere il frutto fino all'ultima goccia di mosto, che continuamente e lentamente riempiva le botti. Per dare colore al
vino si faceva stare nei tini o nelle botti stesse, per più tempo, il mosto con le bucce d'uva. Ai più vecchi era riservato il compito di alimentare la "fornacella" sulla quale c'era un grosso caldaio di rame dove il mosto veniva fatto bollire per fare il "vino cotto", una specie di Porto o Vinsanto o Zibibbo, con la differenza che questi vini si ricavano ancora oggi dalla spremitura di uva passa (appassita), mentre il vino cotto era il risultato della fermentazione del mosto concentrato per effetto dell'essiccazione durante la bollitura. Durante la vendemmia si mangiava una volta al
giorno perchè si piluccava continuamente e quindi l'appetito veniva meno. L'altro pasto si consumava la sera a casa. Dopo cena, mentre le donne rassettavano e preparavano la colazione
per il giorno dopo, gli uomini tornavano in cantina per finire di sistemare il mosto nelle botti, controllarne il grado zuccherino, togliere le vinacce dai torchi, pulire, preparare gli attrezzi per
il giorno dopo.
Da http://www.museoetnograficobomba.it/cantina.htm

stralcio da articolo apparso su "www.noivastesi.blogspot.com" di Nicola D'Adamo - venerdì, 16 settembre 2022 - M. S., sett., 2o22